“…I couldn’t care less
If they call us reckless
Until they are breathless
They must be blind”
The xx: Dangerous
Aperto, riflessivo, spontaneo. Un disco di amicizia e sull’amicizia, che fa cadere una volta per tutte il velo di tristezza e chiusura autoimposta sotto il quale The xx hanno giocato e su cui hanno saputo costruire il successo dei primi due LP. Un lavoro, il terzo, che segue l’evoluzione naturale delle cose e che non ci sorprende affatto. I tre sono maturati, si sono fatti consapevoli, scaltri e ovviamente meno timidi.
Che la musica fosse cambiata si era capito già con l’uscita di “In Colour”, album del quale potrebbe essere di aiuto riprendere il significato: un’iniezione di multicromatica felicità laddove gli animi languivano ancora al ritmo lento di “Coexist”. “In Colour” ha rappresentato l’esplosione dell’estro produttivo di Jamie Smith, lanciandolo verso territori fino ad allora tutto sommato inesplorati, mentre di riflesso (idea forse da accostare alla cover di “I See You”) colpiva il resto del trio. “I See You” continua il percorso cominciato da “In Colour”, riprendendone un fil rouge sì pop, ma da interpretare come crescita artistica e presa di coscienza personale. Cinque anni intercorrono tra “Coexist” e “I See You”, un lasso di tempo enorme nella vita musicale di una band, ma che è servito a tutti, sia che si tratti di diventare liberi e sicuri abbastanza da poter dichiarare senza remore la propria identità sessuale, sia che si tratti di lasciarsi alle spalle i problemi e le conseguenze della solitudine rinnovando la voglia di stare energicamente insieme. “Brave For You” sintetizza, per esempio, un percorso di elaborazione del lutto, che si rivela struggente ma con lo sguardo proiettato sempre oltre il dolore materiale, con un’energia impensabile ai tempi del debutto. Si può lecitamente parlare di pop, ma solo con la giusta accezione: non c’è spazio per la denigrazione, non si sono ancora sentite valide argomentazioni, ed è dietro l’angolo il rischio di apparire “contro” per moda (come sempre più frequentemente accade) o per partito preso.
“So I will be brave for you
Stand on a stage for you
Do the things that I’m afraid to do”
The xx: Brave For You
The xx si affidano in produzione a Rodhaid McDonald lasciando Jamie libero di pensare al lato beat della faccenda, e giovano di un nuovo modo con cui Romy approccia la scrittura, affinato a Los Angeles durante sessioni in studio insieme ad altri artisti tra cui, ad esempio, Kelela. Cambia tutto già dai primi secondi del disco: “Dangerous” si apre con inaspettati squilli di trombe e si evolve in uno dei migliori pezzi UK garage degli ultimi dieci anni, ricordando il successo intramontabile degli Artful Dodger “Please Don’t Turn Me On”. Un esordio col botto, insomma, per cui immaginiamo i fratellini di “The Face” strapparsi i capelli.
Trentanove minuti di suoni compatti, durante i quali vengono sciorinati sentimenti ed esperienze, dall’amore platonico di “Say Something Loving” alla femminilità estrema di “Lips”, dalla battaglia che ognuno di noi conduce per non trasformarsi nei propri genitori di “Replica”, alla doppietta ritmica di “On Hold” e “I Dare You”. Musicalmente si passa dal già citato Uk garage ad influenze dub, passando e soffermandosi in atmosfere black e nu-soul senza mai rinnegare le immancabili ballad in stile xx, presenti e anche dovute ma non più protagoniste. Chiude “Test Me”, con il suo onirico finale strumentale in crescendo.
“With everything I pretend not to feel
Am I too high? Am I too proud?
Is the music too loud… for me to hear?”
The xx: Violent Noise
Ci piace, ci piace molto questo nuovo lavoro del trio inglese e la base del nostro giudizio critico non può prescindere dall’accettazione che noi hipster, yuccies o alternativi dobbiamo avere nei confronti del significato e dell’ etimologia della parola pop. Si dovrebbe forse accettare senza paraocchi o presunti limiti la popolarità, anche nel suono e nella melodia che ci viene offerta da “I See You”, cercando di non etichettare un disco da classifica come paccottiglia da Autogrill solo perché orecchiabile o transitorio nelle nostre giornate.
Un fenomeno che faremmo bene ad accettare per come viene, ovvero un buonissimo disco fatto di buona musica, che consegna al mondo nuove icone pop (e le nove date consecutive a Londra qualcosa dicono) senza dover correre il pericolo di andare a rivalutare un album dopo dieci o quindici anni (col rischio poi di pentirsene) come ciclicamente viene più o meno sempre fatto, e a conferma di questo basterebbe buttare un occhio adulto alla rivalutazione di certa musica anni ’80/’90 che abbiamo rimesso in carreggiata oggi, si pensi ai Duran Duran ad esempio, se può bastare.
Tra i più importanti dell’anno, o forse no – questo sì è un giudizio opinabile – di sicuro un disco importante, di quelli destinati a restare e a durare molto e lo diciamo con una certa sicurezza nel tempo.