Un festival è, prima di ogni altra cosa, un progetto culturale. Mi torna in mente questa frase, con la quale inizio abitualmente il mio corso di Progettazione Eventi Culturali allo IED di Firenze, quando finisco di parlare con Enric Palau, il visionario direttore del Sónar che nel 1994, assieme a Ricard Robles e Sergio Caballero ebbero l’idea di creare un festival di ‘advanced music and multimedia art’. Perché per restare ventuno anni in cima alla lista dei più importanti e influenti eventi legati alla musica del variegato paesaggio elettronico e alle molteplici interazioni con la cultura digitale serve molta conoscenza, molto fiuto e altrettanta capacità di immaginare scenari creativi e tecnologici che sono ancora da venire. È così che diventi un evento globale capace di mettere in rete e valorizzare la creatività ad ogni latitudine; un punto di incontro e approfondimento per appassionati, professionisti e semplici curiosi che in tre giorni di ‘full immersion’ possono scoprire talenti emergenti e ritrovare artisti affermati in performance uniche. Alle porte della edizione 2015 (dal 18 al 20 giugno a Barcellona) rivolgiamo un po’ di domande ad Enric Palau, come momento di verifica e riflessione su questo lungo e bellissimo percorso. Potete leggerle mentre ascoltate il mix che ho registrato per la puntata di Mixology dedicata al festival spagnolo.
In questi giorni l’attesa è tutta per la versione catalana del festival ma la rete del progetto Sónar-around-the-world ormai tocca São Paulo, Buenos Aires, Santiago, Bogotá, Cape Town, Stockholm, Copenhagen e Reykjavik. Ci racconti la visione dietro questo network internazionale?
Abbiamo cominciato a lavorare a questo progetto dodici anni fa, quando abbiamo cominciato ad avere un massiccio numero di richieste da parte di persone che, dopo esserci venuti a trovare a Barcellona, ci chiedevano di portare il festival nella loro città. A partire dal 2002 abbiamo sperimentato tutta una serie di location e format per mettere a fuoco l’idea di come il Sonar potesse proporsi in contesti differenti da quello originale. Quello fatto all’Auditorium Parco della Musica di Roma lo ricordiamo ancora come uno dei più belli. Alla fine abbiamo deciso che la cosa migliore sarebbe stata portare l’energia, l’atmosfera, le idee e i valori del festival in città eccitanti e dinamiche, caratterizzate da una scena artistica ricca. Ecco la ragione per la quale, ad esempio, abbiamo già realizzato sette edizione di Sónar Tokyo, cinque della versione nordica tra Reykjavik e Copenhagen. Questi contesti urbani sono incredibilmente propositivi sul fronte della produzione e della promozione dei linguaggi creativi in generale e della musica in particolare. Diventano ideali non solo per portare lì i nostri artisti e metterli davanti ad un pubblico competente e curioso ma, anche e soprattutto, per scoprire nuovi artisti che poi portiamo a giugno a Barcellona. Un altro criterio con il quale abbiamo selezionato i luoghi dove portare il nostro progetto sono le facilitazioni che abbiamo da parte delle amministrazioni e dei partner locali. La possibilità di disporre di edifici progettati con standard architettonici all’avanguardia, nei quali usare molti spazi simultaneamente ognuno per la funzione e il contenuto più consono è un fattore che fa la differenza. Questa riflessione l’abbiamo fatta soprattutto in Nord Europa mentre uno dei valori principali dei nostri tour in Sud America è quello di esplorare territori creativi davvero esplosivi. Tanto che a São Paulo e Buenos Aires oltre metà delle line up era costituita da artisti locali. Per altro, consideriamo altamente positivo il fatto che in questi paesi i contesti musicali legati alla sperimentazione elettronica vanno a innestarsi su una grande tradizione. Ogni città nella quale portiamo il Sónar è, comunque, differente e particolare. Per cui la sfida è anche quella di leggere le varie realtà nella maniera più attenta e approfondita possibile, di modo da poterne derivare considerazioni e strategie utili alla perfetta riuscita del progetto. È sempre eccitante arrivare in posti nuovi, lavorare con gente che prima neanche conoscevi, scoprire nuove location e incontrare artisti emergenti. A volte è anche faticoso ma quando tutti i fattori si combinano bene insieme le soddisfazioni che se ne ricavano sono straordinarie.
