Il Sónar+D è il festival parallelo del Sónar che, andando oltre la musica, vuole rappresentare tutto ciò che ruota attorno al concetto di innovazione creativa, con un’attenzione particolare agli aspetti sempre più irrinunciabili di tecnologia e business. Ormai parte inscindibile del Sónar, il 16, 17 e 18 Giugno a Barcellona si accinge alla sua quarta edizione, con un programma senza dubbio tra i più ricchi e interessanti di sempre. Abbiamo chiesto al suo curator, José Luis De Vicente, di ricontarci il festival e come l’intero ecosistema creativo si sta evolvendo.
È stato un anno importante per il Sónar+D. Dall’ultima edizione in Barcellona, si sono svolte le prime quattro edizioni internazionali in Reykjavik, San Paolo, Buenos Aires and Santiago del Cile e sono stati annunciati nuovi eventi della serie “A Taste of Sónar+D by Mazda Rebels”. È stato anche aperto un canale YouTube con i video di molti interventi delle edizioni passate. Il Sónar+D sta diventando in un evento che vuole durare l’intero anno?
Potremmo dire così. Tutte le edizioni internazionali sono un po’ diverse l’una dall’altra perché i posti dove si svolgono sono tra loro in parte differenti. I contesti delle comunità creative in quelle città sono molto diversi ma il fatto che quest’anno abbiamo finalmente realizzato le prime edizioni internazionali del Sonar+D è una specie di dichiarazione che il Sonar+D è una parte integrante di quello è ora il Sónar. Nei mesi di marzo, aprile e maggio, come l’anno scorso, si stanno poi svolgendo in Barcellona gli appuntamenti “A Taste of Sónar+D” con l’obiettivo di iniziare a creare una conversazione in pubblico dell’evento. Riguardo al progetto di un Sonar+D come un evento che duri tutto l’anno, mi piacerebbe molto potesse realizzarsi e in un certo qual modo stiamo cercando di ottenerlo attraverso la comunicazione sui social media e rendendo disponibili i contenuti prodotti da ogni edizione del Sónar+D. Il Sónar e Il Sónar+D sono però eventi davvero complessi da realizzare, tanto che riuscire a organizzare il festival di Barcellona tutti gli anni comporta davvero molto lavoro, qualcosa come 18 mesi di lavoro per organizzare un festival che si svolge ogni 12 mesi. È davvero molto complesso.
Nelle nuove edizioni internazionali, ancora più che in quella di Barcellona, il programma mi sembra abbia dato molto attenzione alla scena creativa locale.
Le scene locali di questi posti sono molto diverse tra loro. Ovviamente l’America Latina è molto diversa dalla Scandinavia, solo per citare gli ultimi due posti dove siamo stati. Quello che ci piacerebbe per l’edizione di Barcellona è diventare anche una specie di luogo di incontro globale per tutte quelle comunità che abbiamo incontrato nel nostro viaggiare in giro per il mondo.
Quindi, una specie di collettore per tutte le edizioni e le comunità che avete incontrato nelle edizioni internazionali.
Sì in un certo qual modo, perché abbiamo sempre considerato con attenzione quale fosse l’esperienza di un festival musicale e logicamente la scena musicale è differente nei diversi posti. Penso che una delle esperienze più interessanti risultate dalle edizioni internazionali del Sónar è la possibilità di avere una relazione con le eccezionali comunità di quei posti. Ad esempio, abbiamo storicamente sempre avuto molti artisti dall’Islanda, Giappone e Scandinavia perché queste sono comunità creative che il Sonar conosce molto bene grazie agli eventi internazionali che lì organizza. E Mi piacerebbe molto che diventi così anche per il Sónar+D, anche perché il mondo dell’innovazione e della creatività, le persone che lavorano tra il mondo creatività e quello tecnologico e la collaborazione tra arte e scienza sono ad oggi ancora molto occidente- e anglo-centriche. C’è bisogno di impegnarsi a rendere visibili e dare un assaggio di tutte quelle comunità che non producono dall’Europa e dagli USA e che non lavorano in Inglese. È davvero una consapevolezza che che vorremmo riuscire a creare.
