Per chi segue anche solo un po’ la scena drum’n’bass, Andy C non può che essere considerato una leggenda: è uno dei pochi, se non forse l’unico, a far parte della scena fin dai suoi inizi e a mantenere un livello altissimo tuttora, visto che i suoi set sono ancora letteralmente incendiari, ma non solo: la sua RAM Records è al tempo stesso una delle etichette più rispettate dai puristi e una di quelle a ottenere il riscontro di pubblico più vasto, grazie alla varietà enorme del suo catalogo. Poco prima della sua partecipazione allo Snowbombing e poco dopo la sua esibizione all’Alexandra Palace, storica venue londinese dove si sono esibiti, tra gli altri, i Rolling Stones, i Led Zeppelin e i Blur, siamo riusciti a scambiare quattro chiacchiere con lui al telefono, e l’entusiasmo e la passione che ci ha trasmesso sono davvero fuori dal comune per uno con alle spalle più di vent’anni di carriera.
Allora, prima di parlare di qualunque altra cosa, il primo argomento di cui sono curioso è sapere com’è andata la tua data all’Alexandra Palace la settimana scorsa.
E’ andata benissimo, è stata una delle cose più fighe che abbia fatto in tutta la mia vita, non riesco a credere che sia già passata una settimana! Era pienissimo e c’era un’energia davvero incredibile in tutta la sala, è stato davvero fantastico.
Grande, sono contento di sentirtelo dire, anche perché credo sia stato un posto piuttosto inusuale dove suonare, almeno rispetto ai club o ai festival dove suoni di solito, ed è uno dei temi di cui volevo parlare con te, visto che probabilmente avrai suonato in posti estremamente diversi tra loro, quindi: com’è fatta la tua location ideale, quella dei tuoi sogni?
Credo che ogni posto abbia qualcosa che lo rende speciale, voglio dire, adoro suonare nei club nel periodo dall’autunno alla primavera, ma mi piacciono un sacco anche i festival in estate, non credo che esista un singolo posto ideale ma che piuttosto fintanto che c’è tanta gente e tutti hanno voglia di fare festa, quella è la situazione ideale. Credo che la mia situazione ideale dipenda più dal “vibe”, dalla presenza della gente giusta e dell’entusiasmo giusto, della voglia di far festa.
Parlando di “vibe”, che è in effetti quello che un dj cerca di influenzare maggiormente durante un party, tu sei famoso per la quantità enorme di dubplates e edit unici che si possono sentire solo in un tuo set: quanto tempo dedichi alla preparazione di queste versioni speciali? Che parte occupa questo lavoro nella tua vita di tutti i giorni?
Sai, una buona parte della mia vita di tutti i giorni consiste nell’andare in studio e scrivere pezzi e cose del genere, e questo già di per sé mi porta ad avere delle versioni preliminari delle mie tracce o del materiale nuovo da testare nei club, che ho ovviamente in esclusiva, e a volte mi capita anche di voler alterare alcune delle mie tracce già uscite per avere delle versioni speciali da usare nei miei set, è una parte importante di quello che faccio. È importante per un dj spendere del tempo per conoscere bene tutte le tracce che ha e che potrebbe usare in un set, mi aiuta a guidare il vibe e le sensazioni della pista durante un set.
È vero, ed è un argomento interessante, perché credo che nel djing esistano sia l’aspetto della preparazione e del conoscere le tracce che si ha a disposizione che anche una buona quantità di improvvisazione, data dall’abilità di un dj di “leggere” il pubblico che ha davanti. Come riesci a unire questi due aspetti? Quanto c’è di improvvisato nei tuoi set e quanto invece è preparato in partenza?
