Ora più che mai: basta. Ora più che mai, dopo un evento tragico che ha lasciato tutti angosciati, nessuno escluso, è il caso di dire, anzi, di capire: basta.
Basta con la musica elettronica come playground perfetto per potersi strafare fino a non capire più nulla, fino a non essere più responsabili delle proprie azioni e lucidi su quello che ci succede attorno. Non sono le persone strafatte ad accoltellare – non in questo caso, probabilmente – ma il punto è un altro: il punto è che la musica non è un’esperienza per uscire abbruttiti. Zero. Abbruttirsi, sconnette dalla musica. Completamente. Lo vogliamo dire in modo chiaro? Perché se con la musica si è connessi, se ci si è connessi veramente, stai sicuro che non ti passa per la testa di infilarti in una rissa, non ti passa per la testa di essere aggressivo, non ti passa per la testa di tirare fuori coltelli o anche solo pugni. Davvero, non ti passa per la testa. La tua emotività sta altrove. La tua emotività sta sintonizzata in quella che da quando esiste l’uomo è una lingua universale, catartica, emotivamente coinvolgente. Se ti abbruttisci, sei un idiota. Ma prima di tutto nei confronti di te stesso: perché credi di avere un’esperienza euforica ed intensa, di lavorare sui tuoi limiti e di spingere all’estremo divertimento e godimento, ma in realtà da questi due ti stai solo allontanando.
Ma basta anche coi luoghi comuni. Basta con tanta sociologia un tanto al chilo rabbiosa e sprezzante che si è letta in queste ore. Basta pensare che “solo a Napoli” potevano succedere certe cose: non è vero. Ripetiamo: non è vero. Se dite o pensate così, siete parte del problema, eccome. Risse ma anche coltelli ne abbiamo avvistati da tutte le parti d’Italia, in vent’anni di clubbing: c’è un problema diffuso di educazione, da noi. Educazione nel rapportarsi con la musica da dancefloor, con le altre persone, con l’alcool, con le sostanza stupefacenti (se proprio uno se le vuole prendere). Retaggi stupidi, molto italiani, per cui se una cosa è “anormale” rispetto ai canoni della vita buona&rispettabile&benpensante o anche se è illegale, beh, allora è lecito fare il cazzo che ti pare, esagerare, spaccare, perché tanto sei già al di là dei canoni prestabiliti, no? No. Non è così per un cazzo. Questa è solo ipocrisia, è una scusa per non prendersi responsabilità di se stessi. Una scusa per essere immaturi ed idioti. Un conto è sfogare le tossine accumulate durante la quotidianità, un conto è essere irresponsabili e non avere il minimo rispetto verso se stessi e verso gli altri. Non è un problema di Napoli. E’ un problema di tutta l’Italia. Lo capisci quando vai all’estero: e trovi gente che esplora i limiti del proprio fisico in modo ingordo ed anche eccessivo, oh sì, ma percepisci sempre un grande rispetto della libertà, dell’individualità e dell’esperienza altrui.
Ma anche Napoli ha un problema. Solo che è un problema di tutti noi. Nei giorni precedenti a Monegros Italia erano in tanti a dire, sul web o nei discorsi fra amici, “Sarà un delirio”, “Ci saranno i morti” (come esagerazione ridanciana e modo di dire, perché mai vai a pensare che i morti poi ci saranno veramente), “Ci sarà la camorra”, “Sarà ingestibile”. Il tutto con un misto di sarcasmo e rassegnazione. Beh, noi non siamo rassegnati per niente. E non lo sia (più) nessuno che abbia a che fare con la musica e il circuito dell’intrattenimento a Napoli. Perché se ci si rassegna, a tutto questo, o se lo si considera solo come “malelingue del nord” (o di Roma, o della Sicilia, o del Centro, o di quello che volete voi), sappiate che vi state sfilando da soli il terreno sotto i piedi: se certe cose si evocano, e si lascia che vengano evocate, poi è più facile che succedano. E se succedono, alla lunga ci perdono tutti. Attenzione, però: vale per chi è di Napoli e dintorni, ma vale per tutti voi che state leggendo, anche se siete di Bolzano o Ragusa. Smettiamola di essere abituati&rassegnati che eventi di un certo tipo siano delle fosse dei leoni e di gentaglia. Non è scritto da nessuna parte che debba essere così. Men che meno è normale o accettabile che sia così. Quindi sì. Napoli ha un problema. Ma ce l’hanno anche Roma, Torino, Milano, Riccione e mille altre nostre città quando si dà per scontato che ci saranno persone pessime, situazioni invivibili, scene brutte.
Insomma. Ora più che mai: basta. Quello che è successo all’Old River è drammatico. E’ drammatico che morte e coltelli siano arrivati lì dove dovevano esserci solo musica e buone vibrazioni, drammatico, orribile, schifoso. Non si può tornare indietro, però. Non si può riportare alla vita chi non c’è più. Ma almeno si può, tutti assieme, avere uno scatto d’orgoglio e di consapevolezza. Si può, si deve. Quello che è successo è il segno tangibile che molte, troppe cose ci stanno sfuggendo di mano. E siamo tutti colpevoli. Noi per primi. Noi che pensiamo che tanto certe cose non ci riguardano, perché noi sappiamo come comportarci nei club, noi apprezziamo la musica, noi non giriamo coi coltelli in tasca – e tutto questo è vero. Però non abbiamo capito che lo schifo è arrivato in casa nostra. Lo schifo di chi non capisce cos’è l’esperienza-musica, lo schifo di chi usa l’elettronica da dancefloor come pretesto per abbruttire se stesso e quello che lo circonda; e se lo schifo, lo sporco è arrivato in casa nostra anche se non abbiamo sporcato noi in prima persona, beh, dobbiamo porci il problema di come riportare il pulito e la decenza. Non possiamo tirarcene fuori.
Questo è il punto. Tutto il resto è rumore di fondo del cazzo. E’ rumore di fondo l’infimo spessore professionale dei media generalisti (che copiano tutti l’Ansa, fateci caso…) che chiamano “rave party” quello che era un festival organizzato con tutti i crismi e con vent’anni di storia alle spalle, dal profilo europeo. E’ rumore di fondo chi trincia giudizi senza essere stato sul posto. Chi si scaglia contro gli organizzatori senza aver mai organizzato nulla di nemmeno lontanamente paragonabile. Chi dice a posteriori che ci volevano i metal detector, senza considerare che se li mettevi la situazione delle file all’ingresso poteva diventare difficile da gestire. Chi pensa che un coltello non si possa introdurre di nascosto. Chi dice che con quella line up lì in quel posto lì era inevitabile che ci fosse una situazione selvaggia ed ingestibile (una line up che, vista con occhi europei, sarebbe di tutto rispetto e nessuno avrebbe nulla da ridire se fosse quella di un festival non italiano; e per quanto riguarda il posto, all’Old River – lo conferma chi c’era – l’atmosfera era mediamente più che buona e positiva). E’ rumore di fondo chi insulta una città. E’ rumore di fondo chi risponde agli insulti insultando a sua volta.
Basta col rumore di fondo. Basta cazzate. Riportiamo al centro la musica, come esperienza culturale, come arricchimento emotivo. Tutto il resto, lo vedrete, verrà da sé.
(qui il comunicato ufficiale di Monegros Italia sull’accaduto)