Uno scambio tra diverse comunità ma anche tra diversi settori creativi. Il Sónar, che in precedenza era focalizzato principalmente sul settore musicale è ora arrivato a includere anche tutti gli altri settori creativi con il Sónar+D. Ritieni che oggigiorno sia ancora ragionevole organizzare festival solo di musica o focalizzati solo su un singolo settore creativo?
È interessante che sempre più festival stiano iniziando a chiamarsi come festival di musica e arte o festival di tecnologia, musica e arte. Il Sónar è stato così fin dall’inizio. Ovviamente la musica è un linguaggio di comunicazione e una esperienza molto importante per le persone ma sin da quando ci fu la prima edizione 23 anni fa, al Sónar è sempre interessata quella musica che ha un importante punto di incontro con l’arte sonora, con l’arte e la ricerca digitale e con l’innovazione sviluppata nei laboratori creativi delle università e dei centri ricerca. Per il Sónar è questa la musica che è sempre stata importante mettere al centro. Quello che è cambiato secondo me è che c’è oggi una profonda trasformazione delle relazioni tra musica e tecnologia, ma anche tra l’arte audiovisiva e la tecnologia e tra l’arte interattiva e digitale. Non è più solo una nicchia nel mondo dell’arte ed è diventato un linguaggio maggiormente comune per le esperienze che tutti noi condividiamo. Naturalmente rimane una grande fetta di pubblico che partecipa al Sonar per la musica. Crediamo fermamente che la relazione tra diverse comunità e i differenti settori e che una forma transdisciplinare di collaborazione siano davvero al centro di quello che vogliamo realizzare. Ogni tanto c’è qualcuno che ci chiede se creeremo un biglietto solo per il Sónar+D, così che le persone non interessate nella musica che il Sónar presenta possano partecipare soltanto al Sónar+D. Noi rispondiamo sempre che la concepiamo come una esperienza unitaria. Entrambi sono parte integrante dell’esperienza che vogliamo creare e non vogliamo separale l’una dall’altra.
In effetti, come sarebbe il Sónar+D senza il Sónar? Il Sónar ha sempre cercato di riunire assieme nello stesso posto coloro che fruiscono, coloro che producono e coloro che investono e fanno business con la musica e non solo.
Solo per darti un esempio, nei festival musicali sono i musicisti ad essere considerati gli artisti ma le altre persone che lavorano con il musicista sviluppando per loro esperienze sempre più elaborate, siano queste il sito web, una esperienza in realtà virtuale o una elaborata scenografia interattiva per lo spettacolo dal vivo, non sono mai trattati come tali. Sono piuttosto considerati dei tecnici. Poi ci sono tutti quei festival come il Resonate a Belgrado e l’Eyeo a Minneapolis che sono per i tecnologi creativi, per coloro che sviluppano questo tipo di esperienze e che sono star nella loro comunità. Quello che vogliamo fare al Sónar è presentare entrambi e la collaborazione tra le due comunità come idea centrale di quello che le persone hanno come esperienza. Ad esempio, quest’anno avremo gli United Visual Artists, uno dei più importanti collettivi che oggi lavorano nell’interaction design, che presenteranno il nuovo spettacolo dal vivo di James Blake. Sono diventati molto famosi lavorando per le scenografie interattive di dati e luci dello spettacolo dei Massive Attack degli ultimi anni. Le persone al Sónar potranno sentire gli UVA parlare del loro spettacolo e quattro ore dopo vederlo al Sónar by night. Vogliamo mettere in mostra entrambe le figure come egualmente importanti e non far andare il pubblico a vedere i loro spettacoli senza che neanche sappiano chi sono. Vigliamo dire “Hey, James Blake e gli UVA sono entrambi artisti e per noi sono entrambi importanti allo stesso modo”. Vogliamo dar loro lo stesso peso, anche se ovviamente è James Blake quello che fa vendere i biglietti ma non è importante per noi dal punto di vista creativo e curatoriale.
È vero che sia lui quello che fa vendere i biglietti, ma si potrebbe dire che nessuno spettacolo sia possibile certamente senza nuove idee ma anche senza professionalità e un business plan. Al Sónar+D è infatti sempre stata dedicata una grande attenzione anche al networking e al business.
