Assieme ai soci Steffen Charles e Frank Eichhorn, Robin Ebinger è colui che ha dato vita a Cosmopop: inizialmente una start up come tante, nata a Mannheim, che però in pochissimo tempo grazie alla qualità del proprio lavoro è diventata, semplicemente, una delle entità-guida a livello europeo in quanto ad organizzazione di eventi legati alla musica elettronica. La parola chiave è una, e la conoscete tutti: Time Warp. La loro creatura per eccellenza (anche se non certo l’unica, vedi Love Family Park…). Da qualche anno la famiglia dei loro eventi si è ulteriormente allargata grazie alla nascita di Sonus, un festival che abbiamo seguito fin dai primi passi. L’edizione di quest’anno si preannuncia ad altissima qualità come sempre, più di sempre; ma intanto ci ha anche consentito una scusa per scambiare una densa chiacchierata con Robin, dove emergono molti aspetti interessanti. Se quest’estate sarete a Sonus – che inizia tra due mesi esatti, il 20 agosto – ed è in effetti una cosa che vi consigliamo di fare, leggere questa intervista e ricordarne le parole vi aiuterò a godervi ancora di più l’atmosfera del festival (sapendo quanto lavoro ci sta dietro).
Partiamo subito dalle domande più essenziali: come nasce Sonus? Quali sono i suoi tratti caratterizzanti?
Era già dal 2009 che pensavamo all’eventualità di poter sbarcare in Croazia, ma è solo nel 2013 che tutti i tasselli sono andati al loro posto, quando una nostra ottima e fidata e conoscenza – Dalle della We Love Crew – è arrivato a proporci di fare qualcosa sull’isola di Pag. L’idea di produrre un festival su un’isola disseminando tutto per club open air ci ha subito affascinato. Sonus di sicuro porta con sé i classici marchi di fabbrica Cosmopop in quanto a direzione stilistica, organizzazione, qualità del suono, cura nei visuals; ed esattamente come per gli altri eventi da noi organizzati, il pubblico è di matrice assolutamente internazionale (arriva da qualcosa come una cinquantina di paesi diversi). Ma rispetto agli altri eventi “nostri”, la differenza sta nel contesto: poter ballare accompagnati dal tramonto per arrivare poi all’alba, a cielo aperto, sotto le stelle e la luna, immersi negli splendidi panorami croati, in un posto circondato dal mare ma con le montagne sullo sfondo, è qualcosa di unico. La colonna sonora di Sonus è creata da qualcosa come una settantina di artisti: mettendo insieme tutto quanto, si ha un evento che secondo noi è speciale.
Quest’anno si arriva al traguardo della quinta edizione. Come si è evoluto Sonus in questi anni?
Nella prima edizione eravamo divisi su due club, ma già dal 2014 i club erano diventati tre. Una crescita non solo in spazi ma anche in termini di offerta di contenuti, cosa che ci ha permesso di coprire al meglio sia la scena dei grandi nomi consolidati che quella degli act emergenti più interessanti.
Quanto lavoro ci sta dietro a un festival come Sonus? Quanto tempo vi porta via organizzare un festival così, e quante persone devono essere coinvolte per la sua realizzazione concreta?
Onestamente, credo che Sonus sia il festival che ci richiede più impegno, a livello organizzativo, visto che si tratta di un evento piuttosto complesso. Un lavoro continuo: appena finisce un’edizione, dal giorno dopo stiamo già lavorando per fissare le date dell’edizione successiva, organizzare al meglio la comunicazione post-evento, chiudere i primi contratti con gli artisti e, a distanza da un paio di mesi, stiamo già facendo partire le campagne marketing e di vendita dei biglietti, un processo che facciamo appunto partire con almeno dieci mesi di anticipo rispetto all’edizione successiva. Insomma, si può benissimo dire che per noi Sonus è un impegno costante, che dura tutto l’anno. Un impegno complesso e sfaccettato, con parecchi aspetti da seguire con attenzione: diciamo che nella nostra struttura sono una ventina le persone che si dedicano a Sonus. Poi, ovviamente, nei giorni del festival sono molte di più: in loco abbiamo bisogno di tantissime persone che rendano il festival una bella esperienza da ricordare per tutti i nostri ospiti.
Che tipo di professionalità vengono coinvolte? Il pubblico spesso si limita alla superficie, valuta solo il set in sé e pochi altri particolari, ma per la riuscita di un evento c’è bisogno di un sacco di competenze.
Vero. Ma va benissimo così. Il pubblico non deve stare lì a prendersi anche le nostre preoccupazioni, deve invece arrivare al festival e goderselo al cento per cento, senza pensieri, immergendosi nella musica – perché è per questo che noi lavoriamo tutti insieme, questo il nostro obiettivo! I primi a mettersi in moto sono le professionalità di Cosmopop legate al marketing e alla direzione artistica. Su quello, coi primi contratti chiusi e con la parte promozionale già avviata, si innesta il lavoro di chi cura la parte tecnica: i rider dei dj e dei vari artisti vanno controllati, si iniziano a chiudere gli accordi anche con i vj, gli ingegneri del suono, chi si occupa delle luci e degli impianti audio. Da lì in avanti si tiene una traccia scritta di tutto quello che deve essere fatto e delle relative tempistiche. Si inizia a pensare anche all’organizzazione logistica: quanto personale, quanti addetti alla sicurezza, quando e come far arrivare tutta l’attrezzatura necessaria fra componenti audio, video e luci. Parte di queste componenti le portiamo direttamente noi dalla Germania, per essere sicuri di poter mantenere l’alto standard qualitativo che da sempre ci caratterizza.