Ogni evento in realtà ha una storia a sé, prendi il set all’Alexandra Palace di settimana scorsa, è stato un set di cinque ore e ovviamente un set di cinque ore non puoi prepararlo tutto in anticipo, puoi solo conoscere tutte le tracce che hai, o cercare di conoscerle visto che scegli tra qualche migliaio di tracce e seguire l’andamento della serata. Se devo dirti la verità, i set in cui trovo più difficoltà sono quelli più brevi, come ad esempio quelli di un’ora sola, perché in quel caso la scelta che devi fare è più che altro legata a cosa non suonare: spesso arrivo alla fine dei set così con la frustrazione di essermi dimenticato qualcosa che volevo suonare, o di non essere andato verso suoni che volevo visitare; poi ci sono i set dei festival, che sono qualcosa di ancora diverso, visto che sei di fronte a qualche migliaio di persone e devi cercare di intrattenerle per un’ora o poco più, all’aperto, e l’atmosfera è sensibilmente diversa da quella che c’è in un club, con le luci spente. L’unica preparazione che faccio, in realtà, è divertirmi io stesso a cercare delle tracce che mi facciano divertire nel mixarle, poi quando vado in un club o a un festival, ci sono sempre delle tracce che so in anticipo che suonerò, ad esempio so che suonerò le mie tracce, perché una buona parte del pubblico è venuta per me e vuole sentirle, ma poi il resto del set viene da sé in base alle sensazioni che ti dà il party.
Hai toccato un altro punto di cui volevo parlare con te, parlando del fatto che la gente si aspetta di sentire le tue tracce: ti sei mai sentito limitato o messo sotto pressione dall’aspettativa del pubblico nei tuoi set? Non parlo solo della necessità di suonare le tue tracce, ma anche del fatto che sei un dj che viene associato con un genere ben preciso.
No beh, ovviamente mi piace suonare le mie tracce, altrimenti non le produrrei! Anzi, credo sia un privilegio poter suonare le proprie tracce. Poi sai, sono un dj drum’n’bass, questo è quello che suono, e a volte può capitare che sia a qualche festival molto grande in cui la maggioranza del pubblico non la ha mai sentita, o magari addirittura non è esattamente il loro genere musicale preferito, in quei casi ovviamente suono comunque drum’n’bass ma all’inizio cerco comunque di attirare l’attenzione del pubblico, di attirarlo “dentro” il mio set, di farlo iniziare a ballare, e quando poi hai in mano la situazione e si è creata quell’energia, solo allora posso magari colpirli con qualcosa di più forte, portarli dove voglio, ed è questo il tipo di viaggio che intraprendiamo assieme durante un set. Poi ci sono quei set che sono degli assalti senza quartiere, in cui sai che hai già dall’inizio il pubblico a tua disposizione, è stato così all’Alexandra Palace, sapevo che sarebbe stato soldout e che tutti i presenti sarebbero stati lì per me, che avevano comprato un biglietto perché volevano esserci e celebrare la drum’n’bass, quindi non ci sono problemi su come iniziare il set e come proseguire, perché, si spera, tutti sono già nel vibe. Quindi, la risposta lunghissima alla tua domanda corta è che no, non mi sento limitato o sotto pressione in nessun modo, anzi, mi diverto a suonare, anche quando sono a un festival e magari suono dopo una band rock, o dopo un dj house, o un artista hip-hop, lì il mio lavoro, la mia sfida, la parte divertente è cercare di far entrare tutti nel vibe nei primi dieci-quindici minuti, fare in modo che si rendano conto che c’è così tanta energia positiva nella mia musica da fargli dire “ehi, questa cosa mi piace, voglio sentire il resto” e magari, una volta arrivati a casa, abbiano voglia di approfondire la loro conoscenza della d’n’b.
Capisco perfettamente quello che dici, credo che spesso in un dj set ci sia un punto di svolta in cui il dj sente di avere l’attenzione di tutto il pubblico e in quel momento davvero può portarlo ovunque voglia.
Esatto, di certo ci sono alcune tracce che svolgono questo compito meglio di altre, che ti fanno dire “ok, ora suono questa, poi questa e poi quest’altra”, e sai che parleranno a una parte molto vasta del pubblico.
E sono anche d’accordissimo col fatto che raggiungere quel punto sia non solo parte dello skillset di un dj, ma anche parte della sfida e del divertimento dell’essere un dj. Parlando di divertimento, so che sei anche un appassionato di tecnologia, quindi com’è composto il tuo setup al momento quando suoni?
Uso Traktor per suonare, su un Macbook Air, con i vinili timecoded, ed è piuttosto strano che ultimamente spesso mi capita di arrivare in un club e magari non ci sono i Technics, e devo chiedere al tecnico di montarli, e lui li tira fuori e sono tutti impolverati perché sono rimasti in un armadio per anni! Poi sai, ora suono così ma credo che potrei suonare con qualunque tipo di setup.
