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[tab title=”Italiano”]Racchiudere trentatré anni dei propri pensieri, delle proprie ispirazioni, dei propri sentimenti, delle proprie “pulsazioni organiche”; saltare dal passato al presente passando –forse?- pure per il futuro; raccontarsi a se stessi in primis e poi agli altri, lasciarsi conoscere e scoprire… “Pink Flamingos”, il nuovo album del compositore francese In Aeternam Vale uscito su Dement3d, è un trittico di vinili che racchiude più di trent’anni di carriera in due ore di musica varia e ben ricercata nel suo spaziare tra più stili nel corso degli anni della propria composizione. Due ore in grado di parlare, di raccontare, capaci di far conoscere un’artista che non ha mai amato stare sotto le luci dei riflettori ma che ha conservato e protetto, sempre gelosamente, il suo rapporto quasi morboso con le macchine e con la composizione in studio. Per se stesso in primis, e poi per gli altri. Per un “presente più accettabile”, per il desiderio irrefrenabile di uscire dai canoni e allontanarsi dalla moda, per la voglia di esprimersi, per seguire nient’altro che il proprio istinto e per la ricerca assidua e senza fine di quello che per lui è alla base di tutto: l’essenza.
Come prima cosa mi piacerebbe iniziare dai tuoi albori. Sei un ex punk che già negli anni ’80 produceva musica electro, wave con influenze industrial e punk. Cosa c’è di ancora vivo in te di quegli anni? Ti senti cambiato nel tuo rapporto personale con la musica in qualche modo?
Be’, negli anni ’80 producevo musica con l’uso di sintetizzatori e delle prime macchine analogiche in modo da poter creare e registrare in qualsiasi momento, ma le definizioni “electro” o “x-wave” per descrivere la musica elettronica fatta in casa non erano state ancora usate in quel periodo. Le mie influenze venivano certamente dal punk e dall’industrial, hai ragione, e produrre musica di quel tipo per me era il modo migliore che avevo trovato per comporre ed esprimermi. L’idea era quella di uscire dai canoni musicali che percepivo vivi in quei tempi; insomma sicuramente la musica è sempre stata legata alla moda e forse oggi ancora di più, ma io volevo solo concentrarmi sull’essenza; è l’essenza quello che conta per me, l’essere istintivo, fare musica connessa al proprio istinto e alle proprie pulsazioni organiche. Tutto ciò in me vive ancora, senza dubbio! Solo i sintetizzatori, le drum machines e le tecniche sono cambiati. In questo si, mi sento cambiato perché oggi ci sono strumenti molto più potenti per fare musica e io non sono un nostalgico… sebbene il mio modo di lavorare sia rimasto pressoché lo stesso. Non so mai bene quando inizierò una nuova traccia, e non so mai bene come essa si svilupperà fino a che non metto le mani su una macchina per iniziarne la composizione.
Qualche settimana fa hai rilasciato il tuo ultimo “full-lenght” su Dement3d Records, intitolato “Pink Flamingos”. Il titolo dell’album mi ha ricordato immediatamente l’omonimo film uscito nel 1972. C’è forse qualche connessione tra l’album e questa pellicola?
No, non c’è. Quando ho scattato la foto che poi è diventata la copertina dell’ LP, era una fredda mattinata di febbraio 2016, e ho avuto il pensiero di tutti noi bloccati e imprigionati qui sulla terra nei nostri posti di lavoro, nelle fabbriche e nelle varie attività; e il colore della luce mescolato a quello della nebbia di quel freddo giorno d’inverno mi ha ricordato quello dei fenicotteri rosa.
“Pink Flamingos” è un trittico di vinili composto da 16 tracce che hai scritto nel corso di quasi tutta la tua carriera, tra il 1986 e il 2014. Da dove arriva il desiderio di pubblicare un album che ripercorra 33 anni della tua musica?
