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[tab title=”Italiano”]In un periodo in cui la techno sembra essere uno dei generi che vanno assolutamente per la maggiore e in cui assistiamo a un gigantesco fiorire di nuovi artisti, è bello sapere che ci sono dj con più di vent’anni di carriera alle spalle che hanno ancora voglia di proporre novità, mantenendo sempre il proprio stile riconoscibile. E’ il caso di Ben Sims, che nonostante sia uno dei più esperti dj techno in collaborazione non ha, fortunatamente, alcuna intenzione di appendere le cuffie al chiodo ma al contrario ha recentemente avviato alcuni progetti nuovi molto interessanti incentrati proprio sulla ricerca di musica nuova, come “Machine”, il party a cui dà vita assieme a Kirk DeGiorgio e che i ragazzi di Resistance Is Techno hanno portato in Italia, per la prima volta, lo scorso 28 marzo, dandoci anche un’occasione di scambiare quattro chiacchiere con Ben.
Prima di tutto: come vi siete incontrati tu e Kirk DeGiorgio?
Avevamo molti amici in comune nella scena elettronica inglese dei primi anni ’90, anche se non ci eravamo mai effettivamente incontrati, e non ci siamo mai incontrati fino a metà degli anni 2000, quando l’ho ospitato a un party “Split” a Londra, di cui ero co-promoter, e più tardi ad un altro party, “Balance”.
E poi, com’è nata l’idea di un progetto collaborativo? Qual è il concept dietro il vostro progetto Machine?
L’idea è di concentrarsi solo su musica nuova, e devo ammettere che è stata un’idea di Kirk, è venuto lui da me e ha anche trovato qualcuno che ci aiutasse anche economicamente. All’epoca (si parla di quattro anni fa) la techno non era forte come adesso ed era molto comune sentire sempre la stessa musica ai party, per cui l’idea di concentrarci solo su musica e produttori nuovi è stata davvero rigenerante per entrambi.
Oltre a te e Kirk DeGiorgio, il progetto Machine è sempre stato anche una piattaforma per far suonare molte altre figure leggendarie della techno, come Robert Hood, Oscar Mulero o James Ruskin: come scegliete gli ospiti per i party Machine?
Partiamo da una “hit list” di artisti e dj che ci piacciono, ragazzi (e ragazze) che non solo prendono sul serio i proprio set ma che sono anche entusiasti all’idea di provare della musica nuova, oltre ovviamente a essere degli ottimi party dj che sanno come scuotere la pista. Oltre ai nomi leggendari, infatti, abbiamo avuto anche artisti emergenti o relativamente recenti come Sandrien, Tripeo, ROD e Rødhåd; non si tratta solo di ospitare dei nomi ovvi, è più questione di avere gente che sia molto brava in quello che fa, che siano stati sulla scena per tre mesi, tre anni o trenta.
Tra tutti i dj techno con una carriera lunga come la tua, tu sei uno di quelli con lo stile più riconoscibile, grazie a una funkiness e a un groove che è sempre più raro trovare nella techno, soprattutto di recente: da dove pensi che abbia origine questa tua caratteristica?
Credo sia qualcosa di legato al mio background e alla musica da cui sono ancora influenzato. E’ vero che sono principalmente un dj techno, ma sono stato un dj house, un dj hip hop e molte altre cose negli anni, per cui tutte quelle influenze nel suono e nel modo di suonare si sentono ancora molto in quello che faccio.
I tuoi set e le tue produzioni non sono quasi mai “solo” techno, ma sono spesso e volentieri contaminate con suoni che arrivano da altri generi, come disco o hip-hop: dove trovi l’ispirazione per queste contaminazioni?
Colleziono ancora un sacco di dischi e ascolto quotidianamente un a gran varietà di generi diversi, per me fa tutto parte di un’unica passione, di una sorta di ossessione, che mi aiuta a essere sempre ispirato. E’ raro che passi un giorno intero senza che compri della musica, e anche se la techno è il mio grande amore non è comunque l’unico, per cui è probabile che ascolti tracce di roots reggae degli anni ’70 o classici hip hop degli anni ’80 tanto quanto ascolto le nuove uscite techno, per cui non sono mai esposto a una sola scena o a un solo suono e credo che questo si senta nella musica che faccio.
