La notizia sta rimbalzando ovunque: se non siete proprio sepolti in una caverna dove non arrivano wi-fi o 3G, e se proprio un minimo vi interessa la musica non beceramente mainstream, la line up del Primavera Sound di quest’anno l’avrete letta un po’ dovunque. Non solo l’avrete letta: molto facile che l’abbiate pure apprezzata (e vi stiate attrezzando per comprare il biglietto). In effetti è forse la miglior line up che il festival catalano abbia mai messo in campo: per capacità sue, per act che si riuniscono (LCD Soundsystem), chicche fantastiche (John Carpenter), modernariato tanto impolverato ma per cui non puoi non intenerirti (Brian Wilson alle prese con “Pet Sounds”), live importanti che riprendono a girare e che possono non interessare minimamente solo agli snob ad oltranza (Radiohead, Sigur Ros, PJ Harvey, Animal Collective, Moderat, Air).
Che poi, non bisogna soffermarsi solo sul primo paragrafo, quello dei nomi più altisonanti: anche scendendo giù giù nella lista di cose adorabili e che meritano di essere viste ce ne sono parecchie. Tipo che il secondo blocco si apre con Kamasi Washington, e butta via. Sì, sì, lo sappiamo: se si è puristi jazz e se questa musica la si mastica veramente a fondo, il sassofonista protetto da Flying Lotus piace sì ma lascia qualche perplessità; però ecco, che il jazz rientri al Primavera Sound è una buona notizia per tutti. A prescindere.
E’ una buona notizia anche l’entusiasmo praticamente unanime che c’è in giro, eh sì. Con buona pace dei pochi, isolati corvi. Perché vuol dire che un evento che evita attentamente le scelte più facili e commerciali (cosa che il Coachella ad esempio non fa: non è un’accusa, è una constatazione) riesce comunque suscitare entusiasmi veri, diffusi, innocenti, numericamente molto consistenti. Perché noialtri che seguiamo le musiche “altre” abbiamo una cosa da imparare dal mainstream: l’entusiasmo. Entusiasmo che gli eventi mainstream sanno dispensare a piene mani: la gente va lì, va ai concerti di Biagio Antonacci, di Laura Pausini, di qualche emergente starlette dell’EDM e, accidenti, si diverte. Divertimento facile? Divertimento dozzinale? Sì, ok. Ma intanto è divertimento.
Tendenzialmente chi legge queste righe, chi segue Soundwall, chi segue un certo tipo di magazine musicali on line o cartacei – che sono quelli che coprono i nomi che ogni anno riempiono il cartellone del Primavera Sound – cerca di evitare le cose dozzinali: non lo soddisfano. Bene. Ottimo. Bisogna essere orgogliosi di questo: avere dei gusti più evoluti, più sofisticati è sempre una cosa preziosa e che va sottolineata, apprezzata, valorizzata. Ma questa consapevolezza di una passione meno superficiale per l’offerta musicale mondiale non deve trasformarsi in snobismo blasé in servizio permanente effettivo. Perché allora veramente è meglio Guetta, e soprattutto è meglio il suo pubblico. La musica serve prima di tutto per stare bene e dare soddisfazione; non è un mezzo per far vedere quanto si è più intelligenti degli altri. O no?
Quindi ecco, viva il Primavera. Viva un festival che quest’anno ha trovato veramente la quadratura del cerchio come non mai, con una ricognizione a trecentosessanta gradi di varie scene musicali (spunta perfino un Maceo Plex – sono andati veramente dappertutto…) e una quantità di act che promettono di essere veramente qualitativi… o per lo meno, ti fanno venire l’acquolina preventiva in bocca. Acquolina, ed entusiasmo. Mai come quest’anno. Criticare è giusto, essere attenti ed esigenti è fondamentale: ma l’entusiasmo è e rimane sempre il traguardo più bello che c’è. Quando è alla portata, non è una colpa approfittarne. Complimenti al Primavera Sound: a chi l’ha fatto, a chi lo sta facendo, a chi andrà a vederlo, a chi ci porterà il suo entusiasmo. Ci sono stati e ci sono motivi per criticare alcuni aspetti suoi e del suo pubblico, come per qualsiasi altre situazione nel globo terracqueo (e sottolineiamo: qualsiasi); ma quando le cose sono fatte a modo arriva il doveroso momento degli applausi. Degli applausi, del supporto, dell’esserci, del contribuire. Anche perché è così – guarda un po’ – che le cose crescono. Mica bastano le critiche, per avere un mondo migliore. Servono, sono fondamentali, ma non bastano.