Questa settimana su Giant Steps abbiamo messo sul piatto un progetto che ci ha colpito profondamente fin dal primo ascolto. The Caribbean House, o più semplicemente T C H, racchiude al suo interno oltre mezzo secolo di esperienza, di musica e di origini diametralmente opposte convogliate in qualcosa che è più di un semplice accatastarsi di background. E’ qualcosa di maggiormente vicino ad un sodalizio, ad una jam session dalle tinte oniriche. Nel nome di un suono che, tra ritmiche disco e downtempo e synth tipicamente 80s oriented, racconta la storia che Niccolò Bruni (in arte Billy Bogus, tra i fondatori di Pizzico Records), Federico Bologna (o meglio Fred, membro dei celeberrimi Technogod) e Cristiano Santini (direttamente dal punk rock industriale dei Disciplinatha) hanno scelto per tutti noi. Una storia che, speriamo, potrà tenerci compagnia il più a lungo possibile.
Passo numero uno: qual è il disco o la traccia che ti ha cambiato la vita? La primissima. Quella che ti ha fatto capire che la musica era veramente un’emozione particolare, più intensa di altre.
B: Rockit di Herbie Hancock, sentita sulla mitica compilation Oro Puro, che seguiva Thriller di Michael Jackson, una hit eclatante che anche un bambino come me (all’epoca) poteva capire. Rockit, invece, mi ha comunicato sensazioni diverse, contrastanti, e mi ha fatto intendere che la musica poteva essere una cosa ibrida, un po’ ambigua, fuori da regole prestabilite.
F: Canaxis di Holger Czukay (1969). Uno dei primi dischi dove la sperimentazione elettronica interagisce con canti popolari, in questo caso vietnamiti.
Passo numero due: quando hai capito che la musica, produrla o suonarla, sarebbe stata una parte fondamentale della tua vita?
B: Dalle prime prove in garage con gli amici a “suonare” grindcore e punk a dispetto della mia crescita più contemporanea basata sulla musica elettronica e sulle colonne sonore. L’aggregazione e gli argomenti che la musica ha saputo creare nella mia vita non ha mai avuto eguali, partendo dal grind/noise fino alla disco.
F: Beh, senza dubbio quando la prima busta paga decisi di spenderla per il mio primo campionatore!
Passo a margine: quali sono stati i momenti di maggior crisi, nel tuo rapporto con la musica?
B: Quando cresci e ne fai un lavoro, come nel mio caso, i momenti di crisi sono molteplici. E più che sul livello qualitativo della musica stessa vertono sul come viene percepito il discorso musicale dalle altre persone: bisognerebbe aprire un capitolo troppo ampio su questo argomento; la musica non è solo vibrazione, è un modo d’essere, e se fa parte di te alla fine trovi sempre il modo di superare i momenti di sconforto. Spero solo di non essere stato troppo retorico con questa risposta.
F: Dopo aver deciso di abbandonare il progetto Technogod non ho potuto fare altro che accantonare idee e tenere spente le mie macchine. Un vero e proprio rigetto verso l’ambiente spocchioso e provinciale di Bologna, ma non solo.
Passi importanti: quali sono stati finora i momenti più importanti, nella tua carriera?
B: Diversi sound design e colonne sonore per marchi importanti, remixare il grande Dennis Young di “Liquid Liquid” in collaborazione con Loudtone, un album del 2011 di cui tutto sommato vado ancora piuttosto fiero, un progetto sul cinema che mi hanno “bookato” in pochi ma che mi hanno copiato tutti, il fatto di poter fare musica oggi con quelli che erano i beniamini della mia adolescenza.
F: Dall’uscita del primo disco con Nation records a Londra, passando per i vari tour con Young Gods, Consolidated, Meat Beat Manifesto, arrivando a lavorare con Roli Mosimann, Mark Pistel, Inder Matharu.
Passi per prendere un po’ d’aria e trovare ispirazione ed energia: quali sono le tue altre passioni? Come le sviluppi? Quanto tempo riesci a dedicare loro?
B: Sicuramente cinema e libri. Colleziono film italiani (definiti – a torto alcuni, a ragion veduta altri – di serie B) che viaggiano dal Mondo Movie all’erotico/esotico. Come letture spazio molto: dall’hard boiled alla saggistica. Mi sento di affermare che sono più i film e i libri che ispirano la nostra musica, che non altri dischi.
F: In passato non potevo fare a meno di “resettarmi” camminando per ore nei boschi.
Passi perduti: quali sono finora i tuoi più grandi rimpianti, musicalmente parlando?
B: (materialista) Un tour in Messico saltato per mancanza di budget
F: (intimista) La presunzione tipica dei ventenni porta a snobbare e non capire la valenza e la dignità dei compromessi.
Passi che consiglieresti: quali sono secondo te i cinque album (o brani) che consiglieresti e che non dovrebbero mancare nella discografia di tutte le persone a cui vuoi bene o che stimi?
B: (a orecchie chiuse, senza pensarci troppo)
Giusto Pio “Motore Immobile”
The Future Sound Of London “Lifeforms”
Peter Baumann “Repeat Repat”
Blackdog vs Black Sifichi “Unsavoury Products”
Tangerine Dream “Sorcerer OST”
F:
Peter Gabriel “IV”
David Sylvian “Brilliant Trees”
Underworld “Second toughest In The Infants”
The The “Dusk”
Peter Nooten & Michael Brook “Sleeps With The Fishes”
Passi in biblioteca o videoteca: quali libri o film consiglieresti?
B: Film: “L’imperatore di Roma” di Nico d’Alessandria. Pellicola-feticcio che ha ispirato la creazione della mia Pizzico Records, a lei devo infatti quasi tutti i miei successi / fallimenti.
