Dici trap e immediatamente dici una delle cose più fresche e nuove che sta accadendo al panorama pop (perché è di questo che si tratta) italiano.
Poi ci rifletti un secondo e ti viene un po’ da ridere perché altrove nel mondo si parla della trap come di un fenomeno ampiamente metabolizzato, fagocitato e forse anche pronto per essere dimenticato.
Ma insomma, è innegabile che quello che è successo nell’ultimo anno e mezzo sia servito per portare in certa musica italiana – l’hip hop che guarda al mainstream – suoni più o meno nuovi, personaggi più o meno freschi e una generazione di ultra ventenni che in pochissimo tempo ha messo insieme numeri che fanno scomparire quelli dei tanto osannati big.
I nomi sono sulla bocca di tutti e quasi non serve neanche ripeterli. E così mentre ogni settimana che arriva viene scandita da una nuova arguta analisi critica dedicata alla Dark Polo Gang, e da un nuovo artista coi denti d’oro, il ciuffo rosso e il naso all’insù che punta dritto dritto al Disco di platino, viene quasi difficile tirare le somme.
Ma in nostro soccorso arrivano proprio gli astri-già-nati della trap tricolore che sembra vogliano fare il punto della situazione con la pubblicazione del primo singolo di Charlie Charles (colui che nell’immaginario collettivo rivaleggia con Sick Luke per il ruolo di miglior producer tricolore) in cui si alternano alla voce, tutti insieme, in fila indiana, IZI, RKOMI, SFERA EBBASTA, TEDUA e GHALI.
Il quintetto base che manderesti in campo anche all’All Star Game. I migliori cinque, gli amici che sono arrivati al successo tutti insieme e che sembrano voler sfidare il mondo come a dire: “OK, fatevi da parte. È tutto nostro”.
Bimbi, con ovvio riferimento ironico alla loro giovane età, è la posse track che mancava alla generazione delle facce da schiaffi.
Un brano destinato a fare epoca in tre minuti e mezzo di zeitgeist.
Se ne parlerà tantissimo, piacerà a tanti e farà schifo a molti: ma è certo che da qui in poi si comincia a fare sul serio. Non ci sono più scuse. Non si può essere bonari.
Ora è lecito chiedere e aspettarsi di più.
Perché sì, la traccia è esattamente come ve la potete immaginare: un diluvio di “Skrrr”, “Sì, sì sì”, “Sto”, “We we” e “Tedua” (che come Timmy di South Park quando non sa cosa dire ripete il suo nome). Un brano che ha tutto per funzionare e che probabilmente verrà identificato con il verso – di Ghali – “Siamo casi popolari, fuori da case popolari”.
Peccato che tra un autocitazione e l’altra, qualche ottima prova (su tutti Rkomi e Sfera, ma anche Tedua con il suo flow swingato), e qualche delusione (Ghali forse un po’ svogliato) sorga spontaneo un dubbio:
“E se fosse l’inizio della fine?” Ciò che era fresco sta rapidamente diventando maniera, avere un lessico riconoscibile è di sicuro utile e interessante, ma se quel lessico diventa cliché finisce per perdere tutta la potenza che l’ha contraddistinto.
Insomma: la sensazione è che il primo di loro che avrà il coraggio di tentare qualcosa di diverso e di staccarsi dal consueto avrà davanti a sé la possibilità di una vita musicale più lunga e incisiva.
Toccherà a Ghali o Rkomi?
Chissà…
Emiliano Colasanti
Emiliano Colasanti scrive di musica da quando ancora non aveva Internet e doveva consegnare gli articoli su floppy disk, a mano. Collabora abitualmente con Rolling Stone.e cura il blog Stereogram per il sito di GQ.it. Ha fondato e gestisce (con Giacomo Fiorenza) l'etichetta discografica indipendente 42 Records, nel 2012 ha pubblicato per Arcana il libro: "Un mondo del tutto differente. La storia di "Wow" e dei Verdena". Dorme poco, mangia male, pensa spesso con nostalgia ai tempi in cui faceva programmi alla radio.
Share This
Previous Article