Quando siete partiti, ventuno anni fa, c’erano pochissimi festival che si occupavano di musica elettronica e arti digitali. Oggi ce ne sono moltissimi in ogni angolo del mondo. Come è cambiata la vostra idea di festival in questo lungo periodo?
Evidentemente la nostra idea di cosa un festival debba essere e di come poter raggiungere gli obiettivi che con esso ci si prefigge è cambiata molto. Due sono i fattori principali sui quali è possibile leggere in maniera chiara questo cambiamento. Da una parte abbiamo capito che per noi è fondamentale concentrarci sulla scoperta e la valorizzazione di quei talenti che sono capaci di rompere le regole di quello che si fa con la musica e le arti visive collegate. Artisti in grado di riscrivere quelle regole secondo criteri innovativi, artisticamente forti nel leggere le nuove possibili interazioni tra creatività e tecnologia, tra suono e componenti visive. Dall’altra abbiamo compreso che la priorità per noi è garantire al nostro pubblico la possibilità di vivere il festival come un’esperienza ricca, articolata e complessa. Il cambiamento è, per noi, uno stato abituale. Connaturato con la stessa idea di un festival in evoluzione costante. Cambiare i format, aprire nuove finestre, immaginare nuove sezioni che possano a loro volta generare situazioni inedite sono tutti fattori vitali, senza i quali il Sónar non sarebbe lo stesso. Credo che quello che sta accadendo con Sónar+D sia uno degli esempi più calzanti in questo senso. Nell’arco di tre anni è nato e si è sviluppato come un vero e proprio congresso internazionale dedicato alle convergenze tra creatività, tecnologia e modelli di business innovativo. Qualcosa di profondamente organico al resto della programmazione del festival ma, al contempo, un elemento capace di imprimere una forte spinta innovativa alla dinamica di crescita dello stesso. La robotica, il crowfounding, il visual design e le attività di filmaking potrebbero sembrare attività lontane dallo specifico terreno d’indagine di un festival che ha la musica al centro dei propri interessi. Ma se si pensa adottando altri punti di vista si capisce che la presenza di Vimeo e Kickstarter nelle conferenze di questa parte del festival è fondamentale per poter leggere approfonditamente i cambiamenti epocali che stanno riguardando l’industria musicale nel suo complesso. Alla fine si tratta di garantire, per chi partecipa al festival, un’esperienza unica e appagante nella quale ci sono i grandi show (quest’anno Die Antwoord, The Chemical Brothers o Duran Duran per esempio) ma anche moltissimo artisti emergenti da ascoltare per la prima volta, c’è il divertimento ma anche l’intensità, l’intrattenimento come l’approfondimento culturale. Proviamo a trasformare il tempo che ognuno impiega all’interno del Sónar in momenti di continua scoperta e sorpresa.
Sónar+D, la conferenza internazionale dedicata ad inediti incontri tra creatività e tecnologia sembra conquistare una sempre maggiore rilevanza nel programma attuale del festival come nelle sue strategie di futura crescita.
È così. Abbiamo immaginato Sónar+D come un ideale completamento della programmazione dedicata alla musica e alle arti visive digitali che da sempre contraddistinguono la programmazione del festival. L’idea è che a Sónar+D si possano analizzare, conoscere e approfondire le tecnologie, le strategie e i processi che ci sono dietro gli show ai quali si assiste sui palchi del Sónar. Uno dei criteri con i quali scegliamo le performance artistiche è l’originale combinazione tra forme creative e tecnologia. Quest’anno, per esempio, proponiamo alcune collaborazioni molto interessanti in chiave multimediale: quella tra Atom™ e Robin Fox denominata Double Vision, quella tra Arca e Jesse Kanda, etc… Ecco: a Sónar+D facciamo spiegare agli artisti coinvolti come hanno realizzato questi progetti. Ma non è questa l’unica utilità del nuovo format. Un’altra è quella di trovare, nelle conferenze come nei workshop, ispirazioni non solo dal punto di vista meramente artistico ma, anche e soprattutto sotto un profilo tecnico e professionale. Una buona fetta del nostro pubblico di riferimento è costituita da studenti, artisti, grafici, designer… figure professionali che hanno costantemente bisogno di nuovi stimoli per sviluppare progetti inediti o che hanno idee già in fase di realizzazione ma per le quali necessitano di soluzioni tecniche delle quali ancora non dispongono. Ci piacerebbe che