Juju e Jordash ormai sono in giro da una dozzina d’anni e hanno alle spalle un gran numero di release di altissimo profilo che compaiono regolarmente nelle borse e nei set di moltissimi dj, anche dei vostri preferiti, e nei cataloghi delle etichette più importanti come Dekmantel, su cui è uscito anche questo album e di cui sono habituée fin dall’inizio – visto che la release numero uno è proprio loro – eppure non sono uno di quei nomi che spostano folle oceaniche, né sono headliner ai festival da decine di migliaia di persone: a sentire il loro ultimo album, “Sis-Boom-Bah”, ci siamo fatti l’idea che tutto sommato la loro sia una scelta intenzionale e consapevole.
Se volessero, potrebbero tranquillamente piegare il proprio sound a un gusto più immediato, unirsi al trend recente che vede i produttori affannarsi nella corsa a chi suona più forte, a chi ha il drop più grosso o, a seconda delle scene, a chi ha il sample più ricercato o il vocal più catchy; eppure questo è un album che va esattamente nella direzione opposta: ascoltando le nove tracce che lo compongono si ha chiaramente la sensazione che l’intenzione dei due produttori sia quella di non posizionarsi al centro della nostra attenzione ma ai suoi confini, sulla soglia tra l’ascolto cosciente e quello subliminale.
Ascoltando “Sis-Boom-Bah” di fila infatti ci è capitato spesso di ritrovarci sovrappensiero, assorti, come cullati in qualche modo dai poliritmi di Gal e Jordan che anziché gridare in tutti i modi possibili “ehi, guardami, guarda come sono bravo, le sto provando veramente tutte per attirare la tua attenzione” si insinuano lentamente e morbidamente nelle pieghe più recondite dell’udito, senza fretta e con la sicurezza degli artisti ormai in fase molto avanzata del proprio processo di maturazione.
L’abilità di Juju e Jordash, tra l’altro, è ancora più evidente se si pensa che “Sis-Boom-Bap” è un album ottenuto registrando delle sessions improvvisate, esattamente come il loro raffinatissimo live set, a dimostrazione che ormai il dinamico duo è in grado di ottenere il risultato che vuole come e quando vuole e che è in grado di piegare le proprie macchine, rigorosamente analogiche, interamente al proprio volere.
Insomma, non siamo certo davanti a un album “facile”, in tutti i sensi: prima di tutto, perché non nascondiamo che ci sono voluti un paio di ascolti per riuscire a entrarci in contatto e capire dove stesse il suo fascino, ma anche perché siamo dell’idea che non sia da tutti riuscire a mettere “per iscritto” della musica come questa, che ti entra dentro ma senza voler a tutti i costi strafare, dosando alla perfezione le energie e i tocchi di classe, la sciabola e il fioretto.
È un disco “da grandi”, sia perché i suoi produttori ormai sono in grado di decidere la direzione da percorrere, di percorrerla autonomamente e di guidare l’ascoltatore esattamente dove vogliono, sia perché è un disco che richiede che l’ascoltatore stesso sia disposto a farsi guidare in direzioni non banali: se sarete disposti a concedere a “Sis-Boom-Bah” l’attenzione che richiede, o meglio la volontaria mancanza di attenzione necessaria a lasciarlo penetrare nel vostro subconscio, vi garantiamo che ne rimarrete soddisfatti.