Oramai lo sapete “Sirens”, il nuovo album di Nicolas Jaar, esce domani in digitale e il 14 ottobre in vinile.
Non vi neghiamo che lo aspettavamo al varco, il buon Nico. Se il primo disco risalente ormai al 2011 “Space Is Only Noise” ci aveva convinto con le sue morbide cadenze downtempo e i tocchi ambientali/deep-house (sensazione confermata dai suoi incredibili live molto suonati-sudati), con la serie di EP “Nymphs”, con l’EP “Fight” e con la colonna sonora in download gratuito “Pomegranates” gli animi si erano un po’ raffreddati.
Perciò l’ascolto di questo nuovo disco sulla lunga distanza è stato, per chi scrive, cruciale: si attendeva un LP che potesse confermare il talento del produttore per metà cileno e per metà americano; che dimostrasse come l’estroso Jaar sappia ricondurre le sue divagazioni artistiche/sperimentali all’interno dei binari dell’intrattenimento; nondimeno che il tutto fosse a fuoco e non diluito fino a perdere di sapidità. Ebbene, “Sirens” è tutto questo e ci restituisce un produttore che sa osare e coinvolgere allo stesso tempo.
Non è un disco facile, lo diciamo subito, ma nemmeno così complesso (i detrattori direbbero noioso) come potrebbe suonare ad un orecchio distratto. Merita un ascolto attento quindi e – soprattutto – integrale perché è un percorso che parte rarefatto ed elegantissimo (il pezzo di apertura “Killing Time” con i suoi primi secondi di silenzio assoluto ed i saliscendi ambient-glitch di pieno/vuoto sonoro) e cresce con il passare del minutaggio, mutando di continuo la sua pelle (“The Governor” e “Three Sides Of Nazareth” ammiccano parimenti ad Alan Vega e ai neu! ascoltare per credere, mentre “No” è una cumbia al rallentatore che funzionerà nei club come a casa) pur rimanendo riconoscibile.
La sua musica, mai come in questo album, è un fluire continuo di intuizioni sonore che rimandano alla musica ambientale, a quella d’avanguardia, al folk e alla cosmica, ma con un tocco del tutto personale, come se il ragazzo stesse lì a dire: ecco il mio suono, senza “trucchi né parrucchi”, con le influenze che sono chiare (Brian Eno, Tangerine Dream ma anche Suicide e Devendra Banhart giusto per citare quelli più ingombranti), eppure filtrate attraverso la propria sensibilità.
Bentornato al meglio caro Jaar, siamo pronti a scommettere che dal vivo sarà una conferma nella conferma!