Sempre più persone che operano in questo ecosistema stanno diventando nello stesso momento anche ricercatori, creatori, innovatori e imprenditori e molti affermano che nelle scene artistiche stia avvenendo una trasformazione molto interessante. Ci sono artisti che non entrano nel mercato dell’arte, vendendo ad esempio le loro opere nelle gallerie, ma che fanno business in modi che prima erano del tutto inaspettati. Ad esempio, un artista sviluppa una nuova tecnologia per rendere possibile la sua opera e poi questa risulta avere un possibile applicazione in altri settori. Commercializzerà allora questa tecnologia e questo è il suo business plan, non il vendere le sue opere in una galleria. Riteniamo che sia un fenomeno molto contemporaneo e molto interessante. L’economia dell’ecosistema creativa sta cambiando e non è più orientata a creare prodotti che solo poche persone posso permettersi di acquistare ma è orientata invece a vedere come la propria ricerca artistica possa portare a diverse forme di business e nuove imprese imprenditoriali. Questo ci interessa davvero molto.
In qualche modo è quello che il Sónar+D ha voluto realizzare assieme al Barcelona Supercomputer Center durante l’ultima edizione di Barcellona. L’analisi dei Big Data è molto utilizzata in altri settori come il business e la medicina ma voi l’avete applicata in un modo che potesse attrarre e mostrare le sue potenzialità anche ai partecipanti di un festival, coinvolgendoli in prima persona. Avete in programma per quest’anno ulteriori progetti sui Big Data che coinvolgano il pubblico del Sónar?
Sì! L’anno scorso abbiamo mostrato come le persone si muovevano in giro per il festival. Ci piace molto l’idea che un festival possa essere un spazio per la ricerca, che possa fungere da laboratorio. Si possono promuovere alcune forme di ricerca partecipata, come la citizen science che si basa sull’idea che i dati possano essere raccolti attraverso la partecipazione diretta dei cittadini. Ci siamo detti “Ok, cerchiamo di capire meglio come le persone si muovono in giro per il festival!”. Il tema di quest’anno sarà invece cosa possiamo imparare sulle preferenze musicali dei partecipanti. Questo è interessante perché è una delle grandi questioni che interessano oggi alla industria musicale. Le piattaforme di streaming generano molti dati e oggi il problema dell’industria musicale non è tanto il far arrivare i contenuti agli utenti e rendere la musica accessibile. Questo è semplice con le tecnologie odierne. Il problema principale è come le persone arrivino a scoprire quello che gli piace. Abbiamo quindi scelto di incentrare l’esperimento collettivo di quest’anno attorno a questo tema.
Abbiamo parlato molto di tecnologia e innovazione. Ma almeno nel campo della musica si sta registrando anche una tendenza opposta: da una parte l’innovazione e la tecnologia, dall’altra un ritorno al passato, vedi il ritorno agli strumenti analogici, agli strumenti suonati da vivo e la rinascita del vinile. L’anno scorso il Sónar+D ha aperto con una presentazione del CEO di Kickstarter e ha chiuso con un intervento di Bruce Sterling. Tenete in considerazione queste tendenze opposte anche quando decidete quali temi volete trattare nel festival?
Oh sì, il Sónar è un festival che celebra la tecnologia per il suo potenziale creativo ma allo stesso tempo vogliamo essere critici verso la tecnologia. Non siamo una conferenza di settore che presenta e fa provare tutte le ultime novità. Siamo più interessati a porre domande riguardo a cosa queste significhino per coloro che oggigiorno creano contenuti creativi. E tutte queste novità tecnologiche non necessariamente sono un bene. Ci sono sempre diverse tendenze in azione che lottano tra di loro per prendere l’egemonia in uno specifico settore, industria o scena creativa. L’anno scorso eravamo consapevoli che Bruce Sterling avrebbe concluso con un intervento molto critico ma abbiamo pensato che sarebbe stato molto interessante, che era corretto portare le persone a riflettere su questo. È molto importante per noi che si mantenga un equilibrio tra l’entusiasmo e la passione per il potenziale creativo delle nuove tecnologie e allo stesso tempo la riflessione riguardo alle problematiche che sono presenti in certi settori del mondo creativo, mantenendo una sana distanza da ogni singola promessa che ci viene fatta dalle persone settore tecnologico riguardo a dove il nostro futuro stia andando. Siamo una parte essenziale nel creare e definire quel futuro ed è importante resistere dal dire subito “sì!”.
