Tra i più avvertiti, se ne parla già da un po’. Magari è per la facile e paracula etichetta de “…il Beghain di Monaco di Baviera” (che nasce prima di tutto dall’austera architettura esterna degli spazi, vedi sopra): la verità è che Monaco ha una storia importantissima per la club culture mondiale (Dj Hell ed International Deejay Gigolo vi dicono qualcosa?) ma da troppo tempo è semi-dormiente, pur con tutto il rispetto e l’apprezzamento per il lavoro di club storici come Rote Sonne ed Harry Klein. Quindi insomma, sarebbe anche ora che la capitale bavarese tornasse ad essere un luogo eccitante, importante e “pericoloso” dal punto di vista del clubbing (tanto più che parliamo di una città dove i soldi non mancano, quindi uscire e andare in un club non dovrebbe essere un drammatico problema per i budget personali dei venti/trenta/quarantenni).
Sarà per questo, sarà per via della furba etichetta “berghainiana” che gira (data anche da anticipazioni in line up che parlano di Ilian Tape, Shed, Zenker Brothers – l’indirizzo pare marcato), sarà per quello che si sta facendo trapelare a livello di impianto audio (il più grande Void mai allestito in un club, con tanto di uno specialissimo corno customizzato chiamato “Blitz Horn”), sarà anche perché per il logo del club – che potete vedere qua a fondo articolo – si è voluto scomodare niente di meno che Trevor Jackson (alias Playgroup, alias il fondatore della Output, ma alias anche uno dei più illustri grafici degli ultimi vent’anni); sarà quel che sarà, ma del Blitz – questo il nome scelto – si parla parecchio.
L’apertura ufficiale è fissata per il 22 aprile. Intanto ci sono due cose che vorremmo sottolineare: se ne parla tanto, ma in realtà non è un superclub a livello di dimensioni (si parla di una capienza di 600 persone); al di là di questo, è già stato fatto trapelare che non ci sarà una corsa all’inseguimento della superstar dj, ma si farà invece molto affidamento alle residenze e a nomi storici del deejaying locale, a partire ad esempio da Roland Appel che, a parere di chi vi sta scrivendo queste righe, è uno dei producer più sottovalutati degli ultimi vent’anni (meriterebbe lo stesso successo di tutta la cricca Innervisions, per dire).
Insomma: cura dei particolari, pur con capienze non eccessive; capacità di rendersi notiziabili, pur contando molto sull residency locali. Così ci piace. Potrebbe diventare un bel blueprint anche per l’Italia, al momento di provare a (ri)pensare l’apertura di un club.