Sono ormai passate un paio di settimane dall’ultimo show di Avicii, abbastanza per scrollarsi di dosso ogni ipotetico sentimentalismo ed analizzare in modo più lucido e razionale la scelta di allontanarsi definitivamente dai palchi. Difficile stabilire quanto irreversibile sia la decisione di non tenere più esibizioni dal vivo, difficile quantificare la componente di “addio” e quella di “arrivederci”. Al momento dell’annuncio risalente allo scorso marzo, ma anche nei mesi successivi, il neo-ventisettenne è sembrato piuttosto irremovibile; e quando uno dice, con questi toni, che ne ha abbastanza di quella vita, beh il primo impulso è quello di credergli. Anzi, la sensazione è quella di essere incappati in uno dei rari scampoli di sincera umanità che lo show business, e in particolare quel mondo EDM che dall’esterno appare tanto plasticoso ed artefatto, ogni tanto si lasciano sfuggire. Avicii, anzi, Tim è stato l’incarnazione del sogno per una generazione di teenager: dai beat in cameretta ai palchi più prestigiosi del mondo, lungo una strada, quella che porta in vetta, quasi sempre a senso unico. Probabilmente, mentre produceva “Bromance” e poi “Levels” non aveva idea di quello che sarebbe venuto dopo. O forse ce l’aveva ed era profondamente diversa. Le hit, il successo, i dj set in ogni angolo del mondo, gli introiti stellari, i jet privati. Ma anche l’essere costantemente sotto pressione, il non potersi permettere mezzo passo falso, l’insicurezza, l’ansia da prestazione, la lontananza dagli affetti e dai luoghi sicuri, tutti quei rovesci della medaglia che di sicuro non rientrano nei sogni di un ragazzino. Fare il dj non è come lavorare in miniera, certo, ma non è neanche tutto rose e fiori, soprattutto ai livelli di un Avicii. Per alcuni, come nel caso di Tim, può rivelarsi una prigione dorata. Quando il peso si fa insostenibile, quando il malessere spirituale ma soprattutto fisico diventa più forte del sogno, non si hanno più tante alternative: o si rimane schiacciati o ci si fa da parte. In queste condizioni, quella di ritirarsi è stata la scelta più saggia che Tim potesse fare. Ha scelto di non farsi spremere ulteriormente, ha capito che il sogno che coltivava da diciottenne l’aveva realizzato e ha deciso di lasciarlo più o meno intatto, abbandonandolo prima che lo fagocitasse completamente. L’aspetto economico, in casi come questo, passa necessariamente in secondo piano; ancor di più se ci si rende conto che è vero che dai live oggigiorno arriva la fetta più consistente delle entrate di un artista, ma è altrettanto vero che Avicii rientra in quella relativamente ristretta cerchia di privilegiati che per meriti propri sono in grado di passarsela piuttosto bene anche solo con gli introiti derivanti direttamente dalla musica, nonché dalle varie sponsorship e simili. Ma soprattutto, chi siamo noi per fargli i conti in tasca gridando scandalizzati “Ma come fa a ritirarsi rinunciando a tutti i soldi che fa con i live?”. Chissenefrega, no? Non è forse più rilevante il fatto che l’EDM, ma anche il pop, abbiano perso (per sempre?) la possibilità di godere dal vivo di uno dei suoi artisti più influenti ed originali per colpa di un sistema che ha rischiato a più riprese di farcelo rimanere secco? A livello prettamente musicale poi, siamo convinti del fatto che un artista come Avicii possa esprimersi decisamente meglio in uno studio piuttosto che dietro ad una consolle, dove soprattutto nel mainstream, lo spazio di manovra è estremamente limitato per svariati motivi. Tim continuerà a fare musica, continuerà a liberare la sua creatività senza i vincoli dettati dal dancefloor. Magari si dedicherà a generi completamente diversi, chi lo può sapere? A conti fatti, quindi, non possiamo non guardare con favore la sua decisione. Attendiamo con curiosità di conoscere i suoi prossimi passi ma soprattutto, per ora, gli auguriamo di ritrovare la serenità necessaria a ritrovare l’ispirazione.
Jacopo Rossi
Diplomato al liceo classico e al Sae Instutute Milano, attualmente studente di Economia, ascolto musica elettronica più o meno da quando ho iniziato a camminare, e quando ho tempo provo anche a produrla. Nutro una curiosità viscerale nei confronti della club culture e di tutto quello che ci ruota intorno. Scrivere mi aiuta a mettere ordine tra i pensieri.
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