(l’anno scorso Sonus Festival si presentava così; continua sotto)
In effetti Sonus si svolge in una nazione che non è la vostra. Qual è la differenza tra il lavorare in Croazia e il farlo invece in Germania o, per dire, in Olanda?
Progettare, organizzare, rendere esecutivo tutto è difficile da qualsiasi parte, in un posto molto bello e particolare come la Croazia lo è per certi versi ancora di più. Ma non lo vediamo come un limite o come un difetto, la prendiamo invece come una sfida ulteriore per fare le cose ancora meglio – e con più soddisfazione. Comunque: al di là degli show in sé, ci sono molti aspetti di cui bisogna assolutamente tenere conto. La sicurezza, la riduzione dell’impatto sonoro, l’organizzazione logistica di tutta l’area di modo da limitare i disagi per i residenti. Sonus è un’entità molto complessa: tra club, cinque giornate, questo significa almeno una trentina di set, a cui poi vanno aggiunti anche i boat party. Arriviamo quindi a una quarantina fra live e dj set, su location differenti. Ogni set ha un responsabile di palco, un responsabile tecnico, vari responsabili delle componenti esecutive; e ogni set si porta dietro un lavoro non piccolo di logistica, dato che vanno sistemati correttamente lo staff, l’artista, i suoi ospiti. In tutto questo, dobbiamo confrontarci con la burocrazia croata, che non è proprio semplicissima, almeno se rapportata a quella tedesca. In Germania le regole fiscali sono differenti, l’approccio in generale è diverso, oltre al fatto che si parla la nostra lingua. Ma di nuovo: non sono ostacoli e difficoltà, è la felicità di lavorare per alzare il livello della sfida. E poi c’è sempre il nostro fidatissimo Dalle a darci una mano, e lui è croato: sa benissimo come creare i giusti equilibri.
Dal punto di vista artistico e di costruzione della line up, come orientate invece le vostre scelte?
Ci sono un po’ di criteri che vanno considerati, ma che possono essere riassunti sotto un’unica linea-guida: trovare degli artisti in grado di regalare al nostro pubblico l’esperienza migliore possibile. Non vogliamo compromessi sulla qualità del suono. La qualità del suono per noi è tutto – e appunto è anche un criterio-guida nella scelta artistica. Per Sonus è comunque molto importante puntare anche su artisti locali e su nomi emergenti: la gente viene per gli headliner, ma su così tante ore e giorni di programmazione può avere la possibilità di scoprire cose che non conosceva, rendendo in questo modo l’esperienza del festival davvero speciale, qualcosa che ti colpisce e appassiona ancora più in profondità. Con una quarantina di set in totale, il lavoro più importante è trovare i giusti equilibri.
Ormai i festival sono sempre di più. Oltre alla line up, dov’è che un festival può fare la differenza, distinguersi?
L’attenzione ai dettagli. Tenere d’occhio di continuo ogni singolo aspetto dell’evento e in che modo esso interagisce con l’esperienza-festival complessiva del nostro pubblico. Poi certo, è fondamentale poter contare su una location particolare, di fascino. Ed è altrettanto importante mettere l’artista a proprio agio: in questo modo egli potrà dare il meglio di sé sul palco, offrendo così al nostro pubblico un’esperienza di alta qualità, in un circolo virtuoso molto significativo – perché un artista sereno e soddisfatto si interfaccia anche molto meglio a livello emotivo con la gente che gli sta davanti.
Sempre considerando che i festival sono in continua crescita e che nuovi operatori si affacciano di continuo su questo mercato, quali consigli ti sentiresti di dare a chi vuole intraprendere il tuo percorso?
Beh, il consiglio è: pensateci due volte. Non fate l’errore di considerare solo gli aspetti più scintillanti e superficiali. Perché si tratta invece di lavorare duro, e di dover sopportare un sacco di responsabilità. La vera soddisfazione è quando ti rendi conto che tu, col lavoro del tuo team, sei riuscito a radunare e a far stare bene tutte assieme persone che arrivano da background sociali, economici, religiosi differenti, unendole sotto la bandiera della musica e dello stare bene. Il consiglio principale è di fare le cose per gradi: prima uno stage in una struttura grossa e poi, al momento di mettersi in proprio, misurarsi prima con eventi su scala molto più piccola, di modo da imparare gradualmente sul campo quali sono tutti gli aspetti di cui tener conto quando si organizza un evento.
Ma senti, tu riuscirai a goderti il Sonus? O nei giorni del festival c’è così tanto da fare e da seguire, e tra l’altro tutte cose dietro le quinte, senza la possibilità di stare “nel mezzo della festa”?
Di sicuro io e i miei colleghi nei giorni del festival lavoriamo duro, senza pause, per essere sicuri che scorra tutto nel modo giusto. Ma un po’ della bellezza dell’atmosfera e della musica riesci sempre a respirarli, e poi di sicuro col nostro team c’è il rito della birra collettiva a fine serata che è un momento che rende davvero tutti felici!