Se c’è una cosa che non può non colpire di Synthek, oltre all’indubbia qualità della sua proposta musicale, sia in termini di release prodotte che di dischi suonati in dj set, è la serenità e la leggerezza con cui affronta il confronto musicale. Trattando la musica come una componente fondamentale per molti di noi, ma al tempo stesso espressione libera della personalità individuale, qualsiasi chiacchierata con lui si trasforma in un piacevolissimo e imprevedibile susseguirsi di spunti di riflessione. Se a tutto questo aggiungiamo una discografia arricchita da tante uscite dal peso specifico invidiabile, come il suo album d’esordio su Natch (“Unwise”, insieme all’ex partner Audiolouis) e “Verse I” su STK, capite bene perché avere Luca Landolfi qui su Giant Steps è assolutamente necessario, oltre a essere parimente piacevole.
Passo numero uno: qual è il disco o la traccia che ti ha cambiato la vita? La primissima. Quella che ti ha fatto capire che la musica era veramente un’emozione particolare, più intensa di altre.
Molto riduttivo, se non impossibile, nominare solo una della tante tracce che hanno influenzato il mio background. Non posso fare a meno di citare due capolavori come “Marionette” e “Decompression” di Mathew Jonson, veri punti di riferimento del mio percorso musicale. Importantissime sono state anche “Titelheld” di Extrawelt, “Father” di Antony Rother, “Dead Eye” di Baby Ford, e sicuramente “The Tunnel” di Richie Hawtin.
Passo numero due: quando hai capito che la musica, produrla o suonarla, sarebbe stata una parte fondamentale della tua vita?
Il primo approccio è avvenuto attraverso il clubbing. Fin da giovanissimo ero un assiduo frequentatore dei club, andando ad ascoltare dj internazionali come Deep Dish, Nic Fanciulli e Carl Cox, spesso ospiti di promoters napoletani. Cresceva in me un’attenzione quasi morbosa verso i movimenti dei dj e delle loro tecniche di missaggio, cercando di avvicinarmi a loro il massimo consentito ed assimilare quel che potevo, pur non avendo una coppia di Technics con cui divertirmi a casa. La svolta arrivò grazie ad amico che aveva in cantina la console di un dj locale: finalmente avevo la possibilità di metter mani su mixer e piatti, provando ovviamente una felicità indescrivibile. Marinare la scuola in quel periodo mi sembrava d’obbligo, andando ogni mattina ad imparare a mixare dischi non miei. Da lì decisi di acquistare la mia prima coppia di piatti e il mio primo vinile in assoluto “I Go Back” di Harry Choo Choo Romero…ricordi indelebili!
Passo a margine: quali sono stati i momenti di maggior crisi, nel tuo rapporto con la musica?
Ci sono stati diversi momenti di profonda insoddisfazione personale come conseguenza di cambiamenti radicali nella mia vita, soprattutto dopo aver lasciato l’Italia per trasferirmi a Londra nel 2009, e nuovamente nel 2011 decidendo di venire a Berlino. L’inizio della mia permanenza si è infatti rivelato molto impegnativo, un periodo pieno di distrazioni dove mi è stato difficile produrre qualcosa di concreto. Anche la scoperta di un sound totalmente diverso da quello a cui ero abituato mi ha fatto sentire, almeno inizialmente, non all’altezza per poter competere nell’ambiente. Nonostante le avversità ho cercato di non perdere di vista gli obiettivi che mi ero prefissato e andare avanti, saldo alle mie ambizioni. Considero me stesso uno dei più grandi ostacoli incontrati e questa consapevolezza mi ha spinto ad affrontare il resto in maniera molto più lucida. Inutile nascondere che Berlino abbia contribuito positivamente alla mia crescita personale prima che artistica.
Passi importanti: quali sono stati finora i momenti più importanti, nella tua carriera?
