Responsabilità. La prima parola che mi viene in mente e la prima sensazione che provo dovendo parlare di Rebirth è senza dubbio responsabilità. Si, perché la storia di questa label e quella del suo proprietario Daniele Contrini, meglio conosciuto come Shield, è una storia che può insegnare tanto a chi si affaccia oggi nel mondo della discografia della musica elettronica in Italia, e non solo. Rebirth giunge a 10 anni di vita, un lasso di tempo ben speso e molto prolifico che la caratterizza come una delle realtà italiane più importanti di oggi, con un background da invidiare. Mentre ve ne parlo, non posso nascondere che lo faccio con il sorriso sulle labbra provando una grande sensazione di piacere, perché tutto ciò fa emergere che anche nel nostro paese ci sono delle eccellenze nel mondo della musica elettronica e che di queste eccellenze dobbiamo esserne fieri. Per festeggiare questo anniversario il 25 di Luglio uscirà “Rebirth 10”, una raccolta compilata e mixata da Larry Heard aka Mr. Fingers, con un artwork curato, per l’occasione, dall’ex Kraftwerk Emil Schult. Dunque non ci resta che aspettare la fine di Luglio per goderci questa compilation e, come ci ha anticipato Daniele, l’inizio di Settembre per il party di festeggiamenti in pieno stile Rebirth.
Com’è cambiato il vostro metodo di lavoro in questi 10 anni? Nel 2016 aprire una label è più facile rispetto al passato, ma com’è portarla avanti e farla crescere?
Era il 2006 quando ho deciso di creare la Rebirth e già si percepiva che il mercato stava piano piano raggiungendo la saturazione. Fin da subito ho preferito selezionare accuratamente le uscite discografiche piuttosto che “firmare e buttare” sul mercato ad occhi chiusi tutto ciò che poteva vendere. Una serie di produzioni di grande impatto unite ad un efficace lavoro promozionale e di ricerca musicale, hanno contribuito ad accrescere la reputazione e la credibilità della label. Sono trascorsi dieci anni dalla prima release, molto è cambiato, ma ciò che è rimasto intatto è la mia passione, lo spirito di ricerca, il desiderio di provare una sensazione ascoltando un brano musicale. Oggi è sicuramente più facile e meno rischioso aprire una label rispetto al passato, quando occorrevano grossi investimenti, ma è molto più difficile creare un percorso, una propria identità e farla crescere nel tempo. Il mercato è pieno di esempi in questo senso. Molti produttori e molte etichette sembra tocchino il cielo con un pezzo, raggiungono spesso grande notorietà, mostrando la smania di avere tutto e subito, per poi svanire rapidamente nel nulla.
Oggi come definiresti il sound di Rebirth?
Fin dall’inizio Rebirth ha cercato di non seguire i trend del momento, ma di costruire un proprio sound riconoscibile che, partendo dalle radici della house music, unisse l’anima e il calore di una melodia o di una canzone alle nuove tecnologie. In questo lavoro sono sempre alla ricerca di qualcosa che vada al di là del tempo, qualcosa che immagino potrò ascoltare tra 20 o 40 anni.
Ti va di raccontarci qual è stato il momento più importante o la soddisfazione più grande dell’etichetta in tutto questo tempo?
Non c’è stato un momento topico o di svolta. Mi piace piuttosto parlare di percorso. In questi primi dieci anni abbiamo prodotto artisti affermati come Joey Negro, Michel Cleis, Agoria, Butch, Marc Romboy, Freaks, Rampa e Blond:ish. Abbiamo commissionato remix a nomi quali Motor City Drum Ensemble, Deetron, Radio Slave, Tensnake, Morgain Geist, Henrik Schwarz, Andrès, Joe Claussell, Soul Clap, Jimmy Edgar e Ripperton. Abbiamo avuto il piacere di portare all’attenzione del pubblico nuovi talenti come NUfrequency, Tevo Howard, Robytek, James Teej, Trio / Bocca Grande, Alison Marks / Wallflower, Corrado Bucci e Chromatic Filters. Sono state importanti le collaborazioni con artisti del calibro di Shara Nelson, Tracey Thorn, Ben Onono e recentemente Antena. Il successo riscosso l’anno scorso con “Marvinello” di Michel Cleis & Klement Bonelli mi ha riempito di soddisfazione, ed è stato il frutto del lavoro di più di un anno e della perseveranza nel credere in quello che faccio.
Per festeggiare questo anniversario uscirà una compilation di due CD. Chi di voi ha selezionato le tracce da includere e con che criterio l’ha fatto?
A fine luglio uscirà Rebirth 10, una doppia compilation che raccoglie alcuni tra i pezzi più significativi della label in questi primi dieci anni. Chi meglio di Larry Heard poteva occuparsi di questa selezione? Il mix che ci ha consegnato incarna la nostra anima musicale e le diverse sfaccettature che ci contraddistinguono. Larry, oltre ad aver remixato tre brani per l’etichetta, è tra i produttori che hanno scritto la storia di un genere musicale e uno dei nomi che più hanno influenzato la nostra musica.
L’artwork della compilation sarà curato dall’ex Kraftwerk Emil Schult. Com’è nata questa collaborazione?