Parliamo degli ultimi sviluppi nella scena techno: qual è la tua opinione sullo stato attuale della techno? Sembra essere tornata prepotentemente sulla cresta dell’onda nell’ultimo paio d’anni, anche se con un suono più scuro che mi sembra in qualche modo lontano dal tuo.
Penso sia ottimo che la scena sia così in salute in molti posti diversi, che ci siano nuove generazioni di persone e nuovi produttori ed etichette che escono praticamente ogni giorno. E’ un momento emozionante per essere un dj. C’è sicuramente molta più techno di quella più scura in giro adesso, devo dire che molta mi piace, ma non è sempre adatta al mio stile di djing, e preferisco cercare musica che si adatti a come suono piuttosto che adattare il mio stile perché rispecchi la moda del momento; sono un amante della musica dance nera, per cui il funk, il groove e il soul nella techno sarà sempre quello che mi attira di più.
Hai recentemente annunciato la chiusura della tua etichetta, la Theory, al raggiungimento della cinquantesima release: come la giudichi, guardando indietro? Hai altri piani per il futuro come label manager?
Sono soddisfattissimo delle uscite dell’etichetta nel corso degli anni, soprattutto di quelle più recenti; semplicemente ho pensato che avesse concluso il suo percorso. E’ partita come un progetto per rilasciare dei remix per poi diventare una piattaforma solo mia e poi ancora un’etichetta per stampare musica di altri, per poi tornare indietro al punto di partenza, e questo momento mi è sembrato adatto per terminarla ad un punto di cui potessi sentirmi orgoglioso e ricominciare con qualcosa di nuovo. Non credo che lancerò immediatamente una nuova etichetta che prenda il suo posto, voglio concentrarmi sulla produzione principalmente e poi finire alcuni altri progetti che ultimamente sono stati messi in ombra dal mio lavoro su Theory.
Recentemente hai anche avviato uno show mensile sulla radio NTS Live: cosa suoni di solito nei tuoi set in radio? Li approcci in maniera diversa dai set che faresti, ad esempio, in un club?
“Run It Red” è prima di tutto uno showcase di tutta la buona musica che ho trovato nel corso del mese, che si tratti di promo, demo o dischi che ho comprato, semplicemente scelgo le mie tracce preferite e le mixo, senza pensarci troppo. Il focus principale è la techno perché è sicuramente quello per cui sono più conosciuto, ma cerco anche di includere uscite nuove più house o electronica. Anche se le diverse parti dello show sono mixate, non è effettivamente un dj mix o un set in un club, è prima di tutto un programma radiofonico, come quelli con cui sono cresciuto che contenevano molte più informazioni di un programma in cui c’è solo un tizio che mixa dei dischi. Anche perchè, quella è una cosa che faccio comunque ogni weekend.
Parliamo delle tue origini musicali: cosa ascoltavi da bambino? E quando è stato che hai deciso che ti saresti guadagnato da vivere con la musica?
Sono entrato in contatto con tantissima musica da bambino, i miei genitori avevano sempre la musica accesa e una gran collezione di otto tracce, cassette e dischi, tantissimo pop degli anni ’60 e ’70 ovviamente ma c’era anche molto soul, cose della Motown, di Marvin Gaye, Steve Wonder, il primo Michael Jackson, Donna Summer e così via, più anche un po’ di ska e del primissimo reggae, tipo le cose della Trojan eccetera, per cui anche quello mi è rimasto impresso. Appena l’hip hop e la breakdance sono esplosi in UK, quindi, ne sono stato rapito, perché avevano quel groove che amavo da piccolo. Ho fatto il dj ad intermittenza per più o meno quindici anni prima che diventasse il mio ‘lavoro’, e suonavo a un sacco di feste di amici, piccoli club e anche alle feste della scuola quando avevo undici o dodici anni, ma è stato solo quando ho iniziato a stampare la mia musica che ho iniziato anche a guadagnare abbastanza durante i weekend da lasciare il lavoro e concentrarmi solo sul djing; era il 1999.
Come si è evoluto il tuo stile di djing e di produzione nei più di vent’anni in cui hai fatto parte della scena? Cos’è cambiato, e cos’è rimasto uguale a quando hai iniziato?
