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[tab title=”Italiano”]È sempre interessante parlare con personaggi come Claptone. Personaggi che hanno saputo scavalcare il confine tra underground e successo e che pertanto sanno affrontare con una particolare dialettica le questioni legate a forma e sostanza del materiale dance. Perché di una cosa dovete star certi: Claptone ha competenza, intuito, tecnica e contenuti. L’underground è un gioco che conosce bene ed è perfettamente in grado di rispondere alle sue esigenze come fanno i migliori. Nello stesso tempo, Claptone è il nuovo feticcio dell’hype che gira intorno alla dance. Merito dei singoli (l’ultimo, “The Only Thing” è in streaming qui) e di un album che sta per arrivare e che vi consigliamo caldamente, come l’ennesima prova di forza di una house sempre più confidente e padrona di sé stessa, capace di attrarre nuove fette di pubblico grazie a un linguaggio comprensibile a tutti. Prima di Claptone ci erano riusciti i Disclosure, recentemente. Prima dei Disclosure la lezione era quella degli Artful Dodger, degli Armand Van Helden, degli Eric Prydz. Tutti nomi che fan parte del patrimonio ereditario di Claptone, insieme alle tante altre ispirazioni che vengono fuori in questa intervista. Tanta classe e niente spocchia, come dovrebbe essere in tutti i casi.
“Charmer”, il tuo album di debutto, esce a metà ottobre e sarà una nuova tappa di quel percorso che in questi giorni sta orientando la house music verso modalità sempre più accessibili per il grande pubblico, percorso che sta andando avanti ormai da alcuni anni. L’album è stato pensato fin dall’inizio come disco da cui poter tirare fuori diverse potenziali hit da radio? Erano queste le intenzioni quando ci stavi lavorando?
Quando ho iniziato a pensare all’album, l’idea era quella di lavorare con cantanti che stimo molto personalmente. Cantanti con carisma, vocalist che fanno la differenza e sono differenti da quelli che senti in radio. Ho anche voluto sentire voci di personaggi che di solito non si sentono nelle normali produzioni house, come Nathan Nicholson dei The Boxer Rebellion, Jimi Tenor, Clap Your Hands Say Yeah, Jay-Jay Johanson, Peter, Bjorn And John. Non volevo scrivere una sequenza di canzoni da radio e chiamarla “album”, né fare un album che raccogliesse tracce da club. Volevo fosse un album in senso classico. Una collezione di pezzi correlati l’uno con l’altro, con un senso nel loro ordine e che puoi ascoltare in una sessione unica.
Come vedi la musica house al momento? Ancora in grado di funzionare nei club, così presente nelle compilation estive col suo lato più pop, usata dai negozi di abbigliamento per il suo lato più easy listening… Vedi questa flessibilità come una virtù?
La flessibilità è sempre una virtù. E anche la diversità. Mi piace almeno quanto mi piace la musica. Il che significa che non mi piace un solo genere, un solo stile. La bellezza della musica è la sua diversità, la scelta che hai, il fatto che tutti assorbono la musica nella loro vita in base al loro gusto personale. Quel che suona negativo nella tua domanda è più un problema legato all’hype, che nella musica c’è sempre ma cambia continuamente. Quelli che chiamiamo “trend” hanno un effetto-filtro su quel che viene prodotto e su quanti produttori vediamo. Tipicamente c’è un numero di produzioni commerciali che cresce man mano che monta l’hype su un genere diffuso tra gli opinion leader che cercano di diffondere il nuovo trend underground. Poi il genere scavalca la barriera del pop e pian piano la maggior parte degli ascoltatori perdono interesse. Ma in tutto ciò, ci sono sempre artisti che con la loro qualità e il loro carattere superano il test dell’hype, o comunque il test del tempo. I Beatles sono sopravvissuti al beat, Giorgio Moroder è sopravvissuto alla disco, i Nirvana sono sopravvissuti al grunge, Fatboy Slim è sopravvissuto al big beat e così via. Sentitevi liberi di continuare la lista: Claptone sopravvive alla deep house.
