Giorgio Gigli, Clockwork, Avatism e Chevel sono alcuni degli artisti che maggiormente abbiamo seguito negli ultimi anni tra i protagonisti della nostra scena elettronica, dedicando loro numerose delle nostre pagine tra interviste, podcast e recensioni. La ragione per cui, spesso e volentieri, abbiamo scelto di puntare su questo quartetto (che oggi vi presentiamo come tridente, dicendo la nostra sull’album d’esordio dei CW/A) è perché siamo fermamente convinti che i risultati raggiunti siano figli di qualità e capacità fuori dall’ordinario.
Oggi Suoni & Battiti prende “The Right Place Where Not To Be”, “Words Unspoken, Acts Undone” e “Blurse” e vi dice perché, secondo noi, dovreste ascoltarvi queste raccolte.
[title subtitle=”Giorgio Gigli – The Right Place Where Not To Be (Electric Deluxe)”][/title]
A dispetto di un’ironia trascinante e un sorriso a trentadue denti stampato sempre sul suo viso, chi ha avuto modo e il piacere di confrontarsi con Giorgio Gigli non avrà potuto fare a meno di percepire in lui un certo ascendente per il “distopico”. Questa non rappresenta una caratteristica inusuale per gli artisti che, come Gigli, adorano esplorare e confrontarsi con quella techno dalle tinte nere e dalle melodie liquide che ha avuto da sempre nella scena capitolina il suo cuore pulsante, ma gli va dato atto di essere riuscito a fare di questo “stato d’animo musicale” un vero e proprio manifesto artistico molto meglio di altri.
Per questa ragione non sorprende affatto la scelta di intitolare la sua raccolta d’esordio, un lavoro tanto atteso quanto meticoloso, “The Right Place Where Not To Be”, il posto giusto dove non essere. Quella che l’artista romano ha a più riprese dichiarato di considerare una sorta di biografia, la colonna sonora della sua vita, altro non è che la via scelta da Gigli per raccontarci un mondo surreale, dove l’essere umano e il mondo animale non hanno più ragione di essere e il loro posto è stato preso da piante e minerali. Attraverso la sovrapposizione di pads atmosferici, veri protagonisti dell’intera raccolta insieme ai beat ossessivi e alla basse frequenze pulsanti, Gigli colpisce, rapisce e trascina l’ascoltatore all’interno di questo mondo immaginario, dove l’atmosfera densa e tremante arresta la corsa del tempo e privano di significato qualsiasi riferimento geografico.
La minuziosità con cui Gigli arricchisce di dettagli la sua opera fa sì che questa risulti viva e credibile nonostante il concept visionario scelto dall’artista. “The Right Place Where Not To Be”, impreziosito da un artwork suggestivo, non è solamente l’ultimo step di un percorso lungo e ricco di uscite che nell’ultimo bienni ha visto Giorgio Gigli in costante attività, ma soprattutto la chiosa finale ideale al quel progetto Zooloft rimasto pendente dall’ultimo EP uscito nel 2012 e che ha rappresentato la miglior palestra possibile per l’artista romano.
[title subtitle=”CW/A – Words Unspoken, Acts Undone (Parachute Records)”][/title]
Nonostante siano tangibili ambedue le identità artistiche che già abbiamo imparato ad apprezzare, uscita dopo uscita, “Words Unspoken, Acts Undone” rappresenta un grosso e deciso passo in avanti per Francesco Leali e Thomas Feriero, che dopo un paio d’anni di collaborazione hanno deciso di mettersi alla prova con la sfida artistica più dura: produrre un album e costruirsi una credibilità musicale ancor più solida, attraverso la definizione di uno stile tangibile e di un suono maturo. La loro prima raccolta, primo long-play anche per il catalogo della label di cui sono al timone, Parachute Records, centra l’obiettivo senza sbavature e supera la prova a pieni voti. Se da un lato, infatti, è innegabile come l’intero album riesca ad attingere in modo intelligente (e senza vergogna) dai punti di riferimento scelti da Clockwork e Avatism per il loro progetto, dall’altro “Words Unspoken, Acts Undone” è un lavoro ancorato come meglio non potrebbe al presente.
Già il presente, perché se c’è una cosa che viene declinata al meglio nell’album di CW/A, quella è la UK jungle su cui sta vertendo la scena techno e che avevamo sporadicamente assaggiato nel recente passato (ad esempio Tessela su R&S Rercods). Non mancano nemmeno quelle suggestioni dub a cui gli artisti spesso si affidano per variare e arricchire i propri LP, ma anche queste riescono a non appiattirsi mai, suonando ‘90ies come i Warp a cui siamo maggiormente affezionati e che, verosimilmente, rappresentano il background dei due artisti.
Sarebbe sbagliato pensare a “Words Unspoken, Acts Undone” come un disco d’esordio vero e proprio, in fondo sia Clockwork che Avatism sono due artisti piuttosto navigati e con due discografie già molto interessanti, ma se pensiamo a CW/A come a una diversa valvola di sfogo a sé stante delle loro personalità, allora non possiamo che compiacerci della solidità della loro techno e di quanto questa riesca ad interpretare al meglio la voglia di novità del pubblico più curioso.
[title subtitle=”Chevel – Blurse (Stroboscopic Artefacts)”][/title]
Quando mi è capitato di chiedere a Dario Tronchin cosa pensasse di questa nuova, grande tappa del suo percorso, ora che è chiamato a portare in tour il live di “Blurse”, il suo nuovo album, la sua risposta è stata una cosa del tipo: “È una bella sfida, anche solo per il fatto di restare sempre e costantemente concentrato durante tutta la durata del live”. Sebbene questa possa sembrare un’ovvietà, in queste poche parole traspare l’attitudine dell’artista trevigiano al rigore e alla meticolosità, prerogative che caratterizzano da sempre le sue uscite – indipendentemente dalla piattaforma che ha scelto di produrle e nonostante la giovane età – e che gli hanno permesso di produrre nel tempo EP e album concettuali e dall’estetica rigorosa.
A farla da padrone all’interno di questa nuova opera, come tra l’altro è successo in diversi dei suoi lavori, è il desiderio di esplorare le potenzialità degli intrecci ritmici attraverso un lavoro sulle percussioni degno di un veterano. È proprio questa costante ricerca a creare un punto di contatto tra Chevel e Lucy; una sinergia che altrimenti non avrebbe avuto, con tutta probabilità, ragione d’essere vista l’oggettiva “distanza musicale” tra il giovane italiano e Stroboscopic Artefacts. Ma la cifra tecnica, in “Blurse” come “Air Is Freedom” e “One Month Off”, è talmente alta da scavalcare il muro del genere e da porre il confronto solo ed esclusivamente su quello dell’attitudine. Ed è in questo campo che Chevel pone un gap significativo tra sé e buona parte dei produttori a lui spesso paragonati, trovando in Lucy un grande sostenitore: il desiderio di andare a fondo e fornire un di quadro completo di come sia possibile utilizzare gli elementi ritmici è più forte del richiamo del dancefloor, trasformando kick & Co. nei soggetti su cui porre la lente d’ingrandimento e non nei mezzi da utilizzare per ottenere una reazione dal pubblico.
Concordi o meno con questa scelta, Chevel sembra ripercorrere le orme di Pearson Sound e della sua omonima raccolta uscita a inizio anno. Ecco, se avete apprezzato un lavoro come quello, troverete in “Blurse” un disco che fa per voi.