Negli ultimi giorni abbiamo letto in giro per la rete diversi articoli, anche da fonti che dovrebbero essere autorevoli in materia di musica e di tecnologia, secondo i cui titoli acchiappaclick il formato mp3 sarebbe morto.
“Era of mp3 is over, say its creators“, dice RA, “mp3 audio format is officially dead” gli fa eco Fossbytes (https://fossbytes.com/rip-mp3-audio-format-dead/), “Developers of mp3 have officially killed it” sentenzia Gizmodo, e anche qui da noi più di una testata si è affrettata a dichiarare la morte del formato di compressione audio più popolare in circolazione: il problema, però, è che sembra che nessuno di loro abbia letto la dichiarazione originale del Fraunhofer Institute e, soprattutto, che nessuno di loro sembra avere del contatto con la realtà.
Innanzitutto, vediamo di chiarire cosa sia successo veramente: l’unica notizia recente, se davvero di notizia si può parlare visto che è cosa nota da anni, è che gli ultimi brevetti americani legati al formato mp3 sono scaduti lo scorso 16 aprile, nonostante quelli europei fossero già scaduti tutti al più tardi nel 2012 e che la maggioranza di quelli americani fosse già scaduta tra il 2007 e il 2015, e pochi giorni dopo, il 23 aprile, il Fraunhofer Insitute, precedente titolare dei brevetti in questione, ha pubblicato un comunicato stampa secondo il quale il programma di licenza per il formato mp3 sarà chiuso e lo stesso istituto concentrerà i propri sforzi sul formato AAC.
Ora, facciamo un passo indietro: quello che forse non tutti sapevano è che la codifica mp3 non era, fino a poco fa, di pubblico dominio ma era di proprietà del Fraunhofer Institute For Integrated Circuits, un istituto di ricerca tedesco titolare di diversi brevetti in campo audio/video e non solo, e che quindi qualunque software o hardware usato per comprimere o riprodurre audio in formato mp3 doveva pagare una licenza allo stesso istituto, per cui una parte dei soldi spesi per i vostri iPod, ad esempio, finiva nelle tasche dei ricercatori tedeschi.
Ora che tutti i brevetti sono scaduti, invece, chiunque può distribuire liberamente strumenti per comprimere o decomprimere in mp3, e quindi è lapalissiano che il Fraunhofer Institute non abbia più motivo per richiedere il pagamento della licenza e termini il programma ad esso legato.
Ok, quindi i brevetti sul formato mp3 sono scaduti e i precedenti titolari, ovviamente, hanno deciso di terminare il programma di licenza: da qui a dire che il formato è morto, però, siamo convinti che ce ne passi eccome.
A essere onesti, siamo più dell’idea che la scadenza dei brevetti avrà l’effetto contrario, dato che ora l’uso del formato mp3 è veramente gratuito per tutti e che quindi è molto più facile produrre dispositivi compatibili: questo significa, oltretutto, che per chi produce contenuti audio l’mp3 rimarrà la scelta migliore per raggiungere il pubblico più ampio possibile.
Certo, sappiamo bene che esistono alternative migliori sulla carta: lo stesso AAC produce file di qualità migliore, soprattutto a bitrate molto bassi, per cui per alcune applicazioni, come ad esempio lo streaming, è probabilmente una scelta migliore, ma è ancora protetto da brevetti per cui usarlo non è gratis; altri codec open-source, come Ogg Vorbis, hanno prestazioni simili a quelle dell’mp3 ma sono supportati da una quantità sensibilmente minore di dispositivi, e lo stesso problema ce l’hanno anche i formati lossless come flac, che garantiscono una qualità audio superiore a fronte di una compatibilità limitata e a una portabilità estremamente ridotta per via delle dimensioni proibitive dei file compressi in questo formato.
Insomma, ci troviamo di fronte a una situazione già accaduta diverse volte in passato: l’mp3 potrà anche non essere il miglior formato di compressione possibile (dopotutto si tratta di una tecnologia sviluppata alla fine degli anni ’80), ma nemmeno VHS era una soluzione migliore di Betamax, nè Jpeg è il miglior formato possibile per comprimere le immagini, eppure tutti hanno avuto, o hanno tuttora, una vita lunghissima, perché in ambito tecnologico non sono soltanto le prestazioni a determinare il successo sul mercato, ma è piuttosto l’adozione del mercato a fare la differenza.
Prendendo in considerazione l’adozione del mercato, quindi, siamo sicurissimi che l’mp3 goda di ottima salute: giusto per darvi un dato numerico, Marco Arment, sviluppatore di Overcast, una delle app più popolari per la riproduzione di podcast, ha recentemente dichiarato che su più di cinquanta milioni di podcast nel database di Overcast il 92% è in formato mp3, non esattamente una percentuale da formato morto o moribondo.
Se poi in un futuro remoto davvero l’mp3 cessasse di essere usato per la riproduzione audio, molto di ciò che lo riguarda probabilmente non morirà mai: l’idea di comprimere l’audio eliminando le frequenze al di fuori dello spettro udibile, infatti, è alla base di gran parte degli altri formati, e l’autentica rivoluzione che l’mp3 ha portato nelle nostre orecchie sicuramente resterà sui libri di storia per sempre.