Dal 2014 ad oggi Archeo Recordings ha (ri)messo in circolazione intriganti gemme del passato conquistando a pieno merito un posto di rilievo nella lista delle “etichette di salvataggio”. Inizia con “Radio Rap” di Radio Band, progetto one shot portato in scena nel 1984 da un gruppo di DJ dell’emittente fiorentina Radio Fantasy tra cui Carlo Conti, e poi va avanti con Tony Esposito, Mario Baldoni alias Miro, Tullio De Piscopo e il maestro Roberto De Simone col “II° Coro Delle Lavandaie”, la cui pubblicazione viene impreziosita da un remix di Fabrice e Leo Mas. Tra le uscite più recenti invece, “Shadows From Nowhere” di Blue Gas, una sorta di slow ballad scritta da Celso Valli nel 1983 che paga l’ispirazione ai Bee Gees, ed “Aqua Sansa” di Markus Stockhausen e Jasper Van’t Hof, targato 1980. L’elemento trainante dell’etichetta con base a Firenze e curata dal DJ/collezionista Manu•Archeo è la predilezione per un bacino di influenze che varia dall’afro all’ambient, dal cosmic al fusion, dalla disco al jazz, passando per funk, balearic e derive sperimentali.
L’attività di Archeo Recordings inizia ufficialmente nel settembre 2014: come germoglia l’idea di creare una “etichetta di salvataggio”? Quanto tempo è trascorso dal momento in cui hai pensato di fondare una label di questo tipo a quando effettivamente hai immesso sul mercato il primo disco?
Sono un DJ e un digger dall’età di sedici anni, quindi fondare la mia label è stato il naturale approdo delle mie passioni. Per due anni mi sono documentato e ho chiesto consigli ad amici del settore, poi in un anno ho messo in atto tutte le parti tecniche e burocratiche ed intanto mi sono fatto un’idea di quelle che sarebbero state le possibili release.
C’è una ragione specifica che ti ha portato ad optare per il nome Archeo? Credo abbia una connessione col mondo dell’archeologia, vista la propensione al recupero di musica di ardua reperibilità ed incisa nel passato, oltre allo spirito di tutela ovviamente.
Fin da ragazzo ero appassionato di archeologia e compravo sempre la rivista Archeo. Mi piaceva l’idea di un nome – dal greco appunto “antico”, “primitivo” – che rimandasse ad una ricerca del passato, del perduto. Come tanti altri diggers amo riscoprire e riportare alla luce un vecchio disco, magari dimenticato o non ancora del tutto apprezzato.
C’è qualcuno a cui ti ispiri o un’etichetta alla quale vorresti fosse paragonata la tua?
Prima di partire con l’avventura dell’Archeo Recordings avevo alcune etichette ben precise come punto di riferimento, sia per le uscite, sia per lo stile, sia per la grafica. In primis l’Emotional Rescue di Chuggy, poi la Be With Records di Rob, la Claremont 56 di Mudd, la Music From Memory di Abel, Jamie e Tako, la Growing Bin Records di Basso, l’Invisible City Editions di Brandon Hocura e Gary Abugan, e l’International Feel Recordings di Mark Barrott.
Chi, tra i tuoi competitor in Italia e all’estero, stimi particolarmente?
Certamente quelli citati sopra come fonte di grande ispirazione, per lo stile unico ed inconfondibile delle uscite e la cura innovativa della grafica. In Italia invece la Four Flies Records di Pierpaolo De Sanctis, la Die Schachtel di Fabio Carboni e Bruno Stucchi, e la Contempo Records.
Cosa pensi invece dei bootlegari che immettono sul mercato copie quasi perfette di dischi rari ma senza riconoscere nulla ai legittimi proprietari? Credi facciano un lavoro simile al tuo? Li consideri tuoi colleghi?
Penso sia una cosa troppo facile. Così riuscirebbe (e riesce) a chiunque, ma non è giusto che non ci sia una legge italiana ed un organo preciso che controlli e sanzioni chi fa operazioni del genere. Non sono assolutamente colleghi, sono solo poveri venditori di un basso prodotto, senza cuore e senza passione.
Sinora hai focalizzato l’attenzione quasi esclusivamente su produzioni italiane, e il profilo sul sito della label lasciava intendere che sarebbe sempre stato così, ma la pubblicazione di “Aqua Sansa” di Markus Stockhausen e Jasper Van’t Hof rimette tutto in discussione: intendi dunque allargare la ricerca a prodotti esteri?
Assolutamente sì, ho sempre pensato fin dall’inizio di ristampare prevalentemente musica italiana, ma anche di rivolgere il mio interesse ad artisti provenienti da tutto il mondo, purché rientrino nella filosofia dell’etichetta.
