It’s not all about bass, ed è davvero tutto qui.
“Man Vs. Sofa”, il secondo frutto della collaborazione tra Sherwood e Pinch, due che di bass music (più il primo) e di dubstep (più il secondo) hanno mani e vestiti luridi, mette un punto definitivo su un genere – il dubstep, appunto – da tutti in continuazione dato per finito, spacciato, morente.
Ora, affermare che il genere negli anni si sia ammalato e magari non goda proprio sempre di ottima salute è ammissibile, del resto agenti esterni che l’hanno piano piano infettato e scalfito ne abbiamo visti a iosa. Vero anche che questo suono nato a Croydon dalle ceneri del UK garage poco ha fatto negli anni per difendersi: ammaliato dal brostep, invasato dal wooble di Skrillex e prostituitosi nella prima EDM (però “Crush On You” l’abbiamo ballata tutti), ha ansimato e faticato anche perché, di contro, chi ne ha mantenuto la purezza estrema ha fatto al contrario poco per evolversi restando prefissato in schemi forse troppi autoritari.
A tutto questo non ha certo contribuito il primo lavoro di questo duo che oggi torna sulla cresta dell’onda: “Late Night Endless” non ci aveva emozionato molto va detto, un disco carino, bello ma con il solito senso di claustrofobia nera tipico di questa musica che non alzava mai il livello della competizione. Quando è successo, quando si è osato uscire dagli schemi evitando “porcellosità” da arena Ultra Festival abbiamo goduto di dischi sublimi al limite della perfezione: “Nocturnal Sunshine”, “Mala in Cuba” e il successivo sempre di Mala sono i primi tre che ci vengono in mente dell’ultimo periodo quello post-hype del genere.
Inconsciamente o meno crediamo sia questo il ragionamento che abbia portato Sherwood e Pinch a produrre questo nuovo lavoro; inutile dire che a due anni di distanza dall’esordio, con “Man Vs. Sofa” cambia tutto, sebbene questo breve album rimanga fortemente ancorato a spazi neri, notturni mantenendo comunque un suono abbastanza sporco soprattutto nel suo intercalare ritmico, le trovate con cui poi viene imbastito il tutto ci fanno impazzire.
Pinch, memore forse del primo incredibile disco degli Author prodotto dalla sua Tectonic, aggiunge ariosità fatte di pianoforti e altre morbidezze che coprono l’inferno ritmico che si scatena sotto: 2-step certo, i soliti ritmi sincopati ovvio, ma anche tanto tanto altro: “Itchy Face” ad esempio sotto l’abbraccio del piano alla GoGo Penguin nasconde le devastazioni tanto care sia a Not Waving che ad Arca, stessa cosa a grandi linee per “Charger,” o per la title-track.
Non mancano certo gli assalti incontrollati fatti di cassa e rullante tra il footwork più puro e l’Ital Tek escapista di “Control” o “Hyper Real”, tra questi folletto ruspante sbuca fuori anche un Lee Scratch Perry sempre importante e divertente.
Due parole a parte ci sentiamo di spenderle infine anche per il prezioso tributo dedicato a Ryuichi Sakamoto in “Merry Christmas Mr. Lawrence” (già “Forbidden Colours”) destrutturata, distorta e poi ripresa per renderla bellissima, oltre che per “Unlearn” e “Gun Lawz”: la prima è un pezzo con cassa in quattro e snare apertissimi su cui viene piazzato un wooble bass che riesce nel compito non facile di non risultare una “maialata à la mode”, mentre la conclusiva “Gun Lawz” è violenza e rabbia concentrata in tre minuti e mezzo con vocale e liriche affilatissime.
Ci hanno detto e abbiamo sentito dire che il dubstep è morto o era moribondo, in alcuni momenti si è pensato che non ne valesse più la pena e in tanti hanno preso altre strade, benissimo, Sherwood e Pinch a questo proposito battono due colpi forti, fragorosi, distinti e assordanti a dire che in fin dei conti con una piccola operazione di restyling o lifting, non relegando il tutto a una questione puramente di basso, non è proprio così.