Libri: “Il libro delle illusioni” di Paul Auster, “Cosmic Bandidos” di Allan Weisbecker e “Da Haiti venne il Sangue” di Mayra Montero, un libro sul Vudu haitiano davvero inquietante e che ha ispirato molti mood sonici delle nostre recenti produzioni come Caribbean House.
F: Sicuramente non un capolavoro, ma dal messaggio profondo e ora da me molto sentito. L’importanza del contributo che porta la specificità e l’unicità di ogni individuo. “Moneyball”.
Passi fondamentali: qual è il risultato artistico di cui finora vai più orgoglioso?
B: A livello discografico uno dei brani che più mi ha divertito creare e che ha – credo – divertito in pista è “Disco Lambro ’76”.
F: “Live at The Grand Theater Londra”. Memorabile.
Passi virtuali: come stai vivendo l’onnipresenza del web nelle nostre vite in questi anni? Visto tra l’altro che questa è una intervista che stiamo facendo per un media online…
B: Uso la rete, per ovvi motivi, ma mantengo un senso di sfiducia che mi blocca. Non mi sento per questo un producer da visualizzazione: vengo da una scuola diversa e fatico ad adattarmi a molte cose, ne sono consapevole. Questo mi ha fatto perdere sicuramente molte occasioni ma – credo – ne ha create altre molto interessanti e più vicine al mio modo d’essere. Mi infastidisce tantissimo il pensiero unico, anche se le persone vi trovano rifugio da secoli: penso che l’attenzione (anche e soprattutto sul web) sia una delle poche armi che abbiamo a disposizione e non vada sprecata, bensì direzionata, per mantenere un minimo di coerenza con noi stessi, dare visibilità alla qualità (e non allo squallore) e alimentare un po’ di sano antagonismo. Ah l’antagonismo… Quanto mi manca! La globalizzazione lo ha praticamente debellato.
F: Onestamente la sto vivendo da vero e proprio nerd cinquantenne per come divoro dati. Godendo come non mai!
Passi in compagnia: quali sono i dj e producer con cui senti più affinità, e con cui vorresti sempre e comunque condividere parole, progetti, obiettivi?
B: In Flagranti, che sento sempre molto affini anche a livello cinefilo, e naturalmente “La Casa dei Caraibi”.
F: Flood, Jack Danger. Ad oggi: nipote Bogus e fratello Santini.
Passi incrociati: qual è la situazione, musicale e non, più assurda che ti è capitato di vivere?
B: Una serata al Classico Village di Roma, club che non esiste più da anni, dove sul set mio e di Donato Dozzy improvvisavano un tastierista, un percussionista, un violinista, una tromba e una cantante soul strepitosa; contro ogni aspettativa fu un successo e il pubblico si scatenò fino al mattino: un’orgia di pubblico, musicisti e dj, tutti completamente ubriachi.
F: Popkomm 94 Colonia. Furgone in panne in galleria in Svizzera, amico che ci recupera da Friburgo con furgone (costosissimo) a noleggio, scoprire di aver dimenticato il case con tutti i cavi, audio e midi, ricomprarlo per poi fare un concerto di merda.
Passi sbagliati: quali sono le cose che più di danno fastidio nella scena musicale italiana?
B & F: L’imperante ed insanabile esterofilia. E qui sentiamo un minimo di dilungarci: la “recente” unità italica e la sua frammentazione hanno creato nei decenni una mancanza di riferimenti, anche motivata, ma allo tesso tempo un pregio territoriale e locale impagabile. Questa cosa l’hanno capito addirittura i cuochi!
Il fatto di dover sempre avere un riscontro estero per essere un minimo riconosciuti in patria è tanto frustrante quanto concreto e deleterio; e coinvolge artisti, stampa, addetti ai lavori e locali, deteriorando tutto in modo apparentemente irreversibile.
Nel nostro piccolo, per migliorare e migliorarci, cerchiamo sempre di privilegiare, anche idealmente, artisti italiani piuttosto che stranieri. Credo ne abbiamo bisogno e credo anche ce lo meritiamo alla stragrande, per la storia che abbiamo e per le “italo-headz” in circolazione. The Caribbean House nasce anche da questo impulso localista di recuperare un brandello di storia legata a movimenti, club e scene musicali dell’amata Emilia, attualizzandone alcuni aspetti senza troppa nostalgia ma anzi con una consapevolezza e un senso di rivendicazione ben precisi. Cercando al contempo di non trascurare la parte più evocativa del suono.
Passi che stai per compiere: quali sono i tuoi prossimi progetti?
B: (sfregandosi le mani, ndr) Svariati, sono molto carico in questo periodo perché il pentolone caraibico ribolle di tante idee che vanno pian piano concretizzandosi, vado ora ad elencare:
– una colonna sonora firmata T C H per un nuovo brand di arredamento presentato al Salone del Mobile 2016.
– Un singolo come Billy Bogus a quattro mani col formidabile producer Kasillen, dedicato al film “Svengali” del ’31, in uscita questo mese.
– Un Maxi singolo in collaborazione con Brioski in uscita per Bordello A Parigi nei prossimi mesi.
– Abbiamo pronte nuove tracce come T C H che spero troveranno sfogo presto, in caso contrario infilerò qualche spillone nel mio bambolone.
– Altre cose sicuramente dopo l’estate ma aspetto a parlarne perché praticando il vudù emiliano-padano conosco bene l’arte della scaramanzia.
Passi sinestetici: salutaci non con delle parole, ma con una traccia, non importa se tua o di altri.
B: LXSS (aka Laxative Souls) “Niccolai”
F: “Lay And Love” dalla colonna sonora di “This Must Be The Place”