Puoi spiegare, anche dettagliatamente, come è organizzato il lavoro per un’uscita Archeo? Dall’identificazione del disco alla ricerca del master originale, passando per publisher, grafiche ed eventuali grane burocratiche e tecniche.
Di solito procedo in questo modo: individuo il disco, in base al mio gusto e alle richieste di mercato (molte persone vorrebbero l’originale), cerco e contatto l’artista e la vecchia etichetta per spiegare la mia idea di ristampa e sapere chi ha i diritti sulle licenze. Parlo della scelta dei pezzi, della grafica e delle eventuali aggiunte (inediti, remix ed edit). Faccio l’accordo e il relativo contratto, lavoro personalmente sulla grafica partendo dalla copertina originale e dai preziosi suggerimenti degli artisti coinvolti, avvalendomi poi della supervisione finale di un caro amico grafico di Firenze (grazie Leo @ Flod!). Quindi passo al master ed eventuali remix o edit coi miei collaboratori del suono (soprattutto Sean P. di Londra) o con gli artisti stessi. Infine mando tutto in stampa alla R.A.N.D. Muzik di Lipsia e distribuisco tramite Juno di Londra.
Quanto tempo impieghi, mediamente, per completare il lavoro di un’uscita?
Dipende da tanti fattori. L’ideale è sempre contattare l’artista. A volte passa molto tempo per riuscire a trovare chi ha i diritti e licenziare il disco, altre volte fila tutto liscio. In media, per tutto il processo, si va dai sei agli otto mesi a disco.
C’è qualcuno ad aiutarti?
No, sono solo.
Quante settimane passano invece per stringere il disco nelle mani? In tanti(ssimi) lamentano tempi di attesa lunghissimi imposti dal superlavoro che si sono ritrovate le (poche) stamperie rimaste inattività.
È assolutamente vero. Fin dall’inizio collaboro con la tedesca R.A.N.D. Muzik per la produzioni dei vinili e delle copertine. Di solito ci vogliono mediamente tre mesi da quando mando tutto il materiale definitivo a Cristian (di Vinilificio, a Bologna), il responsabile italiano di R.A.N.D. Muzik che colgo l’occasione per ringraziare di cuore per la costante attenzione e disponibilità che mi rivolge.
Seguendo le info che ho rintracciato sul sito dell’etichetta, vedo che le tirature si stanziano tra le 500 e le 1000 copie, numeri ragguardevoli in un periodo in cui la musica si vende col contagocce. Pensi che in un prossimo futuro le vendite possano incrementare ulteriormente?
Fino ad ora ho fatto sempre uscite di 500 copie ed un paio di 1000, quando ero sicuro che il disco avrebbe avuto più richieste. Alcune volte è andata meglio di quanto pensassi, altre magari un po’ meno, ma non ho mai toppato completamente una tiratura. Se le vendite in futuro aumenteranno ne sarò più che felice, ma penso anche che questi siano i numeri giusti per un’etichetta come la mia.
Da qualche anno alcuni si sono ributtati anche sulla musicassetta: hai mai pensato di abbracciare questo formato in futuro?
È più di un anno che lavoro su un progetto in musicassetta. Devo dire che mi intriga molto anche se non so ancora che taglio dare al prodotto finale. Resta un progetto in fieri ma spero di arrivare presto ad una conclusione. Trovo che la cassetta sia un formato altrettanto interessante, ovviamente non per la qualità del suono ma come piccolo gadget vintage, magari da far uscire in una tiratura super limitata.
Che ruolo occupa il mercato italiano per Archeo Recordings? Il nostro Paese è “fuori dai giochi”? Non siamo stati capaci di seguire certe dinamiche del mercato?
Fin dall’inizio, grazie al prezioso aiuto di colleghi, produttori e DJ delle etichette sopra citate, ormai cari e fidati amici, ho iniziato questa avventura con R.A.N.D. Muzik come fabbrica per la produzione e Juno come distributore. Mi trovo molto bene pertanto non ho nessuna intenzione di cambiare. Mi dispiace notare che qui in Italia forse non siamo così competitivi per la lavorazione e la distribuzione del vinile.
Eventi come il Music Market o Camporella sono un sostegno per un certo tipo di discografia? Cosa necessiterebbe il nostro Paese per migliorare la situazione e valorizzare i contesti culturali differenti dalle semplici serate in discoteca?
Sono pienamente favorevole ad iniziative del genere, ben vengano! Le serate in discoteca vanno benissimo, ma sarebbe opportuno e bello parlare di musica anche in altri contesti, dalle università alle librerie e ai negozi per esempio. All’estero c’è sempre la percezione che la musica domini a tutte le ore del giorno e non soltanto da mezzanotte alle cinque del mattino.
Oggi è difficile farsi notare soprattutto nell’ambito musicale, causa di un’iperproduzione senza controllo. Che tipo di strategie promozionali segui?