Molti lamentano il fatto che la house ha definitivemente perso la sua attitudine underground. Cosa rispondi a questo?
L’hip hop ha perso la sua attitudine underground diventando la principale musica commerciale di oggi? Il rock ha perso la sua attitudine underground quando gli Scorpions o i Pearl Jam hanno raggiunto il grande pubblico? È lo stesso con la house. Puoi trovare più uscite in una etichetta house che mai in passato. Il sound non è mai stato così diversificato. Parte della diversità nella house oggi è nei pezzi che scavalcano i confini di genere. Questo accade spesso perché sono scritti con formule note che puntano alle classifiche. Molti di questi pezzi però copiano pezzi che son già stati hit in passato, e ironicamente non saranno mai nuovamente hit. Altri pezzi scavalcano i confini perché sono scritti in modo accessibile, con carattere, aggiungendo nuovi eccitanti elementi al gioco. Personalmente amo questi pezzi allo stesso modo di un gran pezzo underground, anche perché nella maggior parte dei casi sono proprio pezzi underground che hanno abbattuto le barriere.
La tua musica ha entrambe le caratteristiche, ed entrambe sono sviluppate in maniera perfetta nell’album: c’è una precisa attitudine club e un netto appeal pop. Come gestisci questi due lati di te? È un equilibrio che cambia ogni tanto, in base alle cose su cui lavori?
Per l’album ho voluto creare canzoni, perché non penso che nei giorni in cui viviamo oggi ci sia davvero bisogno di un album puramente dance. La gente non ascolterebbe in streaming su iMusic un album dance, piuttosto ascolterebbe uno degli innumerevoli mix su SoundCloud o una playlist su Spotify. Sentitevi liberi di vedere il mio album come una playlist selezionata per un caro amico. Tuttavia non sto rinnegando le mie radici clubbing. Ci sono, sono nell’album e ho testato ogni singolo pezzo nei club, quantomeno nella sua versione Beatport, perché volevo essere sicuro che funzionasse su entrambi i fronti. Quindi hai ragione, c’è un equilibrio e punto a mantenerlo.
Se dovessi pensare a due grandi album house recenti, identifico il debutto dei Disclosure come il disco che ha acceso definitivamente la nuova onda dell’accessibilità house, e quello di Maya Jane Coles come quello che ha disegnato il miglior profilo soul della house recente. “Charmer” lo sento esattamente in mezzo a queste due visioni. Ti senti in qualche modo connesso con questi due artisti?
Sì e no. Mentre lavoravo su “Charmer” non stavo pensando troppo a questi due dischi, la mia ispirazione mi spingeva più a mettermi in contatto coi cantanti con cui avevo sempre voluto lavorare. Quel che ho fatto è stato scrivere personalmente a circa 100 dei miei cantanti preferiti, voci con le quali mi sento connesso, e ho riascoltato i loro capolavori. Questa è stata l’ispirazione diretta per il mio album. L’eredità generale che tu intuisci viene da decenni di musica e suoni che mi hanno fatto crescere e diventare quel che sono oggi. I Disclosure e Maya Jane Coles sono parte dell’ambiente che mi ha influenzato quanto lo sono i Beach Boys, i Kraftwerk, i Public Enemy e ogni uccellino fuori dalla mia finestra.
Ci sono un sacco di artisti che come te stan riuscendo a diffondere la house su un pubblico più ampio: i Dusky, Julio Bashmore, Tensnake, Bicep e tutti gli altri. Invece non mi viene in mente nessuno che faccia la stessa cosa con la techno. È come se la techno ci tenesse a restare rigorosamente underground, strettamente connessa al clubbing e alla relativa fan base. Tu hai una spiegazione?