Li elenco in ordine sparso: la nascita di Natch Records e l’nizio del progetto insieme ad Audiolouis, che ha come step fondamentali il nostro primo EP “On The Edge” (2012) e l’album “Unwise” (2014), arrivato dopo un lungo e faticoso periodo di lavoro in studio. L’album è stato ufficialmente il nostro ultimo lavoro insieme, prima di dedicarci a progetti indipendenti. Non posso non citare la mia residency nel leggendario Tresor di Berlino, dove mi occupo da circa un anno dell’evento New Faces, il party focalizzato su artisti giovani ed emergenti. L’ultima soddisfazione è arrivata dal lancio della mia nuova label “STK” e dagli ottimi feedback del primo EP. STK è una piattaforma attraverso cui rilascerò principalmente roba mia, libero di esprimere il mio sound a 360°.
Passi per prendere un po’ d’aria e trovare ispirazione ed energia: quali sono le tue altre passioni? Come le sviluppi? Quanto tempo riesci a dedicare loro?
Amo cucinare e avere ospiti a cena. Cose non troppo elaborate sia chiaro, ma da buon napoletano posso facilmente metter su un parmigiana di melanzane, preparata come Dio comanda. Un’altra grande passione è quella per gli animali e in particolare per il mio labrador, Aaaron, un monello di tre anni con il quale trascorro le mie giornate tra studio, parco e casa. Considerarlo un figlio è limitante: Aaron è praticamente la mia ombra, il mio fedele amico con cui riesco davvero a staccare la spina, soprattutto nei momenti di stress.
Passi perduti: quali sono finora i tuoi più grandi rimpianti, musicalmente parlando?
Rimpiango di non aver aver studiato uno strumento musicale come il pianoforte, quando avevo più tempo e maggiori possibilità. La cosa avrebbe arricchito enormemente il mio profilo artistico e il mio bagaglio culturale, anche se ammetto di non aver mai perso la speranza di farlo. Dal punto di vista professionale ho invece avuto delle grosse delusioni: a causa del mio grande entusiasmo ed impulsività, mi è capitato spesso di aver dato troppa fiducia alle persone sbagliate. Lungo il percorso, però, ho imparato a valutare meglio chi mi sta di fronte e a prendermi del tempo prima di fidarmi.
Passi che consiglieresti: quali sono secondo te i cinque album (o brani) che consiglieresti e che non dovrebbero mancare nella discografia di tutte le persone a cui vuoi bene o che stimi?
Burial “Untrue”
Massive Attack “Blue Lines”
Voices From The Lake “Voices From The Lake”
Boards Of Canada “The Campfire Headphase”
Conforce “Kinetic Image”
Passi in biblioteca o videoteca: quali libri o film consiglieresti?
Non sono un gran lettore, quindi non mi sento di consigliare un libro in particolare, ma amo i cinema e i thriller in particolare. Sicuramente uno dei film rimasti impressi è “L’avvocato del diavolo” (1997, Taylor Hackford), interpretato da grandissimi Al Pacino e Keanu Reeves insieme alla bellissima Charlize Theron.
Passi fondamentali: qual è il risultato artistico di cui finora vai più orgoglioso?
Ogni singolo risultato, che sia piccolo o grande, ha sempre avuto lo stesso peso nella mia crescita artistica, ma posso affermare con certezza il primo album è stato il traguardo più importante e significativo.
Passi virtuali: come stai vivendo l’onnipresenza del web nelle nostre vite in questi anni? Visto tra l’altro che questa è una intervista che stiamo facendo per un media online…
L’abuso dei social media negli ultimi anni ha raggiunto un livello estremo, anche per il modo in cui questo ha influenzando la scena techno. Uno “sdoganamento” del genere che si è trasformato gradualmente in una vera e propria perdita di controllo delle informazioni. Mi sento parte di questo modo di vivere, purtroppo, utilizzando Facebook da utente privato e come mezzo di promozione per il mio profilo artista. Mi limito però nel condividere solo ciò che mi sembra opportuno e rilevante, aggiornando i miei follower in maniera più diretta riguardo nuove release o podcast. Apprezzo, quindi, l’uso dei social fatto in maniera più discreta, perché mi rendo conto che negli ultimi tempi c’è davvero troppo “gossip”…qualche anno fa non avrei mai immaginato si arrivasse a questo!