Se dovessi pensare al Sónar e al Sónar+D tra dieci anni, come te li immagini?
Una cosa che vorrei accadesse è che l’esperienza di andare a un evento musicale e partecipare a uno spettacolo sia fondamentalmente diversa da quella odierna. Stanno iniziando ad esserci le prime avvisaglie di questo cambiamento e mi interessa vedere come questo evolverà nel tempo. Sicuramente sarà ancora una celebrazione, una esperienza collettiva ma forse non sarà più come oggi con gli spettatori tutti rivolti verso il parco e con due canali audio, uno a sinistra e uno a destra. Inizierà ad essere qualcosa di diverso che semplicemente questo. E mi piacerebbe davvero che il Sonar+D diventi quello spazio di incontro dove le comunità creative, dell’innovazione, della tecnologia e del business si rafforzino tra loro e dove venga sottolineato il ruolo essenziale che gli artisti e i creatori giocano nell’ecosistema dell’innovazione. Questa è una delle cose che attualmente più mi interessa. Gli artisti non sono più soltanto coloro che passivamente acquistano tecnologia che l’industria crea per loro, utilizzandola nei modi attesi, ma oggi gli artisti stanno creando molte nuove tecnologie. Gli artisti sono quelli che ad esempio definiscono se le nuove tecnologie, come ad esempio il presente boom della realtà virtuale, produrranno qualcosa di interessante oppure se risulteranno una novità che sparirà nel giro di tre anni. Se potessimo creare uno spazio di discussione in cui scienziati, artisti e ingegneri si incontrano e riconoscono gli altri nelle loro competenze, dove gli artisti non sono considerati soltanto un aspetto marginale nel settore tecnologico, questo è ciò che vorrei si celebrasse e mettesse in risalto. L’idea che non c’è nessuna innovazione sociale e non c’è nessuna innovazione tecnologica senza una innovazione creativa e che a guidare l’innovazione creativa ci sia la comunità degli artisti, che in molti casi sono gli ultimi a essere interpellati. Questo è vero specialmente per i musicisti, dai quali ci si aspetta che si adattino alle nuove circostanze che si sono venute a creare nel settore e che comprendano il nuovo modo in cui l’industria funzioni. Questa è la mia aspirazione: che questo evento diventi lo spazio dove tutte queste comunità possano trovarsi e confrontarsi tra loro alla pari.
English version:
Sónar+D is the sister festival of Sónar that, going beyond music, wants to embrace everything involving innovation and creativity, with a today necessary focus on technology and business. Now essential part of Sónar, the upcoming Barcelona edition will happen on the 16th, 17th and 18th of June with the most interesting program so far. We asked José Luis De Vicente, the curator of Sónar+D, to tell us more about the festival and the current directions in the creative ecosystem.
It has been a huge year for Sónar+D. Since the last edition in Barcelona, there have been the first four international edition of Sonar+D in Reykjavik, Sao Paolo, Buenos Aires and Santiago del Chile and new A Taste of Sónar+D by Mazda Rebels events. A YouTube channel was also opened with videos from several talks from previous editions. Is it going to be a kind of all-year-long project since now on?
Yes, pretty much so. Every international festival is a bit different because the venues in each city are a bit different. The contexts of the creative communities in those cities are very different but the fact that this year we finally made the first international editions of Sónar+D, sort of place a testament of the notion that Sónar+D is a key part of what is Sónar now. We are also doing these events in Barcelona for the next three months in March, April and May, like we did last year, as a form of starting creating some conversation in public about the event. About the all-year around, I would love to and to a certain extent we want it through the communication on the social media and making all the content that every edition of Sónar+D produces to be make available, but you know, Sonar and Sónar+D are such complex events that producing the Barcelona festival every year takes a lot of work, like eighteen months of work to make a festival like that every twelve months. So it’s very complex.