Questo è stato più un desiderio di Julien piuttosto che mio. Come boss di Dement3d, lui aveva questa idea in mente e ne abbiamo discusso insieme circa 2 anni fa. Io ero d’accordo, e così lui si è messo a selezionare le varie tracce che sarebbero potute risultare interessanti e utili per il progetto.
Sebbene “Pink Flamingos” possa sembrare a primo impatto una compilation, ascoltandolo ci si rende conto che si tratta invece di un vero e proprio album con un senso ben preciso. Come hai scelto i brani per l’album, e come li hai messi in ordine?
Si, hai ragione. Si tratta proprio di un album con un senso ben preciso. Appunto, come dicevo, è stato Julien a scegliere la maggior parte dei brani dalla selezione dei dischi che ho a casa, io gliene ho appena suggerito qualcuno dei più recenti e l’ho aiutato per la corretta costruzione del flow. Non avevo un’idea ben precisa di cosa sarebbe venuto fuori, ma sono rimasto sorpreso, a lavoro concluso, dall’omogeneità di quello che avevamo costruito. Lì, è nata l’idea di aggiungere accanto al titolo delle tracce l’anno di registrazione di ognuno dei brani.
Il fattore che più mi impressiona di “Pink Flamingos”, è l’ascoltare brani registrati negli anni ’80 in grado di risultare così attuali e moderni. Tutto ciò, nel mio immaginario, ti fa apparire come un giovane punk che componeva musica sognando il futuro. Ora che siamo nel futuro, è questo album forse un modo per tornare nel passato?
Personalmente io sento la differenza invece, perché negli anni ’80 tecnicamente non lavoravo allo stesso modo in cui lavoro oggi, bensì lo scopo fosse lo stesso. Quello che voglio dire è che, anche se ancora non so cosa stia facendo esattamente con la musica, in quegli anni stavo cercando di soddisfare il mio corpo e le mie orecchie nella stessa maniera in cui cerco di farlo oggi. E poi, alla fine, non stavo sognando il futuro… stavo solo cercando di vivere un presente accettabile.
Qual era ed è il tuo rapporto con il pubblico? Mi sembra che tu per tua scelta abbia sempre preferito rimanere un po’ in disparte, nell’ombra…
Be’ si, infatti ho iniziato a fare live show solo di recente e su “grande richiesta” per farla breve, perché ora ho tempo e anche perché è più facile tecnicamente lavorare con macchine analogiche personalizzate in un hybrid piuttosto che con un set up più articolato. Il più delle volte, nel passato, sono rimasto sempre nascosto dietro le macchine a casa; era molto raro mi esibissi live. Il mio rapporto con il pubblico ad oggi, comunque, credo sia buono, e sono felice e grato del fatto che i miei live show vengano apprezzati. Ad ogni modo, per esibirmi live, ho bisogno di mantenere acceso il fuoco sacro dentro di me e per questo non posso espormi così spesso.
La tua musica è composta alla base da forti sonorità techno influenzate da beat post-punk, droni e soundscapes. Ma a te come piace definire il tuo sound?
In una sola parola, è organico.
A mio parere oggi sei come un veterano che compone musica d’avanguardia. Che ne pensi di questa definizione?
E’ una bella definizione questa che hai trovato, ma non so quanto la mia musica possa essere considerata d’avanguardia… dopo tutto è solo ispirata dai suoni della mia mente proprio così come lo era anche 30 anni fa.
Ultima domanda. Qual è il tuo brano preferito dell’album, se ne hai uno?
E’ “Autor Du Signal”.[/tab]
[tab title=”English”]Enclose thirty-three years of his thoughts, his inspirations, his feelings, his “organic pulses”; jumping from the past to present through –maybe?- the future as well, telling himself at first and then to the others making himself known and be found out… “Pink Flamingos”, the new album by the French composer In Aeternam Vale out on Dement3d, is a triptych of vinyl which encompasses more than thirty years of his career in two hours of well sought music in his developing among multiple different styles over the years of its composition. Two hours able to talk, to tell, to make known an artist who has never loved being under the spotlight but that has always jealously protected and preserved his strong relationship with machines and the work in studio. For a more “acceptable present”, for the overwhelming desire to get out of the norm moving away from fashion, for the desire to express himself following only his own instinct continuing the no-end research of what for him is the most important thing: the essence.
