Deejay dal 2007 e producer dal 2012 Elisa Bee è una delle ragazze più promettenti e allo stesso tempo impegnate del momento perché oltre a tutto ciò è ancora oggi una delle colonne portanti del programma radiofonico “Babylon” in onda su Radio2 ogni sabato notte. Sarda di nascita ma milanese d’adozione, Elisa tira fuori il suo primo EP del 2016 intitolato “Part Four”, presto disponibile su Booty Call Records. Quattro tracce caratterizzate da campioni rimbalzanti, parti vocali, un vero e proprio richiamo alle vecchie drum machine e di conseguenza un vibe house e techno che possiamo respirare anche nella traccia “The Same”, la prima dell’EP che è stato definito da lei stessa prettamente dedicato al club.
Nonostante “The Same” sia un disco che sta tra house e techno, possiamo captare comunque le varie influenze di questa artista e un esempio è sicuramente il vocal di impronta “ghetto” che rimanda al suo interesse per l’hip hop e per la house anni ’90. Tutto ciò è anche la conseguenza della sua passione nel collezionare dischi di più generi e nello sperimentare il sound del passato in chiave moderna. La traccia si apre con la parte vocale e con un groove che dopo un minuto verrà rafforzato grazie all’ingresso della cassa, degli hi hat, e della clap di natura Roland. Molto belli gli strings che spezzano la parte strumentale più techno e danno quel tocco house, aprendosi poi a circa metà per dare vita alla pausa, caratterizzata anche da un giro di synth che durerà per quasi tutto il disco. Dunque una traccia “pulita” che guarda senza tanti fronzoli il dancefloor e svolge egregiamente il suo lavoro ma soprattutto che farà felici tutti quelli che amano mescolare nei propri set sonorità differenti e di richiamo all’old school come nel caso della stessa Elisa Bee che abbiamo incontrato per parlare del suo lavoro e di questo EP.
Dal 2011 sei parte integrante del programma radio “Babylon” in onda ogni Sabato notte su Radio2. In cosa consiste esattamente il tuo lavoro?
Il mio compito è quello di produrre il programma. Ricevo ogni settimana la scaletta della puntata del sabato, che dura due ore; tutti i brani che scegliamo di mandare in onda vengono distribuiti al suo interno in gruppi da due, tre o singolarmente. Quindi mi occupo di editare ogni brano per farlo rientrare dentro il minutaggio che mi viene indicato in scaletta. Il mio lavoro è molto tecnico, un taglia e cuci continuo, ma fatto in modo che sia impercettibile e renda il tutto il più fluido possibile. Produrre “Babylon” è bello proprio perché mi permette di entrare dentro ogni singolo pezzo scomponendolo e ricomponendolo. Mi occupo anche di compilare una time table che servirà poi alla regista per indicare al nostro conduttore quando entrare e quando uscire col parlato. Ogni settimana ognuno di noi ricerca i pezzi più freschi usciti negli ultimi giorni, condividendoli con gli altri e avendo tutti gusti e propensioni diverse il risultato poi è quel variegato di bella musica che potete sentire on air!
Trasferirti a Milano è stata una scelta per poter continuare in modo più serio e a tempo pieno il tuo lavoro? Sono curioso di chiederti com’è la scena dei club in Sardegna.
Si, trasferirmi a Milano è stata una scelta esattamente di quel tipo. Ho iniziato in Sardegna e ho portato il mio dj set in giro per un anno circa, poi quando ho capito che avrei voluto continuare a tempo pieno ho dovuto fare le valige e andare via. Nella mia città, Alghero, una scena “club” non esiste, in realtà non credo esista alcuna scena se non quella popolata da cover band e djs che propongono musica commerciale nelle discoteche in città e provincia. Qualcuno ha provato a creare qualcosa di alternativo, pur con tante difficoltà, ma senza insinuarsi in maniera stabile o creare una scena. Il quadro è diverso a Cagliari, dove invece ci sono situazioni anche molto avanti rispetto alla media italiana e il clubbing è una consolidata realtà. Ad Olbia qualcosa vedo muoversi grazie ai ragazzi della crew Machete, e sempre nella parte est dell’isola ci sono dei grossi club che seguono programmazioni serie. Un tempo il reggae era molto presente, ma sono tanti anni che non seguo più la scena (anche se rimango amante del genere), quindi non sono aggiornata!
“Part Four” è il tuo prossimo EP su Booty Call Records. Il titolo ha un significato preciso? Inoltre come nasce questo EP e nello specifico “The Same” la prima traccia all’interno di esso?
Ci sono delle parti precedenti, ma ho deciso di partire da questa per diversi fattori, legati fortemente a interessi e pensieri della sottoscritta: il 4 è il mio numero, il giorno in cui sono nata, mi affascina il fatto che sia associato alle stagioni, ai punti cardinali, ai quattro elementi; inoltre ultimamente ho dedicato gran parte del mio tempo a letture che riguardano la quarta dimensione introdotta da Einstein con i suoi studi, ovvero quella del tempo. L’EP è nato spontaneamente come prolungamento del mio dj set, che ultimamente si orienta verso suoni analoghi, quindi “ghetto” con influenze techno, house e hip-hop. “The Same” nasce come una gara fra kick e tom, incitati da clap e hats. È una corsa verso un climax che porta dalla durezza della prima parte alla beatitudine della seconda, che ci accoglie con strings tipici dell’house vecchia scuola e stabs ipnotici che aggiungono un moto ondulatorio al mood generale.
So che sei amante del suono old school e delle vecchie drum machines. Puoi raccontarci cosa hai usato maggiormente per questo EP?
Ho usato maggiormente suoni dalla famosa famiglia Roland: 808 e 909 soprattutto, con qualche intrusione di 505, 606 e 707.
Questo disco ha un intento particolare? Mi sembra che abbia un’identità propria e che si differenzi molto rispetto agli altri tuoi lavori. C’è stato un cambiamento anche dentro di te o ti ha ispirato qualcosa in particolare?
Non c’è alcun intento, se non far venire fuori quello che mi piace e che voglio proporre anche durante i miei dj set. Ogni mio lavoro si differenzia dall’altro, in certi casi perché è frutto di una collaborazione con artisti diversi, in altri perché mi piace ascoltare, farmi influenzare, assorbire da tante cose, mi affascinano i concetti di evoluzione continua e continuo mutamento. Diciamo che mi lascio trasportare dal mio gusto, dalle mie sensazioni, da quello che mi piace di più in un dato momento. Nel caso di “Part Four”, come ho accennato prima, sono stata fortemente ispirata dal mood “ghetto house” (ad esempio da labels storiche come Dance Mania, Chicago Bad Boys Records e più contemporanee come la stessa Booty Call), che mi piace associare a suoni più techno e dark.