In the new international editions, even more than in the Barcelona one, the program seemed to give a lot of attention to the local creative scene.
Those are very different and very uneven. Obviously Latin America is very different from Scandinavia, just to talk about the last two places where we have been. What we would love for the Barcelona edition is to become also a kind of the global meeting space for those different communities that me meet throughout the world.
So, like a sort of hub for all the editions and all the communities you meet in all the international editions.
To a certain extent yes, because we always looked up to what the experience of the music festival has been and obviously the music scene is different in the various places. I think that one of the most interesting thing for Sónar while tour globally is having a relationship with the great communities in those places. So, for instance, we have historically always had many artists for example from Iceland, Japan and Scandinavia because these are communities that Sonar knows very well thanks to the international events produced there. I would really love this to be also for Sónar+D. Also because the world of innovation and creativity, people working at the intersection of creativity and technology and the art and science collaboration are still very western- and anglocentric. We need make an effort to visualize and to give a taste of those communities that are not creating from Europe and USA and that are not creating in English. That’s actually a consciousness that we want to make.
An exchange among communities but also among different creative sectors. Sónar was previously mainly focused on music and now it encompasses all the creative domains with Sónar+D. Do you think nowadays it is still reasonable to organize music-only festival or that focusing on just one creativity domain?
It is actually interesting that more and more festivals are calling themselves festivals of music and art, or festival of technology, music and art. Sonar was such a festival from the beginning. Actually, since it started 23 years ago, there has been this notion that music obviously is a very important language for people to communicate, it is a very important experience, but the kind of music that Sonar was interested in was a music that was very heavily intersecting with sound art, digital art and research and innovation in the creative labs of universities and research centers, so for Sónar that was always important to be placed in the center. What has changed now to me is that there is a very deep transformation of the relationship between music and technology, but also audio-visual art and technology, and interaction and digital art. This has stop of being a niche in the world of art and it has become a more common language for experiences we all share. So obviously there is a big audience to Sonar for the music. We really believe that the relationship within different communities and different sectors and a trans-disciplinary form of collaboration is very much in the center of what we do and what we want to do. From time to time there is people that tell us whether we make a ticket for Sónar+D only, so that people not interested in the music that Sonar present can just go to Sónar+D. We always reply that we feel that it is an integral experience. They are both are an integral part of the experience we want people to have in our environment and we don’t want to separate one from the other.
Actually, how could it be Sónar+D without Sónar? Sonar always tried to gather in the very same place those who experience, those who produce and those who invest and make business with music and other creative contents.
Just to give you an example, in the music festivals, musicians are the artists but the people who work with the musician developing the more and more increasingly elaborate experience in which they operate, whether it is a web-site, a virtual reality experience or an elaborated interactive scenography for the live show, are never treated as artists. They are only treated as technicians. And that you have all that kind of festivals, like Resonate in Belgrade or Eyeo in Minneapolis, which are for the creative technologists, for people developing this kind of experiences who are stars in the own communities. What we want to do in Sonar is presenting both of them and the collaboration between both communities, as the central idea of what people are experiencing. For instance, this year we are going to have United Visual Artists, one of the most important collective working today in interaction design, that are going to present the new James Blake http://jamesblakemusic.com show. They become very famous working with Massive Attacks for the whole interactive data and light live scenography for the last few years. Here at Sónar people is going to be able to go and see how UVA talks about this show and four hour later see the show at Sonar by night. We want to highlight both creators as equally import for us and not making people see their shows and they don’t know who did it. We want to say “hey, James Blake and UVA are equally important for us as creators!”. We want to feature them with the same weight even though obviously James Blake is the one who sells tickets but it doesn’t matter for us in creative and curatorial terms.
It sells ticket, indeed. I may say that no entertainment is possible without new ideas, of course, but also without professionalism and a business plan. In Sónar+D there’s always been a strong focus also on networking and business.