Mi sento di obiettare, secondo me i Dusky e Julio Bashmore hanno una forte influenza techno, come anche i Chemical Brothers e Paul Kalkbrenner. Ma devo dire che sei un osservatore molto attento. Sta succedendo qualcosa alla techno oggi. Un sacco di dj – non solo quelli che producono house – oggi fanno techno, e mi viene da pensare che lo facciano perché vogliono sfuggire all’hype, al trend, alla morte. Lo trovo paranoico e autocosciente allo stesso tempo. Non dico che se sentono di voler suonare techno non dovrebbero farlo, ma è meglio non farsi spingere in qualcosa dai trend del momento. Sono contento di essermi lasciato personalmente alle spalle tutto questo, tutti i conflitti di genere e la pressione di dover essere cool, tutte quelle questioni di ego e personalità. Per apprezzare la musica devi innanzitutto aprire la testa, e poi devi anche saper ammettere che la musica non è tutto nella vita. La mia ispirazione viene anche dalle altre arti che assimilo, dalla gente che conosco. Dalla bellezza, l’amore, i drammi, la tristezza, l’odio e il disgusto che provo.
Ero tra il pubblico durante il tuo dj-set al Melt! quest’anno e ho apprezzato parecchio il modo in cui combini una ricerca musicale raffinata all’attenzione per l’intrattenimento del pubblico. La sensazione è che tu vieni dall’underground, ma sai che il pubblico oggi vuole anche vivere il dj-set come un’esperienza divertente, e tu provi a conciliare le due cose. È un’interpretazione compatibile col tuo carattere?
È assolutamente vero. È qualcosa legato al suono di Claptone, alla musica ovviamente. Ma non solo. Non mi piace la parola “intrattenimento” perché è troppo vicina all’idea di recitare, fingere, e io non fingo, io sono davvero così come mi si vede. Ma ci tengo che la gente abbia un’esperienza che resti quando mi esibisco. Li voglio coinvolgere emotivamente e farli entrare a far parte del mondo Claptone.
Sei venuto fuori dalla scena berlinese pochi anni fa e rapidamente sei diventato uno dei nomi più “hype” della scena dance. Probabilmente quasi tutti i giovani producer di oggi vorrebbero sapere come si fa a riuscirci. Cosa puoi dirgli? Esiste un segreto per conquistare la scena musicale internazionale di oggi?
Eccolo di nuovo, l’hype. Preferisco pensare che sia la fortuna, il talento, il genio, il duro lavoro e l’amore per la musica che han fatto di Claptone quel che sono oggi. Sento ancora che il Claptone di 50 anni fa non era una persona differente, come non lo era 200 anni fa. Non mi piace dare consigli perché non mi sento in posizione di poter predicare alcunché. E poi i segreti mi piacciono, mi permettono di evitare di parlare troppo.
Come hai sviluppato la connessione con gli artisti che hanno collaborato nel tuo album? E quanto è grande l’importanza del loro contributo ora che l’album è finito?
La connessione era già nella musica che stavano facendo, la mia musica preferita dell’ultimo paio d’anni: “Watermelon” di Nathan Nicholson con gli The Boxer Rebellion, Jay-Jay Johanson col primo album “Whiskey” e Clap Your Hands Say Yeah col loro spettacolare “Satan Said Dance“, “Year Of The Apokalypse” di Jimi Tenor. Tutte canzoni che adoravo. Li ho approcciati in un modo molto retró, ossia contattandoli di persona. Gli ho scritto lettere, email, o gli ho parlato di persona ove possibile. La loro presenza e il loro carattere unico alla fine sono stati molto importanti per il mood complessivo. Non volevo cantanti da studio, volevo personaggi veri e propri. Questi dovevano essere gli artisti che avrebbero dato voce alla mia musica. Ed è questo che volevo davvero. Quando suonavo non davo loro alcun suggerimento su come la parte cantata sarebbe dovuta essere. Quel che è venuto fuori per me è stata pura rivelazione. Tutto è semplicemente cascato nel modo giusto. Ho sentito subito che le parole combaciavano perfettamente con la mia musica, hanno aggiunto lo strato emozionale ma anche quello sociale e politico che avevo bisogno.[/tab]
[tab title=”English”]It’s always interesting to speak with characters like Claptone. Characters that manage to cross over the border between underground and global success, that can face in a clever way all topics related to form and substance of dance music. Because you can be sure about this: Claptone has competence, intuition, technique and contents. He knows how to play the underground game and could perfectly meet all his need, like a master. At the same time, Claptone is the new preference of dance hype. Because of his singles (last one, “The Only Thing”, is here in streaming) and because of a debut album that we strongly recommend, as a new evidence of house music’s confidence and self-awareness, that can attract new people with its easily intelligible speech. Before Claptone, this was the merit of Disclosure. Before Disclosure, the lesson was spread by names like Artful Dodger, Armand Van Helden, Eric Prydz. All names that belong to Claptone’s background, together with all the other inspirations that come up in this interview. A lot of style and no haughtiness, as it should always be.
