I sociopedagogisti più aggiornati affermano, oggi, che per diventare maturi, all’interno del contesto civile, i ragazzi devono incontrare e affrontare un complesso e intrecciato “percorso” di prove ad ostacoli. Dal superamento dinamico e organizzato di dette prove dipenderà sia lo sviluppo armonico della personalità di chi partecipa, sia la pienezza del suo processo di integrazione.
La famiglia, la scuola, il gruppo dei pari, i luoghi di gioco, svago e divertimento, la comunicazione (web, radio e tv), l’ambiente culturale circostante sarebbero, oggi con maggiori complessità che nel passato, le “piste”, le “tappe” o “rifugi” per questa affascinante corsa verso la vita che intraprendono , uno per uno e tutti assieme, gli adolescenti. È NECESSARIA UNA VOGLIA MATTA DI CORRERE.
Affinchè ciò possa realizzarsi, occorre una collettività decisamente più attenta, più attrezzata e più evoluta, nonché partecipanti predisposti alla “corsa”. Se mancano la aree di socializzazione e i circuiti di collegamento, è come se mancasse l’aria per respirare o l’ombrello quando piove a dirotto. Se la famiglia, famelica e familista, è distratta, assente, indifferente; se la scuola è presente , ma solo fisicamente, e se anche chi non pensa di avere responsabilità in merito è distratto, mentre invece ne ha come gli intrattenitori del tempo libero; se il percorso verso il lavoro è strapieno di trabocchetti, false promesse e falsi traguardi. E se a Secondigliano, gli ostacoli sono la normalità e la normalità è l’eccezione. Ecco se tutto questo è vero, vorrei essere spiegato come fanno gli adolescenti più deprivati a svolgere e realizzare i loro compiti di sviluppo?
Condividendo le analisi di alcuni studiosi della materia, è possibile, oggi, cogliere alcune tracce teoriche di una vera e propria contropedagogia barbara e selvaggia, che le organizzazioni criminose e criminali, metterebbero in atto per formare personalità delinquenziali fra gli adolescenti. Così come è falso dire che a Napoli vi sarebbero moltitudini di bambini irrimediabilmente “affiliati” alla teppaglia organizzata, è altrettanto realistico dire che ci sono gruppi di adolescenti allo sbando, che nascono,agiscono e si consumano autoscomponendosi in miriadi di scaglie impazzite. Il loro nascere e il loro pullulare sembra essere connesso a germinazioni primitive e spinte aggregative derivanti dal diffuso senso di vuoto e di abbandono.
Ricordo le prime volte che mi addentravo nei locali del partenopeo, in alcuni di essi era addirittura possibile riscontrare una suddivisione degli stessi in base alle zone periferiche di appartenenza dell’utenza. A Napoli usiamo un termine, “paranza” per , diciamo, descrivere un gruppo. Ed ecco che, entrando in alcune discoteche ti ritrovavi da un lato la “paranza” del bronx di S.Giovanni a Teduccio, in un altro la “paranza” di masseria cardone e così via; ognuna di queste ultime era dedita al traffico di sostanze stupefacenti, ma di stupefacente c’era l’età dei componenti del gruppo, si andava dai 15 in su. La cosa più triste era, che, alcune di suddette avevano il placet dei responsabili della sicurezza (per intenderci i buttafuori, o come direbbe un mio caro amico gli animaloni). Questo è uno dei tantissimi motivi, perché a Napoli la parola educare è diventata pesante, faticosa, contorta e rivendicativa.
La violenza, l’ignoranza, il degrado sociale e culturale producono spaventosi effetti nella sensibilità e nei sentimenti degli adolescenti. L’intreccio, la provvisorietà e la capacità dei valori che l’ambiente circostante trasmette loro,crea disorientamento, smarrimento e angoscia. In principio è tutto confuso, incerto e indefinito; poi la materialità, la sopravvivenza e l’esempio dei “grandi” vincono paure, indugi e remore. Oggi la vita è prepotenza, strafottenza e rischio, e se si esprime con questi valori, il denaro diventa un collante estremamente efficace per combinarli e, soprattutto, per affermarli. Quelli più “chiechi” conferiscono a questa potenza un valore assoluto ed immediato. Paradossalmente, l’impunità, per antonomasia, rende l’essere umano ancora più spavaldo!
Quello che mi domando è: può una questione di così grande impatto sociale e di così rilevante acutezza, diventare, non una battaglia ( perchè non sono così utopico), quantomeno momento di riflessione e da qui dare vita a campagne di sensibilizzazione (concrete, reali e non quelle per accaparrarsi finanziamenti) da parte di gruppi e società di intrattenimento. Cioè, da una parte abbiamo chi della “leggerezza” ha fatto una ragione di lavoro, e dall’altro abbiamo temi e questioni profonde. C’è possibilità di coesione ?
[photo: Ben Heine “Eyes”]