a Sónar+D trovassero le risposte che stanno cercando. Magari in una delle tante startup che presenteremo in questa cornice, come Kickstarter ci racconterà le nuove frontiere del fundraising come innovative forme di autoproduzione, oppure littleBits che ci spiegherà come mettendo insieme piccoli moduli elettronici con tanta creatività si può arrivare a lavorare per la N.A.S.A. e la Korg o, ancora, Vimeo che introdurrà le nuove piattaforme on demand attraverso le quali sarà possibile pagare direttamente i creatori dei contenuti video. Nessuna di queste realtà verrà a raccontare la formula del proprio successo economico in un talk. Ognuna di esse sarà invece impegnata in laboratori capaci di ispirare i curiosi alle prime armi e di passare le conoscenze tecnologiche e filosofiche importanti, di modo da rendere ognuno attivamente partecipe. La gran parte delle innovazioni più significative in questo senso vengono fuori da progetti che crescono nell’alveolo delle nuove comunità digitali, dalla condivisione di conoscenze e strumenti. Insomma: con Sónar+D speriamo di creare un contesto entusiasmante generato dall’incontro di una straordinaria varietà di casi, progetti e proposte che coprono tutte le fasi della produzione creativa evoluta: dagli strumenti di ideazione ai modelli di finanziamento; dalle possibilità di ingegnerizzazione allo sviluppo del design; dalle soluzioni per creare una company alla ricerca del mercato più adatto fino alla creazione della campagna di comunicazione più efficace. Far progredire idee è lo scopo fondamentale di questo progetto.
Il progetto SónarPLANTA che quest’anno produce un’installazione interattiva dello studio berlinese ART+COM è coerente a queste linee di sviluppo?
SónarPLANTA è una idea che abbiamo sviluppato assieme alla Sorigué Foundation. Per i prossimi tre anni promuoverà la ricerca nell’ambito dei linguaggi creativi basati sulla tecnologia e i nuovi media attraverso la presentazione di installazioni multimediali innovative. Ad ogni edizione selezioneremo tre artisti invitandoli a presentare un progetto originale per poi individuare quello che ci sembra più interessante da portare alla produzione. Quest’anno abbiamo deciso di realizzare un lavoro interattiva dei tedeschi ART+COM intitolato RGB|CMY Kinetic. Si tratta di un’installazione cinetica che reagisce, in tempo reale, alla luce, alla musica e alle frequenze sonore creando un ambiente immersivo di grandi dimensioni e fascino. Sarà un esempio assai calzante della perfetta fusione tra creatività, nuovi linguaggi e tecnologia. La sua colonna sonora sarà una composizione originale di Ólafur Arnalds, che avremo il piacere di ospitare anche sul palco del festival come parte del progetto Kiasmos.
L’immagine del Sónar è ormai indissolubilmente legata alla produzione artistica di Sergio Caballero che, per questa edizione, ha lavorato sul tema delle coppie di gemelli? Ci racconti qualche retroscena legato al concept?
Notiamo che ogni anno che passa cresce l’attesa rispetto a quella che sarà l’immagine del festival, sempre più strettamente legata al registro surreale, condito da un sottile senso dell’umorismo, delle storie di Sergio Caballero. Il senso comune direbbe che per un festival focalizzato attorno alla ricerca elettronica l’immagine dovrebbe essere di altro tipo, magari più sintetica. Il nostro modo di vederla è invece decisamente più organico. Quest’anno siamo tornati su un tema che avevamo approcciato esattamente dieci anni fa: quello del paranormale applicato alle immagini e reso, allora, attraverso la foto di due sorelle gemelle. Le due protagoniste si sono recentemente sposate e lo hanno fatto con un’altra coppia di gemelli. Ecco allora che tutti i protagonisti che vediamo nelle foto e nei video sono gemelli. Non c’è nessuna elaborazione dell’immagine: tutto è assolutamente vero, senza nessun tipo di editing e Photoshop per questo lavoro non è stato neanche aperto. Sembra uno scherzo per un festival come il nostro. Semplicemente abbiamo lanciato una competizione attraverso i media spagnoli, alla quale hanno risposto oltre 300 coppie di gemelli. Tra queste abbiamo scelto i gemelli veri che vedete nella campagna 2015 di Sónar.
Credo che uno dei meriti maggiori del Sónar sia quello di mettere artisti leggendari nella giusta cornice, spesso lavorando in una prospettiva storica e filologica. La presenza di figure come Arthur Baker confermano questo taglio curatoriale anche nel 2015.