Gli elementi principali del mio djing non sono cambiati molto per essere onesti, due piatti e un’unità per gli effetti sono diventati tre piatti e gli effetti, poi quattro CDJs. La tecnologia è cambiata molto più di quanto sono cambiato io. Suono ancora molto con uno stile hip-hop, un po’ ruvido e senza rete di sicurezza; suonare facile o con dei mixaggi lunghi mi annoia. Suono così da tanto e ho bisogno di sentire la sfida di buttare su tracce in fretta per mantenere l’energia alta. Dal punto di vista della produzione, uso ancora moltissimi sample; non sono così immediati da riconoscere nelle mie tracce techno più dritte ultimamente, ma ci sono sempre, cambia solo che adesso ho più hardware e più software con cui giocare; Il mio approccio però è ancora fondamentalmente lo stesso, cerco di fare le tracce di cui ho bisogno nei miei set e se piacciono ad altra gente mi va ovviamente bene, ma fondamentalmente le faccio per poterle suonare io. Penso tuttora di non essere un musicista, sono solo un dj che fa tracce per suonarle nei propri set, ma a dirla tutta chiunque creda di essere un musicista solo perché ha messo una linea di basso, un drone o un bleep su dei beat di una drum machine è un cazzo di delirante, in ogni caso.
Ultima domanda: quali sono i tuoi piani per il resto del 2015?
Oltre a cercare di mantenere il mio circuito di dj attivo e a cercare di far sentire “Run It Red” a più gente possibile, ho sicuramente bisogno di produrre più musica; gli ultimi diciotto mesi sono stati molto poveri da quel punto di vista per una serie di ragione, ma sto cercando di rimediare e non vedo l’ora di provare del materiale nuovo questo weekend.[/tab]
[tab title=”English”]In a time when techno seems like one of the most prominent genres, and when we are witnessing a huge blossoming of new artists, it’s still good to know that we can count on djs with careers lasting more than 20 years who still want to propose new stuff while keeping their own signature style. This is exactly what happens with Ben Sims who, although being one of the most experienced techno djs around, has no intention at all to quit but, on the opposite, has recently started a lot of new projects centered on looking for new music, like “Machine”, the party he started with Kirk DeGiorgio and that the guys from Resistance Is Techno recently brought to Italy for the first time, last March; it has been a great occasion for a chat with him.
First of all: how did you and Kirk DeGiorgio meet?
We had many friends in common in the UK electronica scene in the early 90’s without properly meeting each other. That meeting didn’t happen until the mid 2000’s when I booked him to play a ‘Split’ party I used to co-promote in London and later again at a ‘Balance’ party I was involved in.
And then, how did the idea of a collaborative project come together, and what is the concept behind Machine?
The concept is solely focusing on new music and admittedly that was all kirk’s, he approached me and had also found someone to help us run/fund it.At the time (4 years ago) techno wasn’t as strong as it is now and it was typical to hear the same old music at parties so the idea to focus on just new music and producers was really refreshing for both of us.
Besides co-creator Kirk DeGiorgio, the Machine project has been a platform for you to host many other techno legends, like Robert Hood, Oscar Mulero and James Ruskin: how do you pick the guests for the Machine parties?
We generally work off a ‘hit list’ of acts and djs we like, guys (and gals) who not only take their sets seriously but are excited about new music while still being party DJs who know how to rock the house. As well as legendary names we’ve also included up n’ coming or relatively recent break thru acts like Sandrien, Tripeo, ROD and Rødhåd, it’s not just about booking obvious names for us, it’s about booking people that are great at what they do whether they’ve been on the scene for 3 months, 3 years or 30.
Among all of the long-standing techno djs, you seem to have one of the most recognizable styles, with a funkiness and a grooviness that is seldom found in techno, especially lately: where do you think this comes from?
I guess it’s from my background and the music I’m still influenced by. I’m primarily a techno dj but I’ve been a house dj, a hip hip dj and more over the years, so all those influences in sound and style of playing are still very much part of what I do.
Your dj sets and your productions are almost never “just” techno, but are often contaminated with sounds coming from different genres, like disco or hip-hop: where do you find inspiration for these contaminations?