Punto sul sito sempre aggiornato, poi Juno, Facebook ed Instagram ed altri canali web come Test Pressing di Apiento e Ban Ban Ton Ton di Dr. Rob.
Qual è stata sinora l’impresa più grande (in termini di impegno profuso o difficoltà incontrate) che hai fatto con Archeo Recordings?
L’impresa forse più lunga, sia per le difficoltà iniziali sia per l’impegno, è stata quella per il “II° Coro Delle Lavandaie” del maestro Roberto De Simone. Tutte le mie uscite comunque mi rendono fiero, essendo ognuna un piccolo pezzo di me. Faccio questo mestiere soprattutto per passione.
Possiedi le stampe originali dei dischi che hai ripubblicato? In che modo te le sei procurate?
Sì certo, e spero sia sempre così. In fondo sono un collezionista e tengo molto al mio archivio. Alcuni degli originali li ho comprati in passato, di altri sono venuto in possesso una volta contattati gli artisti. Conoscere personalmente molti dei miei eroi musicali è una piccola fortuna ed una soddisfazione che fa parte di questo lavoro. Se poi mi regalano anche il disco originale è meraviglioso!
Quanto è rilevante l’esistenza di un database come Discogs per un’etichetta come la Archeo Recordings? Lo trovi utile anche per vendere dischi del catalogo?
Discogs è assolutamente fondamentale, sia per catalogare tutta la mia collezione, sia per realizzare personalmente le schede di tutte le mie uscite Archeo Recordings. Tuttavia non ho mai venduto e non vendo i miei dischi Archeo su Discogs.
Ci sono dischi che ti sarebbe piaciuto ristampare ma che per qualche motivo non hai potuto pubblicare?
Sono molti quelli che mi sarebbe piaciuto ristampare ma ai quali sono arrivato tardi. Qualche esempio? “Prati Bagnati Del Monte Analogo” di Francesco Messina e Raul Lovisoni, “Zoo Folle” di Giuliano Sorgini, “Dai Primitivi All’Elettronica” di Futuro Antico, “Utakata No Hibi” dei Mariah, “Bali Ha’i” di Disconnection e “Running Out Of Time” dei Rexy.
A cosa stai lavorando al momento?
Sono in preparazione diverse cose come la ristampa di “Brise D’Automne” di Paolo Modugno, del 1988. Sarà un doppio vinile ed includerà due tracce inedite. Si tratta di un bellissimo disco sperimentale che mescola elettronica, etnica, folk, spiritual e new age. L’uscita è prevista per aprile. Poi c’è la ristampa di “Ruckus In Lo-Fi” di Blindboy, del 1999, un album piuttosto strano tra lo strumentale e l’hip hop, con due meravigliose tracce baleariche, una delle quali sarà remixata da Joe Morris. Sarà pubblicato a giugno. Ho concluso inoltre svariate trattative relative a dischi fantastici dei quali, ora, posso svelare solo i nomi degli artisti: Roberto Aglieri, Sth. Notional (dal Giappone), Gianni Sposìto alias John Sposìto, Fulvio Maras, Gabin Dabiré, Mario Acquaviva e Francesco Messina.
Conti di mantenere Archeo Recordings legata solo ai reissue o non escludi di poter dare spazio anche a brani inediti?
Vorrei portare avanti solo l’operazione di riscoperta e ristampe, ma non nascondo che mi piacerebbe sempre – o comunque quando e dove possibile – aggiungere un tocco in più di novità, con un brano inedito, grafica ed aneddoti (gli inserti che sto facendo), oppure con un remix, un edit di un brano in chiave attuale, eseguito da produttori e DJ della ormai cara ed affezionata grande famiglia balearica.
Ristampare dischi del passato è una pratica che soprattutto negli ultimi dieci anni si è diffusa in modo globale, probabilmente come mai avvenuto sinora. A cosa si deve questa forte nostalgia? Il passato risulta forse più attrattivo del presente? Così facendo non rischiamo di rimanere bloccati nel passato?
No, assolutamente, non credo che il passato sia più attrattivo del presente. Io stesso compro ed uso tantissima musica attuale ma come ho già detto amo anche riscoprire e suonare nei miei set le perle più rare del nostro passato, anche perché a volte certa musica “vecchia” mi sembra più nuova di quella odierna.
Mi dici almeno tre dischi che ti piacerebbe annoverare nel catalogo Archeo Recordings, motivandone le scelte?
“Maxx Mann” di Maxx Mann (1982), “Tu Rêves, Tu Rêves” di J.R. Dan (1986), e senza dubbio qualcosa di Pepe Maina ed Enzo Carella (RIP). Li adoro, li trovo fantastici e meravigliosi, oltre ad essere così rari.