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Ad un mese dall’ultima recensione in back-to-back, che aveva avuto come protagonista l’ultima fatica di Loco Dice “Underground Sound Suicide”, torniamo con le nostre “chiacchierate a quattro mani” per discutere del nuovo lavoro di Grimes, “Art Angels”. L’album, che ha visto la sua release lo scorso 6 novembre, ha lasciato perplessi un po’ tutti:
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non solo i fan della cantante canadese che si sono trovati davanti qualcosa di completamente differente dal precedente “Visions”, ma anche noi. Abbiamo quindi voluto affidare l’analisi di “Art Angels” ai nostri Mattia Grigolo e Costanza Antoniella, maestro e allieva dalle opinioni contrastanti.
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Grimes è sempre stata quella di Oblivion. Partirei da questo punto. Mi spiego meglio: quella canzone racchiude, a mio parere, il concetto su cui si basa l’intero suo personaggio, prima ancora che la sua musica. Almeno fino ad oggi. Grimes senza il personaggio di Grimes non esiste. Ecco, trovo che nell’ultimo disco, il divario fra il suo personaggio e la musica che lo accompagnava si è triplicato. Grimes è sempre stata pop, ma lo è stata nel suo modo particolare e – a mio vedere – genuino. ‘Oblivion’ è pop, ma non lo è. ‘Vision’ è pop, non è synthpop, ma allo stesso tempo non è pop. È sempre stata questa la cosa che mi ha affascinato di lei: l’essere il non essere. Ora lei dice di odiare tutti i suoi lavori precedenti e prende le distanze dal suo personaggio, però io non ci vedo una maturazione. Ci vedo un capriccio.
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Invece è proprio questo quello che mi fa pensare ad un processo di maturazione e mi spiego: Grimes è Oblivion e su questo sono pienamente d’accordo, ma sono anche dell’idea che ad un certo punto – soprattutto se si è giovani come Claire Boucher – un artista debba “sperimentare” altre vie, per far capire al proprio pubblico che sì, sa fare quel tipo di musica, ma sa farne anche un altro.
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Mi piacerebbe sapere quanti di quelli che hanno apprezzato ‘Art Angels’ lo troverebbero ugualmente bello se a comporlo non fosse stata ‘quella’ Grimes? La Claire Boucher di quest’ultimo disco non è Grimes. Lei è sempre stata brava ad affascinare. Al di là della sua personalità esplosiva, i suoi colpi di genio, anche le sue canzoni sono sempre state per tutti – e con quel ‘per tutti’ intendo sia chi è più vicino alle sonorità pop, che chi ci si discosta –
Questa Claire Boucher è un’altra cosa. Mi/ti chiedo se veramente il processo che ha percorso per arrivare ad ‘Art Angels’ sia davvero uno sperimentare nuove strade, oppure semplicemente prenderne una già battuta e più semplice da percorre. Anche economicamente.
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Beh, trovo che all’interno di questo album i tratti distintivi di Grimes – di “quella” Grimes – ci siano tutti, ma messi insieme in un ordine diverso. C’è la sua inconfondibile voce che, a differenza dei brani che troviamo in “Visions”, talvolta viene lasciata “al naturale” senza effetti, per farci capire che oltre ad urlare sa anche cantare.
Ci sono i synth e i riverberi, ma tutto è usato in maniera differente, sperimentando quello che per lei è un suono nuovo, che può non piacere o che può essere già stato visto, ma che onestamente non delude le mie aspettative. Il punto sul quale si gira attorno mi pare sia comunque sempre lo stesso: se avesse fatto un lavoro simile al precedente, allora le si sarebbe recriminata la poca creatività, facendo qualcosa di completamente diverso, forse un pelo più conforme ai gusti della massa, allora ha fatto troppo. Non pensi che proprio il suo essere “senza mezze misure” l’abbia portata alla realizzazione di un disco come “Art Angels”?
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Sicuramente. Non metto in dubbio che il suo essere senza mezze misure possa averla portata a realizzare un disco del genere. Quello che metto in dubbio – a questo punto – è se davvero è senza mezze misure. Comunque, io non dico che il disco è brutto, perché non lo è. Ammiro la quantità di generi che è riuscita a mettere nel sacco (la new wave, la dnb, spruzzate di elettronica e candeline noise) ma, da una parte, è proprio questo mi delude e che mi porta da un’altra parte. Troppa roba. Perché? Ripeto, non è brutto, paradossalmente canzoni come ‘SCREAM’ e ‘Flesh without Blood’ non mi dispiacciono, anche se sono lontano dal definirle belle. Roba come ‘California’, la stessa ‘Artangels’, oppure ‘Belly of the Beat’, beh non la posso ascoltare.
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Non ci avevo pensato a chiedermi se “Art Angels” sia un disco senza mezze misure. Beh, da un certo punto di vista mi viene da dirti sì. Pensaci: Grimes ha sempre fatto un certo tipo di pop non pop (come l’hai definito anche tu) inconfondibile, “suo” al 100% e poi si è stancata; essendo comunque parecchio giovane, ci ha dato un taglio e ha deciso di sperimentare quello che per lei è qualcosa di davvero diverso, che magari per un altro artista può essere invece pane quotidiano. Cosa ne viene fuori? Per me un bel disco, con brani semplici come possono essere “Artangels” o “California” e altri un po’ più complessi che necessitano di più di un ascolto per essere apprezzati e capiti fino in fondo, vedi “SCREAM” e “Venus Fly”. Non pensi che il giocare con più sonorità sia un modo per lei per capire su quale ha voglia di concentrarsi per i prossimi lavori, oppure semplicemente la tattica giusta per abbracciare un pubblico più vasto ed eterogeneo?
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Ciò che vedo io è un disco con una buona produzione alle spalle, un’artista che rinnega il suo passato a favore di qualcosa che la connette direttamente a ciò che era già, ma in un modo più garbato. Vedo un disco a metà strada fra quello che avrebbe potuto essere e quello che non è stato. Detto questo, secondo me è un colpo di testa, un capriccio che voleva togliersi. Domani si sveglia e dice: ok, torniamo indietro. Io lo spero.
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