Però credo, anzi lo so, che quando hai inizato il vinile fosse l’unico setup possibile, quindi ha senso che tuttora sia il tuo preferito. A proposito, visto che ormai hai una carriera piuttosto lunga alle spalle, credo che tu sia in una buona posizione per giudicare lo stato attuale della scena d’n’b: come la vedi? È in buono stato, secondo te?
Credo che sia in uno stato eccellente! Voglio dire, ci sono grandissimi artisti che fanno tracce di enorme successo in radio, c’è una scena più hardcore incredibile, legata a quel tipo di d’n’b che non scende a compromessi, che sta facendo uscire della musica fantastica…tutto quel mondo è bellissimo! Poi c’è un sacco di attenzione da parte dei festival, a livello personale ho suonato nei main stage di festival in giro per tutto il mondo, che è una cosa fantastica. Sai, è una domanda che mi fanno quasi sempre, ma devo dire che ultimamente va davvero bene, non solo per me che ho appena avuto una data come quella all’Alexandra Palace soldout con diecimila persone e che sto per iniziare una stagione dei festival che sarà assolutamente fantastica, ma mi capita spesso di vedere le foto su Instagram degli altri dj d’n’b, o degli artisti che escono sulla mia etichetta, e sono grandiose! E questo mi dimostra che tutta la scena gode di ottima salute, il che è bellissimo, anche perché credo che se sei un appassionato di musica elettronica, o se comunque ti piace uscire e andare nei club o ai festival, credo che non ci sia niente, in alternativa al solito quattro quarti, come la drum’n’bass. Voglio dire, è qualcosa che ha una personalità sonora propria, è sopravvissuta a tutte le mode e ai trend che sono arrivati e passati, ed è ancora un modo bellissimo per sfogare la propria tensione a un festival: sai, mi piace la house ad esempio, ma devo dire che devo ancora vedere il pubblico impazzire letteralmente per un set house a un festival come invece vedo spesso di fronte a un set d’n’b, quell’abbandono, quel perdersi letteralmente nel ballo, quell’atmosfera, quell’energia. Credo sia anche per questo motivo che la scena d’n’b sia in perfetta salute, e mi rendo conto che magari suono un po’ come un disco rotto, ma non andrà da nessuna parte, non ricordo ci sia mai stato un punto in cui il pubblico d’n’b abbia detto “mah, non so, quest’anno non c’è niente che mi piaccia”, percepisco sempre un sacco di positività da parte del pubblico, non solo nei miei confronti ma nei confronti di tutta la scena.
Sono d’accordo, credo che questa sia una caratteristica della d’n’b che non si trova in nessun altro genere. Parlando di generi musicali, cosa ascolti invece quando non stai suonando o non sei in studio?
Ascolto veramente di tutto, per esempio ultimamente ho ascoltato The Weeknd, mi è piaciuto molto l’ultimo album di Kendrick Lamar, mi piacciono un sacco i Radiohead, li adoro proprio, Jamie XX, mi è piaciuto molto il suo album dell’anno scorso, ma ascolto davvero un range molto ampio di cose, anche sul versante chillout, oppure, per dirti, di recente mi è capitato anche di ascoltare questa roba latin samba, o qualcosa del genere. Amo la musica, in fondo, quindi ascolto davvero di tutto, per esempio in aereo mi capita spesso di ascoltare le colonne sonore dei film, perché in aereo dovresti cercare di spegnere l’attenzione, ma è una cosa che mi riesce davvero difficile, non riesco quasi mai a dormire in aereo, sono completamente incapace di rilassarmi, per cui magari metto su una colonna sonora, o della musica classica e cerco di riposarmi un po’. Come dj, per lavoro e come produttore quindi suono praticamente solo drum’n’bass, ma come ascoltatore ascolto davvero qualunque cosa.
Beh, però credo che sia comunque importante per un dj avere un gusto più vario possibile, e credo che sia qualcosa che si rispecchia poi nei set, e nei tuoi set credo si veda un sacco: voglio dire, sono set d’n’b ma c’è comunque molta varietà.