It is coming to be that more and more people operating in this ecosystem today are becoming researcher, creators, innovators and entrepreneurs at the same time and many are saying that something very interesting is happening in some artistic scenes today. There are creators that are not in the art market, like selling their pieces in art galleries, but they are able to make business in ways that were unexpected before. For instance, someone may develop a new technology to make their artistic work possible and then that may turn to have an application in other sectors for other people. They commercialize this technology and that is their business plan, not selling their art pieces in a gallery. We think it is a very contemporary and a very interesting phenomenon. The economy of this creative ecosystem is changing today and it is not anymore looking at making products that only a few people can buy, but it’s looking at see how their artistic research can also lead to other forms of business and entrepreneurial initiatives. This is really really interesting for us.
It is somehow what Sónar+D did together with the Barcelona Supercomputer Center in the last edition. Big Data analysis is currently used in many other fields like business and medical science, but you applied it in a way that can attract and show its potential also to people attending to a festival, getting them involved in first person. Do you have any further project this year regarding this kind of participated Big Data experiments?
Yes! The previous year project we showed how people moved around the festival. We really like the idea that a festival can be a place for research, that it can function as a lab. It can enhance and foster some forms of participatory research that are ongoing today, like citizen science with the notion that data can be crowdsoucersed by the participation of a lot of citizens. We said “ok, let’s try to learn a little bit about how people move around the festival!”. The theme of this year is about what we can know about their music tastes, how we can better understand what an audience of a festival likes in term of their music preference. This is interesting because this is one of the big questions in the music industry today. The streaming platforms are generating a lot of data and today the problem of the music industry is not delivering the contents and making music accessible. This is easy with current technologies. The main problem is how people get to discover what they like. So we chose to design this year collective participatory experiment around this topic.
We spoke a lot about technology and innovation. But at least in music there is also a counterforce: one side is innovation and technology, the other side is a look back to the past (i.e. analogue instruments, live played instruments, the vinyl rebirth). Last year Sónar+D opened with a talk by the CEO of Kickstarter and closed with a Bruce Sterling one. Do you consider these two counterforces when you decide the theme to cover?
Oh yes, Sónar is a festival that celebrate technology for its creative potentials, but at the same time we want to be critical of technology. We are not an industry conference that showcases the latest novelties with demos. We are more interested in actually making the questions of what do these things mean for creators today. And these things does not necessary mean always good things. There are different forces at the play, always. Forces fighting for each other to gain the hegemony of one specific sector, industry or creative scene. For instance, last year we knew that Bruce Sterling was going to finish with a very high critical speech but we thought that it would have been very interesting, that we need to actually get people to think about those things. It is very important to us to keep the balance between of course enthusiasm and passion for the creative potential of new technologies and at the same time reflecting together about the problems that actually the sector of certain creativity still has, maintaining actually a healthy distance from every single promise that every single boy in the tech sector is telling about how our future is going to be. We are an essential part of framing and defining that future and sometimes it is more important resisting than saying “yes!”.
If you have to imagine Sónar and Sónar+D in ten years from now, how do you envision them?
One thing that I would like that to happen is that the experience to go a music event and see a show will be fundamentally different from the one today. We are starting to see a few indications of that and I would like to see how it is going to evolve in time. Of course it will still be a celebration, a collective experience but maybe it will not be like people standing and looking to a stage with two audio channels, one on your left and one other one your right. It is going to start being something different than just that. And what I would really love for Sónar+D to be is this meeting space where the creative, innovation, tech and business communities reinforce themselves and highlight the essential role that artists and creators plays in the innovation ecosystem. This is one of the thing that are more interesting to me today. Artists are not just people that are passively buying the technology that the industry creates for them and using them in the expected ways but artists are creating many technologies today. The artists are those who are for instance defining if upcoming new technologies, like the current boom of virtual reality, are going to produce something worthy or it is going to be a novelty that is going to disappear in three years. If we could define a forum where scientists, artists, and engineers come and meet face to face and recognize each others on their own terms, where artists are not considered just a footnote in the tech sector, it is what I would like to celebrate and highlight. This notion that there is no social innovation and there is no technology innovation without creativity innovation and that the drivers of creative innovations is the artist community, which in many many cases are the last that are asked about. This is true especially for musicians, expecting them to adapt to new changing circumstances in their sector and to understand newer stakeholders changing the way the industry works. This is actually my aspiration: this event to become the place where all those communities can come and talk to each other in equal terms.