I still collect a lot of records and listen to a variety of genres on a daily basis, for me it’s all part of the same passion or obsession and it keeps me inspired. It’s rare that a day goes past when I’m not buying music and although techno is a big love for me, it’s not the only love and I’m as likely to be listening to a 70’s roots reggae track or an 80’s Hip Hop classic as I am a fresh techno release, so I’m not just exposed to one thing or sound and I think that’s obvious in the music I play or make.
And speaking of the latest developments in the techno scene: what’s your opinion of the current state of techno? It seems to have had a huge resurgence in the last couple of years, although with a darker sound that may seem somehow distant from yours.
I think it’s great that the scene is so healthy in so many places, new generations of people on the dance floor and new labels and producers popping up almost daily. Exciting times to be a dj. Yeah there’s definitely a lot of the darker side of techno around, I do actually like quite a lot of it, but it doesn’t always suit my style of djing and i look for music that fits how I play, rather than change my style to fit the fashion or current trend. I’m a lover of black dance music so the funk, groove and soul of techno is always what’s gonna be most addictive to me.
Your Theory label has recently reached the #50 release milestone, and you announced its closing: how do you judge it, in retrospect? Do you have any other plans as a label manager?
As happy as I was with the labels output over the years, especially more recently. I just thought it had run its course, It went full circle from being a remix project to a solo to a label for releasing music by others, all the way back again and it just felt right to finish at a point i was proud of and start something fresh. I’m not going to immediately launch a new label to take its place, I want to focus on making new music primarily and also finish off some of the other projects that were overshadowed by theory.
You recently started a monthly radio show on NTS live: what do you usually play on your radio show? Do you approach them in a different way than sets in clubs?
‘Run it Red‘ is primarily a showcase of all the great music I’ve picked up that month, whether it’s promos, demos or records I’ve bought, I just choose my favourites and loosely mix it up. The main focus is techno as that’s obviously what I’m known for but I try to include new house and electronica too. Although I mix the different sections of the show, It’s not a dj mix or club set, it’s a radio show first and foremost, like the kind of radio shows I grew up listening to that were more informative than just a guy mixing music. I get to do that every weekend anyway.
Let’s talk about your musical origins: what did you listen to when you were a kid? And when did you decide that you would make a living out of music?
I was exposed to a lot of music as a kid, my parents always had music on and a collection of 8 tracks, cassettes and records, plenty of the usual 60’s and 70’s pop stuff obviously but there was lots soul too, Motown, Marvin Gaye, Stevie Wonder, early Michael Jackson, Donna Summer etc plus quite a bit of ska and early reggae, Trojan etc, so I think that really made an impression on me. So as soon as hip hop and breakdance explosion hit the UK I was hooked immediately as it had that groove that I loved as a kid. I had been djing on and off for about 15 years before it became my ‘living’ as such, as I used to do lots of friends parties, small clubs and even school discos when I was about 10 or 11 but it wasn’t until I started releasing music that I was earning enough at the weekend to quit my day job and really focus on djing, that was in 1999.
How did your djing and producing style evolve through the more than 20 years you’ve been around in the scene? What did change, and what remained like when you began?
The essential elements of my djing haven’t changed a lot tbh, 2 turntables and fx, became 3 and fx, then 4 CDJs. Technology has changed a lot more than I have. I still play with a hip hop kinda style, a bit raw and reckless. just playing tight, safe or long drawn out mixes bores me, I’ve been doing it a long time and need the challenge of just throwing tracks in quickly and keeping up the energy. Production wise I still use a lot of samples, they’re not so obvious in my straighter techno stuff these days but they’re always there, I just have more hardware and software to play with now too. My approach is largely the same tho, I just try to make tracks I need in my sets and if other people like them, that’s great obviously but essentially they’re for me to play. I’m still no musician, I’m just a DJ making tracks to play in sets or mixes but tbh anyone who thinks they’re a musician just because they put a bassline, drone or bleep over some drum machine beats is fucking delusional anyway.
Final question: what are your plans for the rest of 2015?
Aside from keeping up the ever expanding dj circuit and trying to get the ‘Run it Red’ out to as many people as poss, I def need to make more music, the last 18 months have been a dry patch for various reasons so I’m trying to fix that now and really looking forward to testing out brand new material this weekend.[/tab]
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