Your debut album “Charmer” is out on mid october, and it will be a new milestone in the process that is making house music every day more accessible for the bigger audience, process that is going on since some years ago. Was it supposed to be an album with several potential hits for radio? What were your intentions while working on it?
When planning the album I had the idea of working with singers that I personally like a lot. Singers with charisma, vocalists who make a difference and are different to what you would usually hear on the radio. Also I wanted to hear voices with character whom you don’t hear or on a every house music record like Nathan Nicholson of The Boxer Rebellion, Jimi Tenor, Clap Your Hands Say Yeah, Jay-Jay Johanson, Peter, Bjorn And John. Moreover I did not want to write a bunch of radio songs and call it an album, nor did I want to produce an album which compiles club tracks. It needed to be a classic album. A collection of works that relate to each other, that make sense in their order and something you can listen to in one go.
How do you see house music right now? Still able to excite in the clubs, present in summer compilations with its poppy side, on air in clothes shops with its easy listening side… do you see this flexibility as a plus?
Flexibility is always a plus. And I like diversity too. In fact I like it almost as much as I like music. That means I don’t only like one genre, one style. The beauty of music is it’s diversity. the choice you have and that everyone incorporate music in their very own lives based on their personal taste. What sounds so negative in your question is more a problem of the permanent but every changing hype in music. The so called trend has a filtering effect on what’s being released and by whom and how many it’s produced. There will be more and more commercial productions under a certain hyped up genre leading to the opinion leaders trying to find a new exciting underground music trend. Same time that genre crosses over into Pop music, finally the majority loses interest the genre dies. But the upside of the story is that some artists and music with quality and character stand the test of hype, the test of genre or how it’s generally put; the test of time (at times). The Beatles survived Beat, Giorgio Moroder survived Disco, Nirvana survived Grunge, Fatboy Slim survived Big Beat and the list goes on. Feel free to add ‚Claptone survives Deep House‘.
Some people complain that in this way, house music has definitely lost its underground attitude. What do you answer to this?
Did Hip Hop lose it’s underground attitude when becoming the biggest commercial music of today? Did Rock music lose it’s underground edge only because the Scorpions or Pearl Jam cater to a bigger audience? It’s the same with house music. You can find more releases with a House label stuck to them then ever. The sound has never been more diverse. Part of that diversity in house music are tracks that cross over. This is either because they are written on basis of a predictable formula which aims at the charts. Most of these tracks just copy a big hit though and ironically never become a big hit themselves. Or certain tracks cross over because they are quite accessible while having a lot of character and bring something new and exciting to the game. I personally like these tracks as much as I like a great underground track, cause in the end many of them are just great underground tracks that crossed over.
Your music has both side, and both them are perfectly developed in your album: your music has a precise clubbing attitude and a clear pop appeal. How do you manage these two sides of you? Does this balance change sometimes, depending on what you are working for?
When working on the album I wanted to create songs, because I don’t think the times in which we live in need a pure club album. People would not stream a club album from iMusic, they either listen to one of countless DJ Mixes on Soundcloud or the listen to a playlist on Spotify. Feel free to view my album as great playlist compiled by a dear friend. I am not denying my club roots on this album though and tested every song in it’s Beatport Version on the record in the club too, cause I really wanted to make sure it works on both levels. In so far you are right, there is a balance and I keep it.
