È sorprendente come Andrew Lustman, pur stando nei definiti spazi del hardcore continuum tanto quanto Zomby, Burial e buona parte degli artisti di Ninja Tune o Planet Mu, per non parlare di quelli di Hyperdub, riesca ogni volta a cambiare ed evolversi toccando sempre uno dei vertici di questo genere, passando dalla jungle al future garage, toccando idm e post-dubstep (di sfuggita), sempre girandoci intorno, con fluttuazioni musicali che ci hanno consegnato un fantastico “Hardcourage”, ottimi EP e qualche passaggino a vuoto – ”The Crystal Cowboy” per Planet Mu non finiva pienamente di convincere.
Ecco perché nell’attesa della solita evoluzione non ci sorprendiamo nel trovare stavolta FaltyDL alle prese con il suo lavoro più pop, più immediato, più squisitamente lirico ed ancestrale.
Nel pieno della mania spesso fin troppo abusata del DIY, FaltyDL produce e manda alla luce, tutto da solo, il suo sesto lavoro e lo fa in maniera perfetta, consigliato e suggestionato perfettamente dall’amico Paradinas che collabora in “Frigid Air”, un pezzo che da solo vale il disco, confermando di gran lunga il taglio alla Heterotic (“Shock Therapy”, “Fleshy Compromise” i rimandi più evidenti) di tutto il disco.
Synth morbidi da voli pindarici e una semplicità che giova ad un ascolto rilassato da Domenica mattina che sa di foglie cadute e bagnate, prima brina e caldi focolari.
Ritmicamente non ci spiazza più di tanto sentire Lustman alle prese con ritmiche spezzate, incastri tra kick e snare, spesso ridotti al minimo, che si dissolvono e ricompongono creando un immaginario fluttuante in un saliscendi di emozioni e anche quando il beat è trascinato come in “River Phoenix” ci pensa un field recording sottile e una cassa che si fa in quattro, a creare crescendo impalpabili, ovviamente sognatori. Ci lascia invece piacevolmente interdetti sentire questo producer ormai completamente poliedrico, districarsi in intrecci di synth ambientali, tracce no-beat (attenzione a questa definizione: verrà abusata nei prossimi mesi, ci scommettiamo), lontane dalle ultime produzioni e per questo per nulla scontati.
In tanto spazio per la fase REM, rimane comunque qualcosina per i “dancefloor addicted”. Di qualità superiore è “Bridge Spot”: un pezzo squisitamente Garage UK dove droni si mischiano a un sample di fiati sostenuti da cassa e frusta 2-step – ca va sans dire – in una costruzione profondamente evolutiva rispetto ad esempio al garage tradizionale di MJ Cole o Artful Dodger.
Infine il coup de theatre, l’abbrivo in più, i pezzi cantati del disco: soffice velluto blu per sogni di primo mattino, “Drugs” ci aveva già sorpreso per leggerezza (sensazione un po’ di tutto l’album) e taglio melodico tra Little Dragon e Purity Ring (primo album), “Infinite Sustain” invece è preghiera laica fatta di vocalizzi alti, puliti, “no effect” in una traccia dalla limpidità sconvolgente.
Disco di nicchia e di cambiamento sostanziale questo “Heaven Is For Quitters” per cui lo stesso Andrew aveva dichiarato di sentirsi ansioso (“chissà se i fan gradiranno”, si è chiesto in più di un intervista) che invece passa a pieni voti l’esame a cui era evidentemente atteso.
FaltyDL transita veloce nel paradiso di illusioni e illusi il tempo sufficiente per innescare il moto: sogno, desiderio, viaggio, in un album che pecca solo per il fatto di uscire troppo tardi per finire altissimo nelle classifiche di fine anno, un lavoro per noi invece imprescindibile per chi cerca un ottima elettronica tra sogno e intelletto.