Certe volte le cose veramente belle devi andartele a cercare. Anche fidandoti del tuo istinto. Ecco: Fuck Normality Festival è stata sicuramente una di queste. Non abbiamo inventato nulla, noi di Soundwall, non abbiamo veramente meriti particolari. Ma nel momento di andare a cercare un festival estivo nella gettonatissima zona pugliese, per portare avanti l’operazione #ExtraContent ideata assieme a Molinari in questo 2017 (per chi si fosse perso le puntate precedenti: Nameless, Dancity, Fat Fat Fat), ad un certo punto l’idea è stata: la Puglia da quando si è fatta epicentro dell’estate (musicale) italiana è piena di festival con line up di grande richiamo e una organizzazione forte e professionale alle spalle, no?, ma allora perché invece non provare a cercare delle gemme piccole, che magari lavorano senza troppe luci di riflettori addosso?
Fuck Normality Festival lo teniamo d’occhio già da qualche edizione. Un festival con una “missione” chiara: scavare prima di tutto in ciò che di interessante viene prodotto a casa nostra, dalla scena meno legata a meccanismi da competizione-per-la-fama-e-grandi-numeri. Lo capisci, quando un festival nasce prima di tutto come un atto di amore verso la musica e la creatività, senza porsi troppi problemi di risonanza e ritorno economico; ma lo capisci anche quando è così però non per snobismo, per la voglia di essere elitari o per un rifiuto delle logiche di mercato perché il “mercato è il male”. E’ così perché c’è un’attitudine serena, onesta, inclusiva. Attitudine che può essere anche dei grandi festival, sia chiaro, il loro lavoro non va assolutamente sminuito (anzi: è molto difficile, si rischia parecchio), però che ci siano ancora delle realtà “artigianali” in un contesto sempre più influenzato da dinamiche imprenditoriali ben precise e delineate è bello. Anzi: è vitale.
Insomma. A naso, Fuck Normality Festival pur non avendo mai avuto nomi fortissimi, pur non avendo mai fatto numeri enormi, ci era sembrata la scelta giusta, una volta deciso di percorrere la strada “Stavolta proviamo a cercare qualcosa di diverso”. Anche perché quest’anno si vedeva che provava ad alzare l’asticella, con conseguente aumento dei rischi: due ospiti stranieri di livello, Romare e Lone, oltre alla solita batteria di italiani di qualità (quest’anno Populous, LNDFK, RuDan, Toyma) e a un tocco di eccentricità (Myss Keta). Tutti in un giorno. Nella storia del festival, breve ma non brevissima, la line up più costosa mai messa assieme. “Ok, potendo scegliere è a loro che diamo una mano, è con loro che vogliamo provare a fare qualcosa”, ci siamo detti. Anche se in passato non c’eravamo mai stati. Anche se ci basavamo solo sulle line up, su quello che si leggeva nei social, su alcuni scambi di mail vecchi anche di un paio d’anni.
Abbiamo fatto benissimo. Perché Fuck Normality Festival 2017 è stata davvero un’esperienza che ci ha riempito il cuore. Un festival assolutamente non glamour, non mediatico, ma chi ama la musica nel senso e nelle sue dinamiche più pure non può che esserne al fianco. Non crediamo sia un caso, al di là della vicinanza geografica d’origine, se uno degli artisti in line up (Populous) si è speso tanto anche nella manovalanza fino a fare da co-direttore della produzione (decidendo orari e pick up). Non crediamo sia un caso, sempre al di là della vicinanza geografica, se fra il pubblico si sono visti Congorock, Michele Mininni o gli Inude, completamente mischiati in mezzo a tutti (il primo ormai è un producer di livello mondiale; il secondo, talento vero, è sotto contratto con la R&S; i terzi sono fra le promesse dell’indie elettronico italiano). Non avevano compiti, lì. Non erano in line up. Ma a Fuck Normality Festival si respira una genuinità e, lo ripetiamo, una onestà che sono rare, e sono importanti.
E che sono anche difficili da portare avanti, in un Salento che non è quello mediatico di Gallipoli o delle masserie più belle e pittoresche, ma semmai è quello del Sudestudio – sede del festival, ma anche studio di registrazione che è un punto di riferimento davvero importante per la musica di qualità in Italia. Durante il giorno, in pieno agosto, Guagnano pare un film di Sergio Leone. Altro che Gallipoli, o la splendida Valle d’Itria, o Otranto. Nessuno per strada. Nessuno. Mondanità? Glamour? Turisti in cerca di divertimento? Non scherziamo. Zero. Tant’è che ad un certo punto ci è venuto da pensare “Oddio, abbiamo sbagliato tutto, questo festival è solo un’intemerata velleitaria di chi la organizza, stasera ci ritroveremo in cinquanta, massimo cento ad ascoltare, qua pare non esserci nessuno”.
Ci siamo ritrovati in duemila. Ci siamo ritrovati in duemila, e l’atmosfera era talmente bella e “calda” che non si è nemmeno rimasti troppo male per il bidone last minute di Lone (che era pure l’artista che più aspettavamo, noi e non solo noi). Romare ha fatto il suo, Linda Feki e Dario Bass sempre più maturi e convincenti nel loro live, Okee Ru e Dan Mela bravissimi ma ormai è perfino superfluo dirlo, Populous col live nuovo è una festa vera ed avvolgente, Myss Keta col live suo è una provocazione (piaccia o non piaccia, è stimolante – non lascia indifferenti, e questo è un merito a prescindere). Il pratone davanti al Sudestudio è stato allestito tra luci e scenografie in maniera magari povera però incredibilmente affascinante. Insomma: tutto concorreva nel farti stare in testa la sensazione “Sono nel posto giusto, qui sono nel posto giusto, tra gente presa bene ma che ama la musica e la cultura in modo consapevole – senza aver bisogno di divertimentifici più o meno chic ben oliati”.
Ma si era nel posto giusto già un paio d’ore prima dell’inizio del festival, al Circolo Arci Rubik, per l’#ExtraCotent Soundwall + Molinari. Populous e Myss Keta, in una chiacchierata col sottoscritto, davanti ad un pubblico notevolmente numeroso quanto interessato, si sono abbandonati a lunghe chiacchiere dove cazzeggio e humour erano in perfetto equilibrio, con concetti di grande sostanza nel descrivere le dinamiche culturali milanesi e, allargando il raggio, anche quelle italiane e/o quelle legate alla club culture e alle mode in generale. Nulla da invidiare alle lecture che ci siamo fatti con santoni come Manuel Göttsching ed Uwe Schmidt, o stelle emergenti come Fatima. Insomma, è stata una esperienza bella e rigenerate a trecentosessanta gradi. E’ stato qualcosa di diverso, rispetto per dire a Viva!, il Grido o Polifonic (i tre festival principali, ad altissima qualità e impatto, che hanno percorso, l’estate pugliese più vicina al clubbing di spessore, ognuno nel suo). Molto più “alla buona”. Ma per fortuna che esistono le diversità. Per fortuna. E il senso di onestà e di entusiasmo “orizzontale” e comunitario che abbiamo respirato in tutta la giornata del 14 agosto 2017 a Fuck Normality Festival, beh, già lo sappiamo, sarà uno dei migliori ricordi di un 2017 in cui abbiamo già visto tante cose notevoli e altre ne vedremo. Quindi ecco: certe volte le cose, ad andarsele a cercare, ti premiano tantissimo.
Foto di Alessandra Tommasi