Mogano è il moniker di Marco Berardi, per presentarlo vorrei farlo attraverso un evento che lui stesso cita all’interno di questa intervista: il suo live di pochi mesi fa all’Undogmatisch. A dispetto di quello che si sarebbe potuto dire rispetto al resto della line up, composta da nomi leggermente più corposi, come Daniele Antezza dei Dadub, Ascion e i due Lakker; Ian McDonnel & Dara Smith. Insomma, il live che ho preferito, con tutto il rispetto per una serata veramente speciale e di alto livello. Marco ha saputo districarsi fra trame molto complesse dando il sentore che ne scivolasse attraverso, cercando, in qualche modo di portarsi in quel baratro lento e buio anche chi stava ascoltando. Non sono stato l’unico a pensarla così, ma anche altri addetti ai lavori, presenti all’Urban Spree per l’evento, hanno espresso i loro complimenti sentiti al ragazzo di stanza a Berlino. Credo che questo possa bastare ad aprire le sue parole.
Passo numero uno: qual è il disco o la traccia che ti ha cambiato la vita? La primissima. Quella che ti ha fatto capire che la musica era veramente un’emozione particolare, più intensa di altre.
Penso di avere la fortuna di rivivere questa sensazione e di ritrovare la risposta a questa domanda più di una volta al giorno da diversi anni con esiti sempre diversi. Forse la primissima traccia che ha scosso la mia vita potrebbe essere “Reflejo” di Murcof. Ascoltata in assoluta solitudine in cuffia una notte, dopo che un mio carissimo amico mi aveva regalato una compilation piena di ottima dub, Monolake e ovviamente Murcof. Credo che quella traccia in particolare, come un po’ tutti gli ascolti di quel disco mi abbiano profondamente toccato. Tuttora quando sento questa traccia, nonostante ne abbia decisamente abusato, qualcosa di magico continua sempre ad accadere.
Passo numero due: quando hai capito che la musica, produrla o suonarla, sarebbe stata una parte fondamentale della tua vita?
Credo questo sia avvenuto dopo i miei 15 anni quando ho iniziato a suonare la chitarra in un gruppo black-metal e a studiare canto. Da quel momento in poi non ho mai smesso di comporre e pensare in musica lasciando che questo diventasse per me il rimedio migliore per sfuggire alla noia e alla superficialità circostante. Al momento il fare, ascoltare, suonare musica è diventato ormai un bisogno viscerale che sento di avere per stare bene con me stesso, non potrei farne assolutamente a meno.
Passo a margine: quali sono stati i momenti di maggior crisi, nel tuo rapporto con la musica?
Credo di non aver mai (o quasi) avuto momenti di crisi con la musica in sé per sé. Piuttosto quello che genera crisi sono le circostanze socio-economiche intorno al musica stessa oppure, più in generale, al vivere nell’epoca contemporanea amando la musica. Oggi provare a vivere facendo il musicista, rimanendo fedeli ai propri intenti artistici, è più una sorta di sfida, un atto eroico, piuttosto che una concreta possibilità e in questo senso ammiro profondamente chi riesce a farlo senza compromessi. La musica, come in generale tutte le forme d’arte che veicolano visioni profonde e critiche della realtà, richiede una certa integrità, una certa sensibilità spesso minata dalla freneticità dell’agire quotidiano o da come la società ci assegna ruoli all’interno di essa.
Passi importanti: quali sono stati finora i momenti più importanti, nella tua carriera?
Credo di poterne individuarne due: il primo è stato sicuramente suonare per la prima volta live al Contort, per New Codes Berlin Atonal, qui a Berlino. Una giornata indescrivibilmente magica in cui ho condiviso il palco con tanti dei miei artisti preferiti. Il secondo è stato suonare qualche settimana fa all’Undogmatisch all’Urban Spree, un evento nato dalla collaborazione di Daniele Antezza (Dadub/Inner8), Mirco Magnani (T.C.O.) e altri carissimi amici, che riesce, a mio parere, a ridare veramente centralità alla buona musica e a performance audio/video deliberatamente intense.
Passi per prendere un po’ d’aria e trovare ispirazione ed energia: quali sono le tue altre passioni? Come le sviluppi? Quanto tempo riesci a dedicare loro?
Ultimamente trascorro molto del mio tempo tra produzioni e il management della label, per cui nei momenti liberi che ho cerco di evitare di stare di fronte ad un monitor leggendo un libro, ascoltando un vinile o godendomi la compagnia dei miei amici. Inoltre amo collezionare piante di diverse specie e cercare di tenerle in vita, a Berlino è un’altro dei miei passatempi preferiti, ottimo per le pause “rendering”.
Passi perduti: quali sono finora i tuoi più grandi rimpianti, musicalmente parlando?
Davvero nessuno. Forse non essere nato nero e non suonare la batteria in una band reggae – roots.
Passi che consiglieresti: quali sono secondo te i cinque album (o brani) che consiglieresti e che non dovrebbero mancare nella discografia di tutte le persone a cui vuoi bene o che stimi?
Dadub – You are Eternity
Demdike Stare – Elemental
Andy Stott – Passed Me By
Vladislav Delay – Multila
Deadbeat – New World Observer
Passi in biblioteca o videoteca: quali libri o film consiglieresti?
