Grazie alla pagina Torino Graffiti, che riporta alla luce vecchi articoli di giornale in cui si parla di arte e musica nella scena torinese pre internet di massa, sta girando su Facebook questo articolo datato 1997, in cui si presentano i dj protagonisti della scena torinese dell’epoca, alla partenza della stagione autunnale di quell’anno.
Un reperto d’archivio (che vi invitiamo a leggere vista l’alta qualità dell’immagine) di notevole valore per chi, come noi, si occupa di clubbing e nightlife, innanzitutto per i dj che vengono presentati, tra cui dei giovanissimi Giorgio Valletta, Sergio Ricciardone, Gianluca Pandullo e un appena trentenne Gigi D’Agostino, ma anche e soprattutto per l’evidente diversità con cui la stampa e di riflesso anche l’opinione pubblica più matura e fuori da queste dinamiche si approcciava alla figura del dj, già riconosciuto trascinatore di masse ma non rockstar, estremo conoscitore di musica e tendenze, con Londra come faro guida della propria selezione musicale, ma anche figura descritta con una certa curiosità (bellissimo il primo paragrafo in cui l’articolista si sorprende dei compensi).
Non erano certo i primordi della nightlife, la stampa italiana già aveva strombazzato a più riprese contro questo genere di divertimento e i dj house americani già prendevano cachet notevolissimi in Italia, ma la cosa che veramente colpisce (ancora una volta), se leggiamo l’articolo con gli occhi di oggi, è il collegamento praticamente naturale tra il dj e il locale di riferimento. Non si parla di guest stranieri all’apertura di questo o quel locale, si parla dei resident perché sono loro che caratterizzano il locale, sono loro che trascinano le masse di concittadini e sono loro i campioni ambiti dalle discoteche degli anni ’90. Si presenta la scena locale, non si presentano i guest che apriranno i vari locali, semplicemente perché non erano così importanti.
Non sarebbe giusto accodarsi alla lunga fila del “si stava meglio prima” (perché l’ignoranza era forte anche allora, a tutti i livelli) ma, sinceramente, quanti articoli del genere avete letto su dei quotidiani della vostra città all’apertura dell’ultima stagione invernale, negli ultimi quattro cinque anni? L’inserto milanese del Corriere ha presentato i dj resident della città, come in questo articolo? Il Tempo? Il Mattino o il Resto del Carlino? I siti di news città-today?
La questione è complessa ma fa sorridere, per usare un eufemismo, che la carta stampata (quotidiani e magazine) oggi riconosca il dj come rockstar, magari con una intervista a due-tre colonne al dj straniero televisivo di turno, ma non si interessi minimamente alla scena locale (indipendentemente dal genere). E lo sapete di chi è la colpa? In parte dei giornalisti ovviamente, che hanno perso la curiosità e il saper fare cronaca (dote primaria per quel mestiere), ma anche e soprattutto nostra, che i locali li frequentiamo, che facciamo le code solo quando c’è tale guest di turno. Vogliamoci bene, approfondiamo il nostro, valorizziamoci, perché la qualità e la quantità di una scena musicale, alla fine, è si fatta da chi suona ma, anche e soprattutto, da chi la frequenta. E da questa scena, descritta nel 1997, che è nata la Torino elettronicamente all’avanguardia dei primi anni 2000.