Credo che sarebbe impossibile immaginare la musica oggi senza gente come gli Autechre, Arthur Baker o i Duran Duran. Nel caso specifico di Arthur Baker, ci troviamo davanti ad un produttore americano rinomato che forse è stato il primo, vero, remixer nella storia della musica. Arriverà al festival in una duplice veste: come regista di un documentario sulla 808 (una batteria elettronica inizialmente usata dai produttori hip hop è diventata un’icona nella storia della musica elettronica) che è un affascinante viaggio nella storia e nella contemporaneità e come artista con un dj set che si preannuncia memorabile.
Credi che, come dicono in molti, che al Sónar sarà l’anno di grime, syntethic pop ed emotive electronica?
Parto dalla considerazione che ci sono degli stili musicali emergenti e tra questi uno dei più importanti pare essere l’elaborazione di nuove forme che rimandano all’estetica pop come FKA Twigs, Róisín Murphy o gli Hot Chip. Anche la musica di Owen Pallett, Tourist, Jamie xx ha un vago sapore pop ma poggia, comunque, su solide basi elettroniche.
Un altro fattore emergente del programma di quest’anno è certamente il grande ritorno della black music in molte forme diverse. Trap e grime come evoluzioni dell’hip hop la fanno da padrone. Avere in line up artisti come A$AP Rocky, RL Grime, Cashmere Cat, Skepta & JME vuol dire vedere dal vivo alcuni dei protagonisti chiave di un cambiamento musicale molto significativo che parte dalla musica nera ma finisce per condizionare fortemente molti ambiti della musica mainstream. Il fatto che la loro musica venga diffusa in maniera massiccia attraverso le nuove piattaforme e canali online, che sia ovunque, finanche nella pubblicità della auto di grandi marchi in Spagna, è la definitiva conferma del fatto che questo stia diventando il nuovo pop. Ecco perché è fondamentale analizzare l’approccio di artisti molto innovativi nell’approccio usato per comunicare con il proprio pubblico. A$AP Rocky, per esempio, è uno di quegli artisti che stanno riscrivendo le regole della comunicazione e dell’industria musicale. Non ha bisogno di avere un album per tirare fuori la nuova hit perché poggia il proprio lavoro su strategie di promozione completamente nuove, basate sulla comunicazione diretta con i propri fan attraverso i social media. Sociologicamente ed artisticamente questi diventano fenomeni cruciali da studiare anche nel programma del Sónar.
Saranno due gli showcase fondamentali della prossima edizione: la conferma dello stage Red Bull Music Academy e un doveroso tributo all’austriaca Mego.
La Mego è stat un’icona per la musica sperimentale negli ultimi anni. Nata a Vienna è diventata in breve tempo la piattaforma ideale per presentare al mondo artisti del calibro di Fennesz, Jim O’Rourke, sotto la direzione artistica di Pita. Abbiamo seguito in maniera molto attenta le loro avventure sin dall’inizio per cui la celebrazione dei loro venti anni non poteva restare fuori dal festival, per questa combinazione unica di fresca sperimentazione e solide radici storiche che rende unica quella label. Sarà un piacere ospitare gli show di KTL, EVOL e siamo molto contenti che due dei loro artisti emergenti come LCC (Las CasiCasiotone) siano spagnoli. Il rapporto con Red Bull Music Academy è molto positivo e ricco di scambi proficui. Ci accomuna una prospettiva comune riguardo al modo in cui cerchiamo giovani produttori, talenti emergenti in grado di riscrivere le regole, dando loro la possibilità di essere valorizzati al massimo su palchi importanti e prestigiosi. È così che RBMA ha scoperto nomi oggi diventati di riferimento come Tokimosta, Hudson Mohawke, Rustie, anche grazie al fatto di aver suonato al Sónar, su quel palco. Siamo certi che anche tra i nomi che verranno presentati quest’anno ci sarà qualcuno con le carte in regola per fare lo stesso tipo di salto.
Per navigare e orientarsi nel mare magnum del festival l’omonima applicazione pare lo strumento più efficace. È così o hai altri consigli da darci?
L’applicazione, ridisegnata completamente quest’anno, è uno strumento straordinario che ci permette di usare il cellulare, portandoci sempre in tasca tutto il programma del festival con, in più, la possibilità di poter programmare l’agenda per i tre giorni, di far suonare la sveglia quando è il tempo di andare da un palco a un altro di modo da non perderti quello show che ritieni fondamentale.