Senza dubbio! E sai qual è una cosa che mi piace un sacco della drum’n’bass? Credo che risalga al periodo della jungle, o comunque a quando era agli inizi, siamo stati capaci di incorporare nel genere influenze che arrivavano davvero da ogni parte, per cui puoi avere delle pause che richiamano la musica classica, o delle chitarre rock, o dei bleep e dei riff presi dall’acid o dalla techno, o i beat influenzati dal jazz, puoi davvero contaminarla con tutto ed è qualcosa che è sempre stato parte della drum’n’bass. Sai, prima parlavamo del fatto che ultimamente ci sono artisti che stanno avendo successo presso un pubblico più vasto, credo che se sia legato anche al fatto che questi artisti hanno le influenze più disparate, e credo che se qualcuno che non ascolta drum’n’bass tutto il tempo si trova di fronte a un set drum’n’bass, i riferimenti sono immediatamente evidenti, e mi capita spesso di sentir dire “oh, questo mi ricorda un po’ quel gruppo, o questo stile”, ed è una cosa che mi sorprende sempre un po’, ma poi ci faccio caso e in effetti è vero che la drum’n’bass prende spunto da un sacco di fonti diverse.
È vero, e tra l’altro nonostante si possano raccogliere influenze da ogni parte, alla fine però è sempre drum’n’bass, e ha sempre il suo stile estremamente riconoscibile.
Esattamente, sei sempre in grado di riconoscere la drum’n’bass per via del tempo più veloce e dell’energia che sprigiona, per cui qualunque genere tu incorpori al suo interno, diventerà sempre drum’n’bass.
Cambiando discorso, invece, parliamo di RAM Records: quanto tempo della tua vita quotidiana dedichi alla tua attività di label manager?
Un sacco, anche se ho la fortuna di avere un team molto efficiente, ci arriva un sacco di musica ma per esempio, ero in ufficio proprio ieri, sono andato a trovare Sub Focus perché aveva del materiale nuovo da farmi sentire, siamo stati in studio, poi avevo la solita milionata di demo da sentire…non ho un regime fissato, anzi, non sono spesso fisicamente in ufficio perché sono sempre in giro per il mondo a suonare, ma è una parte della mia vita che è sempre lì. Di recente, ad esempio, parlavo con Audio del suo nuovo album all’inizio della settimana, poi ieri ho parlato coi Loadstar, è qualcosa che è sempre presente, non saprei dirti veramente quanto tempo gli dedico perché è parte della mia vita.
Tra l’altro, parlare di RAM si ricollega un po’ al discorso che facevamo prima sul fatto che la drum’n’bass riesce a incorporare influenze da qualunque genere, visto che il catalogo della RAM è estremamente variegato e ricco di stili diversi: quale diresti che è il filo conduttore che lega tutte le release?
Spero che la percezione che ha la gente sia che il filo conduttore sia la qualità! Sai, a noi di RAM piace tanto la varietà, e ai suoi inizi senza alcun dubbio l’etichetta aveva una sua identità molto ben definita perché pubblicava essenzialmente solo tracce mie e di Ant Miles, ma poi una volta che abbiamo allargato l’elenco degli artisti che pubblichiamo si è allargato molto anche il range dei suoni che copriamo ed è diventato un mix di suoni davvero eclettico. È stata una decisione intenzionale, perché vogliamo promuovere tutti gli aspetti della drum’n’bass, spero che la percezione della gente sia che comunque la qualità rimane sempre molto alta, poi…per esempio, prima ti parlavo dell’album di Audio, ma abbiamo anche gli album di Calyx & Teebee e di Delta Heavy in arrivo, c’è davvero una moltitudine di suoni diversi tra di loro: c’è un album dei DC Breaks, ed è questa diversità che secondo me rende le cose interessanti per l’ascoltatore. Ci sono davvero tanti lati diversi della drum’n’bass, e RAM in realtà non è che è una sola etichetta tra le tante che ci sono sulla scena, cerchiamo di fare del nostro meglio e di avere un range di suoni molto ampio, ma ci sono anche delle altre etichette fantastiche che fanno un lavoro eccellente dedicandosi strettamente a un solo tipo di drum’n’bass, e anche questo è indispensabile, perché senza di loro la scena non avrebbe comunque le sue fondamenta, capisci?
