Lo scorso 14 ottobre con un’allegra combriccola berlinese composta da giornalisti, booker, fotografi e promoter ci siamo ritrovati alla Hauptbahnhof di Berlino, intenti a prendere lo stesso treno: direzione Praga. Come mai, vi chiederete voialtri, una collaboratrice di un webzine italiano, tra l’altro che vive a Berlino, deve scomodarsi dalle sue solide sicurezze di una delle scene più famose ed invidiate d’Europa per andarsene verso Est? Semplice, il motivo, si chiama Lunchmeat Festival. Ne avevamo già parlato qualche settimana fa, preannunciandolo come un festival tridimensionale, con interazioni audio, visual e multimedia. Ci aspettavamo quindi più o meno il tipo di atmosfera che avremmo potuto assistere andando all’Atonal berlinese o all’Unsound di Cracovia, considerando i nomi in lineup come Samuel Kerridge, Silent Servant, Legowelt, Objekt, gente che in quei festival è di casa. Quello che non ci aspettavamo invece era di come questa dimensione audiovisiva fosse così sentita sia dagli organizzatori, che dal pubblico stesso. Molti, sia tra live show che i DJ set, sono stati non solo accompagnati ma addirittura supportati da uno spettacolo visuale a cui non sempre si ha l’opportunità di assistere. Si tende a considerare l’elemento visivo come una sorta di complemento della performance, puntando principalmente l’obiettivo sul fattore musicale, ma i ragazzi del Lunchmeat Festival invece prima di tutto sono riusciti nella difficile ed obsoleta magia di combinare queste due parti in un armonico tutt’uno, creando uno spettacolo a 360 gradi, dove guardare a terra o chiudere gli occhi non è necessario.
A dare un tono ancora più interessante al tutto, la location: si perché non si tratta come al solito di uno di quei festival dalle atmosfere buie ed oscure da vecchio magazzino industriale. Il luogo, completamente diverso da ogni altro al quale sia mai stata e da un forte accenno esotico, consiste in uno stabilimento composto da un club, la sala Neone, un club compatto e ben strutturato, ed altre due sale, il Main Stage e l’Elektra Stage, che invece facevano parte di un complesso di uffici prima e sala cinema poi. L’ambiente in sé mi ricorda un po’ quei centri per congressi che andavano tanto negli anni 2000, la sala Elektra con il suo parquet dai motivi floreali e l’Auditorium del Main Stage come un vecchio teatro di inizio secolo pseudo rimodernato. Mancava solo la moquette per terra per dargli quell’aria di luogo al di sopra di ogni confine temporale dove vista, udito e tatto si fondono in attraenti toni al tempo stesso retro’ e futuristici.
Tra i miei highlight A/V lo show congiunto di SHXCXCHCXSH e Pedro Maia, filmmaker portoghese che orienta il suo lavoro sulla manipolazione rielaborazione analogica delle pellicole cinematografiche. Questo visual show, creando un’atmosfera intensa e sporca con immagini confuse ed intermittenti di vecchi film muti degli anni ’20 in cui il grottesco e l’assurdo regnavano sovrani, è stato in grado di posizionarsi perfettamente tra il tipo di musica, anch’essa viscerale e ipnotizzante dell’enigmatico duo svedese, e l’ascoltatore stesso. Poi: il live show di Positive Centre e il dj set di Silent Servant, accompagnato dai visuals della crew Polygon, conosciuta nella scena ceca come una sicurezza per quanto riguarda l’esperienza visiva. I toni industrial noise e dark techno si mischiano allora insieme agli effetti visivi, anch’essi che richiamano un mondo post industriale desolato e rude. E ancora, il live A/V di Patten, duo londinese di musica experimental, che si diletta nella de-costruzione della musica da club con post punk, industrial e qualche accento di pop. Il duo, che ha da poco realizzato il nuovo album (PSI) per Warp Record, in occasione del festival ha presentato una performance live con laser, drum machines analogiche, LED’s, live vocals ed effetti visivi “strobo”, combinati in un tutt’uno incredibilmente armonico e a tratti mistico. Musicalmente parlando, da evidenziare l’energia con la quale Ziuri è riuscita a far ballare tutti, ma proprio tutti, mescolando break-core, darkstep, grime e noise futuristico. Poi Kyoka, che con il suo accento così Raster-Noton e la sua tribal ambient space visionaria propone un live set di estrema profondità e intensità; Roly Porter che è sempre una inaspettata conferma; e personalmente parlando Amnesia Scanner e Kablam, entrambi i quali (tra l’altro soci nell’avventura del collettivo berlinese Jaurus) nel loro estremismo hanno trovato un equilibrio definito ed armonioso, nonostante il noise futuristico e sporco fatti di picchi estremi e discese rapide e soavi. E come non parlare del dj set di Objekt? Lo sappiamo che il ragazzo inglese raramente delude, ma nonostante di trovasse di fronte ad un pubblico ignaro della sua fama come selezionatore musicale folle non si è perso d’animo, continuando a mettere dischi, parecchio oltre l’orario prestabilito, facendoci ballare per ore ed ore fino al mattino, eliminando qualsiasi confine di generi musicali. Non poteva esserci conclusione più perfetta per un festival che ha osato, nonostante si trovasse di fronte una scena che non è quella alla quale line up di questo tipo sono abituate a rapportarsi.
Infatti, nonostante il Festival esista da più di sette anni, chi sta dietro a tutta l’organizzazione è ancora visto come una sorta di visonario pioniere nella scena musicale elettronica della capitale ceca. “La maggior parte delle persone ancora ha un idea di rave molto diversa da quella che potrebbe essere nelle maggiori capitali europee” dichiara Jakub Pešek, una delle menti dietro al Festival. “Questa tipo di musica sperimentale industrial e noise è ancora poco conosciuta qui, nonostante sia ben in voga in qualsiasi altra parte del mondo. Sono ancora pochi quindi i progetti che propongono alternative valide ad una scena che è ancora poco aperta alle novità e, nonostante in questa nazione si sia un nucleo ancora molto piccolo, si tende sempre invece di unire le forze a farsi competizione, ‘rubandosi’ a vicenda il poco pubblico interessato”. Con più cooperazione quindi, sarebbe possibile far convergere le energie per creare qualcosa di innovativo e stimolante, considerando anche la potenzialità di Praga come gioiellino dell’Europa centrale che potrebbe attrarre non solo gli abitanti locali ma anche i curiosi da tutta Europa (…perché no, magari sviluppando il festival nell’arco di due giorni).
Ad ogni modo, oggi come oggi rendiamo giustizia al lavoro davvero apprezzabile che i ragazzi dietro il Lunchmeat sono riusciti a mettere in piedi: si sa che lungo il tragitto di educazione e sensibilizzazione di una scena ancora ibrida e multiforme si possono trovare tanti ostacoli. Ma nonostante ciò abbiamo visto tanta passione, determinazione e professionalità nella gestione ed organizzazione di tutto il festival. Dal canto nostro, non possiamo quindi che augurare tutto il meglio per il futuro a venire. Alla prossima!