As first thing I would like to start from your dawn. You are an ex punk who already in the 80s produced electro, wave with industrial influences and punk. What is still alive in you from that years today? Do you feel changed about music somehow?
Well in the 80’s I was producing my own music with synthesizers and early analog drum machines to create and record at any time, but the words “electro” or “x-wave” to describe homemade electronic music were not used at this time. My influences were coming from punk and industrial music you’re right and I was making electronic music because it was for me the best way that I found to compose and express myself. The idea was to get out of the codes I felt in music at this time, I mean there’s always a matter of fashion in music and today maybe more than ever before, I just wanted to focus on basics, basics in music that matters for me, just being instinctive and make music connected to organic pulsations and drives. All of this is still alive, only synthesizers, drum machines and techniques has changed. I do feel changed because there’s much more powerful tools to create than in the 80’s and I’m not nostalgic, my way of working as not changed that much, I never know when I will start a new track and I never know how I will build it until I put my hands on a machine and start a composing process.
Few weeks ago you released on Dem3nt3d your latest full-length “Pink Flamingos”. The headline of your album reminded me immediately of the namesake movie which was released in 1972. Is there maybe any connection among your album and this film?
No, there’s not. When I took the picture that became the cover of the LP a morning of February 2016 I just had that thought of all of us stuck here to the ground in our jobs, factories and activities and the colour of the light above the fog of this winter day made me think about pink flamingos.
“Pink Flamingos” is a triptych of vinyl composed by 16 tracks you wrote during almost your entire career between 1986 and 2014. Where does the desire come to release an album retracing 33 years of your music?
That was more Julien’s desire than mine. As the boss of Dement3d he had this idea in mind and we discussed about it 2 years ago. I agreed with this idea and so he came home to select tracks that could be interesting for the project.
Although “Pink Flamingos” may seem a compilation listening to it tells us that it is a “real album” with a well precise sense. How did you choose the tracks for the album and how did you put them in order?
You are right, it’s an album with a precise sense. Julien choose most of the tracks of the LPs from the selection he made at my home, I just suggested some recent tracks to be added and helped him for the construction of the flow. I got no precise idea of what will come out and I was surprised of the homogeneity of what we finally built so we decided to add the years when the different tracks were recorded.
The thing that most of “Pink Flamingos” impress is listening to some track date 1988 – for example – sounding so current and modern, and this fact makes me imagine you as such a young punk composing music dreaming of the future. Now that we are in the future is maybe this album a way to come back to the past?
Personally I feel the difference because I was not technically working the same manner in the 80’s than I am today but the intention was the same. What I mean is that even if I still don’t know what I’m exactly doing in music I was trying to please my ears body and mind in the same way than I am today. Anyway, I was not dreaming of the future I was just trying to live an acceptable present.
What was and is your relationship with the public? It seems to me you always preferred to stay a little on the back, in the shadows…
I really started to make live shows let’s say to make it short on “popular demand” recently because I have time and also because it’s technically easier to work with custom analog machines inside a hybrid and not too huge setup. In the past I remained most of the time hidden behind the machines at home and it was very rare that I performed live. My relationship with the public is good I think and I’m glad and grateful my live shows are appreciated. But I need to keep the sacred fire inside me to perform live so I cannot expose myself to often anyway.
Your music is done by a strong techno sound affected by beat elements post-punk, drones and soundscapes. But how do you like to define your sound?
In one word, it’s organic.
In my opinion actually you are like a veteran playing avant-garde music. How do you feel about this?
That’s a nice definition you found here, anyway I don’t know if my music is avant-garde, it’s just built from the sounds in my mind as it was also 30 years ago.
The last question. What’s your favourite track of the album if you have one?
It’s “Autour Du Signal“.[/tab]
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