Certo, sono d’accordo. Dicevi, e lo immaginavo, che ricevi un sacco di demo, ma come diresti che dev’essere un demo di un artista emergente per catturare la tua attenzione?
Beh, se prendi per esempio Bensley, che abbiamo scovato su Soundcloud, quello che mi ha attratto immediatamente del suo sound è stato che era uno stile che non aveva nessun altro, aveva una sua musicalità assolutamente unica, e poi ogni traccia costituiva un viaggio a sé stante, nel senso che iniziava in un posto e poi andava a finire in un posto che non ti saresti mai nemmeno immaginato, ed è questo che di solito trovo affascinante: sono abituato a sentire una traccia e pensare “ok, qui c’è l’intro, ora c’è il drop, qui c’è la pausa e ora il drop di nuovo”, mentre per lui è stato diverso, ed è stato questo che mi ha fatto venir voglia di metterlo sotto contratto per RAM. Poi sai, credo ci sia un sacco di nostalgia nel voler ricreare quello che c’era in passato, ma a me piacciono gli artisti che cercano di provare qualcosa di nuovo, o comunque di presentare un’idea in maniera nuova: può essere un senso di musicalità, un arrangiamento, anche solo un modo di gestire i livelli o una progressione di accordi. Sai, mi piacerebbe essere capace di scovare ogni grande artista che c’è al mondo, ma c’è davvero così tanta musica in giro! Devi tracciare una linea a un certo punto. In generale, quello che cerchiamo per RAM è la qualità del suono e la volontà di essere un po’ diverso dal resto, in modo da catturare le nostre orecchie.
Mi dicevi che sei spesso in aereo, o comunque spesso in giro, e credo sia una cosa abbastanza stancante, visto anche che è una cosa che fai da tanto tempo: pensi che sia qualcosa che farai per sempre, oppure a un certo punto pensi che dirai basta? Io ovviamente spero che tu vada avanti in eterno, ma sai…
Grazie! L’unica cosa che posso risponderti è…ti risulta che i dj vadano mai in pensione? È una delle cose più belle che si possano fare, e lo considero un enorme privilegio e una grande fortuna, ma è qualcosa a cui ho pensato, a volte capita che mi chiedano cosa farò da qui a dieci anni, ma se tra dieci anni qualcuno avrà ancora voglia di chiamarmi per una data in un bel posto, perché non dovrei farlo? Di certo non penso che tra dieci anni farò ancora la gavetta di stare in tour per un mese intero e prendere un aereo al giorno, ma l’ho fatto in passato e non penso…senti, i dj non vanno in pensione! (ride) Potremmo riparlarne tra dieci anni e magari mi dirai “mi hai mentito dieci anni fa!”, ma per ora la vedo così.
Però sai, credo sia anche in un certo senso una cosa positiva che i dj non vadano in pensione, perché credo che un aspetto importantissimo dell’abilità di un dj sia legato all’esperienza, e alla quantità di tracce che conosci e che hai suonato in passato.
Esattamente, sì, sì, e c’è anche l’aspetto per cui se in effetti trovi stancante prendere gli aerei e girare il mondo, l’esperienza significa anche sapere quali date fare e quali non fare, senza esaurirsi accettando ogni show in ogni angolo del mondo e facendo solo quelli giusti per mantenere vivo il proprio fuoco.
A proposito di girare il mondo, tra l’altro: la settimana prossima ci vedremo allo Snowbombing, hai delle nuove tracce speciali che hai in mente di suonare?
Beh, come ti dicevo prima mi arriva un sacco di musica ogni giorno, per cui ho praticamente sempre delle nuove tracce da suonare, ma per la settimana prossima ho giusto finito oggi una traccia nuova che voglio provare e ieri mi è arrivato un pacchetto di tracce nuove dai Loadstar, ho delle cose nuove di Chase & Status…ho davvero un sacco di novità, fa parte della posizione fortunata in cui mi trovo, ogni giorno mi sveglio e la mia inbox è piena di tracce nuove! Quindi sì, sicuramente ci saranno delle perle nuove.
Grande, non vedo l’ora allora. Grazie mille della chiacchierata, e ci vediamo allo Snowbombing!
Grazie a te, a presto!