La prima cosa che pensi quando ascolti “Go”, il nuovo singolo dei Chemical Brothers featuring Q-Tip (sempre sia lodato), è che probabilmente non lascerà alcuna traccia nella discografia del duo di Manchester. La seconda è che nonostante tutto è un pezzo che gira proprio bene, che potrebbe pure passare spesso in radio e che ha qualcosa che lo rende terribilmente estivo (il ritornello con i synth che fanno tanto French Touch?). La terza cosa che pensi è che l’hai già sentito, che tanto ormai nessuno s’inventa più niente ed è meglio andare sul sicuro, piazzare una roba che sta lì a metà tra “The Salmon Dance” e “Galvanize“, e fare contenti tutti quelli che si faranno piacere il nuovo disco dei Chemical Brothers semplicemente perché è il nuovo disco dei Chemical Brothers. Ci sarebbe un discorso serio da fare sul come l’invecchiamento della generazione clubbarola degli anni ’90 – ed è un discorso che riguarda principalmente le formazioni più da arena come i Chemical Brothers, ma anche mille altri – stia costituendo un precedente nella storia della musica elettronica che potremmo azzardarci a definire come “il classic rock della dance”. Un nuovo album di Bruce Springsteen non interessa a nessuno, neanche ai fan di Springsteen. Tutti sanno dal principio che quel disco sarà la scusa per un nuovo tour, e quel tour sarà la scusa per andare di nuovo tutti insieme in uno stadio e saltare, ballare e cantare come la volta precedente e la volta prima ancora, sentendosi parte di un rito che si ripete sempre uguale. Un rito rassicurante, ma di certo mille volte più appagante dell’ascolto in solitaria di un disco che nel migliore di casi è destinato a confermare la statura dell’artista, ma che spesso nasce e muore in un lampo e viene promosso il minimo indispensabile. Inevitabile, per tutti quegli artisti che col loro suono hanno segnato un’epoca al punto da restarvi legati in maniera quasi indissolubile. Il pubblico dei Chemical Brothers vuole i Chemical Brothers del 1997 e li vuole anche nel 2015, solo che non sarà mai la stessa cosa del 1997. Perché siamo più vecchi noi, ma sono più vecchi anche loro e quella capacità di intercettare il gusto e gli umori di un cambiamento in atto è per forza di cose andata persa. Hanno smesso di essere nuovi, e sono diventati classici. Cosa che non è per forza un male, visto che il 90% della musica che è in giro finisce per diventare vecchia prima ancora di riuscire a lasciare un segno e a guadagnare un posto nell’immaginario collettivo. Perché scrivo tutto questo? Perché ieri mattina, mentre guardavo il video di “Go”, girato da Michel Gondry, ho provato un fortissimo senso di malinconia. Il matrimonio artistico tra Ed Simons, Tom Rowlands e Michel Gondry ha già prodotto frutti che, volenti e nolenti, fanno parte della nostra storia. Leggi i loro nomi in fila e pensi subito al video di “Let Forever Be” e all’impatto che quel videoclip ha avuto al momento della sua uscita e anche negli anni a seguire. I Chemical Brothers con Gondry hanno dato vita a un nuovo standard, e adesso cercano di ricalcarne gli stilemi. Il video di Go sembra la copia appassita di tutto quello che c’è stato prima, il classico video che ti aspetteresti da una band dell’indie italiano (cioè da chiunque sia abituato a cercare di riprodurre un modello alto con pochi mezzi), ma che stride se associato a nomi di questo calibro e levatura. Guardi “Go” e pensi che dall’autocelebrazione si è passati direttamente all’autoparodia e il dubbio che forse sia tutto voluto non riesce comunque a farti apprezzare appieno l’operazione. Sto esagerando? Probabilmente, ma forse è il caso di cominciare a farsi qualche domanda e chiedersi quanto sia ancora possibile cavalcare la nostalgia prima di restare di colpo senza la sella sotto il sedere.