Visto il clamore suscitato dalla sua esibizione alla Boiler Room di Nottingham di qualche giorno fa, è evidente che Lone non avrebbe potuto scegliere vetrina migliore per lanciare in grande stile il suo nuovo, sesto album in studio. Una presentazione in pompa magna un po’ perché il contesto è di quelli, per sua natura, in grado di fare notizia sempre e comunque (nonostante sia sempre più raro poter assistere a un esordio, e quindi a una novità vera e propria), un po’ perché Matt Cutler è stato in grado di pescare il coniglio dal cilindro, presentando uno show vivo, energico ed entusiasmante come forse mai prima d’ora. Chi scrive ne parlava giusto giovedì scorso, a margine del live di Gold Panda a Spring Attitude: la nuova musica di Derwin Schlecker ha diverse sfumature che ricordano quella di Lone, il quale però non sempre è riuscito a veicolarla dal vivo con gli esiti e il clamore che ottenuti dal collega sin dai tempi di “Lucky Shiner”, nonostante anche il suo live sia da sempre contraddistinto da un formato piuttosto “snello”.
Almeno fino alla Boiler Room di Nottingham, appunto. Possibile che sia bastata solo la presenza di un batterista a cambiare le carte in tavola? Non proprio: ciò che sembra aver fatto saltare il banco è il cambio di rotta stilistico di Lone, che dopo gli esiti entusiastici di “Reality Testing” si tuffa senza remore e senza paure nelle spigolose strutture drum & bass, piazzando sotto i ghirigori disegnati dalle sue linee di synth groove decisi e vertiginosi. Se “Reality Testing” era un lavoro in qualche modo accomodante, per la natura delle melodie che Lone è solito proporre nella sua musica e per i modelli perseguiti nelle varie “Aurora Northern Quarter”, “Airglow Fires” e “Restless City”, con “Levitate” si scherza molto meno, estremizzando i concetti accennati (ma non più perseguiti) con “Galaxy Garden”.
“Levitate” procede per strappi, con “Alpha Wheel”, “Triple Helix” e “Sea Of Tranquillity” (tracce uno, cinque e otto della tracklist) ad alternasi a lavori dal respiro diametralmente opposto. Brani dalle ritmiche vigorose e schizofreniche contrapposte ad altri estremamente placidi e rasserenanti: è il vigore del “nuovo Lone” che fa a pugni con gli elementi più familiari della sua musica, in un incontro che non deve avere necessariamente né vincitori né vinti. Il risultato è un avvincente – ma forse troppo breve – progressione che tocca il suo picco di massima intensità in “Backtail Was Heavy”, il brano manifesto dell’intera raccolta. La vitale conflittualità dell’album, quella alla base del cambiamento stilistico firmato Matt Cutler, trova qui la sua estatica sublimazione, spalancando le porte della jungle anche a chi della drum & bass non ha fin qui voluto sentir parlare.