Film:
The Fountain – l’ Albero della Vita – D. Aronofsky
Baraka – R. Fricke
La Montagna Sacra – A. Jodorowsky
Waking Life – R. Linklater
Libri:
A Beginner’s Guide to Constructing the Universe – M.S. Scheinder
La Danza della Realtà – A. Jodorowsky
Le forme elementari della vita religiosa – E. Durkheim
Ascoltare l’Universo – A. Thomatis
La musica primitiva – M. Schneider
Passi fondamentali: qual è il risultato artistico di cui finora vai più orgoglioso?
Ho uno strano rapporto con l’orgoglio, sinceramente non è proprio uno dei sentimenti che la musica riesce a procurarmi. Piuttosto Empatia. E in questo senso, forse mi ripeterò, ma il grado più intenso di empatia provata è stato in occasione del mio ultimo live per Undogmatisch, mai avuto un pubblico così intenso, ricettivo e entusiasta.
Passi virtuali: come stai vivendo l’onnipresenza del web nelle nostre vite in questi anni? Visto tra l’altro che questa è una intervista che stiamo facendo per un media on line…
Penso che il web abbia subito un rapido e recentissimo cambiamento negli ultimi 5 anni, modificando intensamente le nostre vite e lasciando cadere forse gran parte degli entusiasmi di chi si aspettava dal web una vera rivoluzione culturale o una democratizzazione dei processi informativi o della libertà di espressione. Quello che penso è che come tutte le tecnologie che riceviamo (semplicemente come surrogato commerciale della tecnologia militare) anche internet celi (con davvero poca discrezione al momento) un chiaro intento alla monopolizzazione di chi produce servizi e al controllo sociale di chi li utilizza, soprattuto perché in chiave di profitti le due cose si alimentano a vicenda. Ovviamente non voglio demonizzare a 360° Internet, i Social etc… sono strumenti importanti che ci hanno “facilitato” indubbiamente la vita, che possono (e dovrebbero) essere utilizzati in maniere virtuosa, ma che indubbiamente hanno un “prezzo”, una “contropartita” da pagare per noi e forse ci sarà sempre più chiara in futuro.
Passi in compagnia: quali sono i dj e producer con cui senti più affinità, e con cui vorresti sempre e comunque condividere parole, progetti, obiettivi?
Sicuramente potrei citare i miei amici più cari, coloro con i quali scambiare idee, progetti e visioni rappresenta una delle più grandi ricchezze della mia vita. Tra di loro Daniele Antezza (Dadub/Inner8), Grün, Drøp, T.C.O., Honzo (nonché il mio compagno di vita – non producer – Andrea Familari FAX). Oltre a loro trovo veramente interessanti i lavori di Ben Frost, Grebenstein, Ketev, Samuel Kerridge e Lumisokea.
Passi incrociati: qual è la situazione, musicale e non, più assurda che ti è capitato di vivere?
Preferiresti non saperlo. Anche perché il mio concetto di “assurdo” (così come quello di “normale”) ha smesso di avere troppo senso negli ultimi anni.
Passi sbagliati: quali sono le cose che più ti danno fastidio nella scena musicale italiana?
Per una volta sarebbe bello parlare di cosa c’è di buono nella scena italiana (altrimenti servirebbero il doppio delle righe per rispondere a questa domanda). Credo che ultimamente l’Italia stia vivendo un interessante momento creativo e che questo sia percepito anche a livello di scena musicale mitteleuropea. Molti possono essere gli esempi in questo senso, tra i primi che mi vengono in mente sicuramente c’è il lavoro di Haunter Records a Milano con le serate al Macao, ElseWhere o il Pagliaio a Roma o tanti altri eventi che hanno davvero poco (o forse nulla) da invidiare a quello che avviene qui a Berlino a livello di “scena club underground”. Oltre a questo il lavoro di diversi festival italiani come Flussi, roBOt, Terraforma, Path e molti altri stanno dando ottimi risultati nell’offrire performance di altissimo livello alimentando una cultura musicale diversa e nuova, e creando una comunità sempre più attiva e collaborativa a livello nazionale di media-artist, producer, ascoltatori o semplicemente interessati. Quello che va sottolineato in senso negativo è forse l’incapacità delle istituzioni italiane (e di conseguenza dell’italiano medio) di percepire l’enorme valore,economico e culturale, di questi progetti lasciando ricadere sui singoli soggetti che dedicano corpo e anima a questo obbiettivo, tutti gli sforzi.
Passi che stai per compiere: quali sono i tuoi prossimi progetti?
A metà Aprile uscirà il mio primo EP (“Sycomore EP”) segnato con un remix di Samuel Kerridge sulla nostra Label Arboretum, una piattaforma nata dalla collaborazione tra me, Andrea Familari FAX e Giuseppe Bifulco (Drøp). Come il precedente progetto anche questo lavoro si basa su una forte ricerca di interazione tra audio e video risultante da una real-time interaction fra i due linguaggi, cosa particolarmente chiara nel momento del live. Oltre a questo ci sono altre up-coming news riguardanti il mio progetto e la label più in generale ma preferirei non svelare ancora nulla.
Passi sinestetici: salutaci non con delle parole, ma con una traccia, non importa se tua o di altri.