Mi piace la commistione tra arte e musica, per cui ho deciso di coinvolgere Emil Schult in questo progetto. Emil ha creato alcune immagini apposta per l’occasione. La cover è una immagine semplice e di impatto che neanche a farlo apposta ricorda la copertina di “Amnesia”, l’album seminale di Mr. Fingers. Fare visita nel suo studio a Düsseldorf, e respirare la sua esperienza con i Kraftwerk, è stato un momento indimenticabile. Sono davvero contento che abbia deciso di lavorare a questo progetto.
Per questo compleanno ci saranno anche delle label night o hai deciso di concentrare tutto sulla compilation per fare un qualcosa di più “profondo”?
Stiamo lavorando anche al party per festeggiare i dieci anni. Proprio in questi giorni stiamo definendone i dettagli, si parla del 4 Settembre e saranno coinvolti alcuni degli artisti che hanno collaborato con la label in questi anni.
In molti, non addetti ai lavori compresi, sono attratti dal mondo della discografia, immaginando che sia tutto molto facile e soprattuto che non comporti grandi sforzi. Ti senti di sfatare questo mito? Considerando la tua esperienza quali sono, per te, i lati peggiori e migliori di questo lavoro?
Si, c’è chi pensa questo, ma non è così. Come dicevo a volte emergono protagonisti che rapidamente raggiungono il successo, ma che poi risulta effimero se manca uno studio serio. Per chi si dedica con impegno e costanza a questa attività, nulla è scontato. Più che il clamore di un successo, conta la continuità dei risultati che debbono essere in progressiva crescita, ma anche la considerazione di chi comprende a pieno il messaggio musicale. In questo senso uno dei lati peggiori di questo lavoro è che a volte dipendi dal giudizio di chi in questa musica cerca solo un’occasione di sballo. Viceversa uno dei migliori aspetti positivi è che puoi influire sulla formazione del gusto musicale delle persone, ampliando la platea di chi ne comprende il messaggio.
Quanta Italia c’è in Rebirth e quanta Rebirth c’è in Italia? Mi spiego meglio. In tutti questi anni hai prodotto molta musica di artisti italiani e la sede è ancora qui nel nostro paese. In una vecchia intervista che ci avevi concesso hai dichiarato: “La mia visione e selezione musicale difficilmente si sposava con la mentalità poco aperta della maggior parte del clubbing italiano”. Per te è ancora così o qualcosa è cambiato?
Fin dall’inizio la nostra musica ha ottenuto consensi soprattutto nel mercato estero, tanto che in molti pensavano che Rebirth fosse un’etichetta inglese. Io sono dell’opinione che il dj debba un po’ andare incontro alle esigenze del pubblico, ma cercando di rimanere fedele a se stesso, al proprio gusto. Siamo partiti producendo artisti prettamente stranieri, mentre ora la maggior parte sono italiani. Quanta Rebirth c’è in Italia non sta a me dirlo. Noto che negli ultimi anni molti ambienti si sono aperti ed ora apprezzano quella musica di ricerca che prima non veniva presa in considerazione.
In relazione alla domanda di prima ti chiedo anche perché hai deciso di rimanere in Italia. Otre al tuo caso ritieni che nonostante tutto oggigiorno sia possibile continuare a vivere di musica in Italia?
Parto dal fondo. Rebirth è la dimostrazione che è possibile continuare a vivere di musica in Italia. Probabilmente avrei avuto maggiori opportunità all’estero, ma come tanti altri italiani, ho fiducia che qualcosa possa cambiare in questo Paese.
Sono curioso di chiederti quanta musica ti arriva ogni giorno e quante ore dedichi all’ascolto di questa, sia per l’etichetta che per i dj set. Inoltre, da esperto del settore, che consigli ti senti di dare ai nuovi produttori che voglio differenziarsi dalla massa e che magari vogliono inviare le proprie demo a Rebirth?
Arrivano tantissime demo ogni giorno, ultimamente sono aiutato nell’ascolto dai miei collaboratori Corrado Bucci e Matteo Dincao. Io preferisco andare alla ricerca e alla scoperta di talenti attraverso altri canali, o alla riscoperta di qualche brano del passato da riproporre al momento opportuno. Oggi è difficile emergere, la concorrenza è elevata, l’offerta è incredibile. A volte uno stesso produttore mi sottopone due o tre tracce ogni due settimane. Forse per distinguersi è necessario produrre di meno, concentrarsi sulla qualità, più che sulla quantità, produrre qualcosa in cui ci si rispecchia a pieno, e non tanto per uscire e apparire con il proprio nome.
Come vedi Rebirth tra altri 10 anni? Ci sono altri obiettivi importanti a cui vuoi arrivare o ti ritieni soddisfatto e continuerai a lavorare su questa linea?
Rebirth tra dieci anni? La vedo fedele alla propria filosofia musicale. Continueremo a fare quello che ci piace, incanalando le energie e gli investimenti per i produttori che fanno parte della nostra famiglia e che hanno dimostrato di tenere veramente a questa label. Cercheremo di raggiungere un pubblico più ampio, tutte le persone che potenzialmente possono apprezzarci.