If I have to think to two recent great house albums, I can identify Disclosure’s debut album as the one that opened up completely the new wave of accessible house, and Maya Jane Coles’s one as the album that drew the best soulful attitude of recent house. I see “Charmer” in the perfect middle of these two house visions. Do you feel somehow artistically connected with these two artists?
Yes I do and No I don’t. When working on ‚Charmer‘ i didn’t waste on thought about these 2 albums, my inspiration was much more the possibility to connect with singers I always wanted to work with. So I personally wrote about 100 of my favorite singers, voices I feel connected with and listened to their masterpieces again. This has been my direct inspiration for the album. The overall inspiration as you might guess comes from decades of music and sound which has brought me up and made me what I am today. Disclosure and Maya Jane Coles are part of that sonic environment which made me as much as the Beach Boys, Kraftwerk, Public Enemy and every there bird outside my window.
We could name a lot of artists like you, that are trying to let house music work for all kind of listeners right now: Dusky, Julio Bashmore, Tensnake, Bicep and many others. But I don’t remember nobody that is trying to do the same with techno. It seems that techno music wants someway to stay underground, strictly connected to clubbing and to his fan base. Do you have an explanation for this?
I would strongly object. Dusky and Julio Bashmore for me have strong techno influences as have the Chemical Brothers, Paul Kalkbrenner and many others. But you are a very good observer. Something is up with Techno today. A lot of DJs and not only these that produce House now play Techno and I tend to think it’s because they feel they have to escape the hype, the trend, their death. To me this seems paranoid and a little self conscious at times. I am not saying that if they feel they wanna play techno they shouldn’t, but don’t let yourself be pushed into something because of trends. I am just glad that I left all that thinking behind me, all the Genre conflicts and pressure of being cool, all that personality and ego cult. To enjoy music you first of all need an open mind and then you need to admit that music is not everything in life. The inspiration for my music comes also from the art i digest, but most of from the all the people i meet. From from the beauty, the love, the drama, the sadness, the hate and disgust I experience.
I was in the crowd in front of you at Melt! festival this summer and I really loved the way you combine fine musical selection and attention to audience entertainment. It looks like you come from the underground but you perceive that people today need also to enjoy a dj set as a fun experience, and you try to reconcile both things. Is it an interpretation that fits with your temper?
That is absolutely true. It’s about the sound of Claptone, the music obviously. But not only. I don’t like the word entertainment a lot cause it’s too close to acting, pretending and I don’t act, I mean it. But I want the people to have a memorable time when I play. I wanna involve them emotionally so they become part of the Claptone world.
You came out from Berlin scene few years ago and quickly you became part one of the most hyped and awaited acts of dance scene. It’s easy to guess that almost all young producers today would love to know how to do that. What can you tell them about? Is there a secret key to win over the international music scene today?
There it is again, the hype. I would rather say it was luck, craftsmanship, genius, hard work and the love of music that made me the Claptone that I am today. I still feel the Claptone 50 years ago was not such a different person, as was the Claptone 200 year ago. I never liked to give advice, cause I don’t see myself in a position to preach to others. I also like secrets which keeps me from talking too much.
How did you develop the connection with all the artists that collaborated in your album? And how important do you feel their presence for the mood of the album?
The connection was there tru the music they were doing, my favorite music in the last couple of years: “Watermelon” by Nathan Nicholson’s with band The Boxer Rebellion, Jay-Jay Johanson with his first album “Whiskey” and Clap Your Hands Say Yeah with their amazing “Satan Said Dance“, Jimi Tenor’s “Year Of The Apokalypse“. Songs that I loved. I approached them in a very old fashioned way, I personally contacted them. I wrote them letters, emails and ask them in person where possible. Their presence and unique character is very important for the overall vibe. I din’t want any studio singers I wanted characters. These artists give my music a voice. And I really mean that. When playing them music I didn’t supply any guidelines as to how the lyrics should be or anything. What they came back with from writing was a revelation. Everything just fell into place. It instantly felt like the words fit my music, they added the emotional as well as social and at times political layer which was needed.[/tab]
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