Passi in compagnia: quali sono i dj e producer con cui senti più affinità, e con cui vorresti sempre e comunque condividere parole, progetti, obiettivi?
Posso dire di aver un buon rapporto con molti artisti, ma è difficile restare in costante contatto con molti di loro. Ammetto che negli ultimi anni una delle mie più grandi fonti d’ispirazione viene dal duo Voices From The Lake formato da Donato Dozzy e Neel. Mi sento molto fortunato nell’aver avuto la possibilità di conoscere Neel e di aver instaurato con lui un rapporto di amicizia e rispetto reciproco. Giuseppe è una persona disponibile ed umilissima, cosa molto rara al giorno d’oggi, oltre che un grande artista. Un’altra persona a me molto cara è Fabrizio Lapiana. Ho grande ammirazione per Fabrizio e il suo prezioso e costante contributo all’ambiente techno. Ci scambiamo spesso pareri, promo non masterizzati, tracce non finite o appena uscite dallo studio, sicuri di ricevere una sincera opinione in merito. Non posso non menzionare, poi, il mio caro amico Jacopo, label partner in Natch e fondatore di Behave Booking e Midgar Records. Lo definisco la bocca della verità, un po’ troppo precisino a volte, ma dagli ottimi gusti musicali: dopo avergli girato delle mie tracce mi da sempre un certo sollievo sentirgli dire “questa roba è una bomba!”
Passi incrociati: qual è la situazione, musicale e non, più assurda che ti è capitato di vivere?
Circa tre anni fa mi trovavo a Londra per una doppia data. Dopo aver suonato ad un party memorabile all’Egg, fu la volta del Rhythm N’ Factory. Qui, a mia insaputa, c’era una situazione del tutto diversa da quello che mi aspettavo…decisamente non techno! Cercando in tutti i modi di arginare il dislivello tra il dj precedente e il mio ingresso in consolle, riuscii solo a svuotare la pista in dieci minuti. Una situazione quanto meno imbarazzante. La pista, ovviamente, tornò più viva che mai dopo la fine del mio set!
Passi sbagliati: quali sono le cose che più di danno fastidio nella scena musicale italiana?
Credo che la cultura underground del nostro paese soffra di enormi carenze. Va aggiunto che i gestori dei locali e la maggior parte dei promoter puntano unicamente ad avere ospiti main stream e non hanno occhio per gli artisti italiani che, giovani o meno, vengono apprezzati sempre di più all’estero e che, proprio per questa ragione, sono spesso costretti ad andarsene per poi ricevere riconoscimenti in patria. Il pubblico va educato, pian piano ovviamente, ma per farlo c’è bisogno sempre di un primo passo, come ad esempio hanno fatto alcuni gruppi come Wave In Transition a Napoli o Ways a Bari, proponendo tanti nomi della scena underground italiana e internazionale. Il nostro paese vanta degli ottimi talenti come Claudio PRC, VSK, Chevel, Alan Backdrop, per citare qualcuno tra i tanti giovani apprezzatissimi fuori dall’Italia e che rappresentano dignitosamente un movimento sempre più in crescita.
Passi che stai per compiere: quali sono i tuoi prossimi progetti?
Sono molto fiducioso per il futuro. STK002 è in dirittura d’arrivo, un EP di quattro originals che richiamerà il sound della prima release. Un altro EP con remix di Arnaud Le Texierper per la label russa “Wunderblock” è programmata invece per ottobre. Attualmente, inoltre, sto lavorando a un progetto diverso da “Synthek”, per una label newyorchese: sto sperimentando un sound più morbido, tra ambient, dub e downtempo, con un aka diverso che svelerò a release conclusa. Stay tuned!
Passi sinestetici: salutaci non con delle parole, ma con una traccia, non importa se tua o di altri.
E’ stato un piacere viaggiare nel passato, camminare nel presente e guardare al futuro con voi. Grazie mille e alla prossima!