Vi abbiamo raccontato di recente di quanto la scena vaporwave italiana sia vivissima e in assoluto fermento, ma “vaporwave” in realtà è un termine ombrello che raccoglie una miriade di sottogeneri e sottonicchie in perfetto stile Internet: tra di esse, una delle nostre preferite è il future funk, che prende gli elementi retrofuturistici e malinconici della vaporwave “classica” e li fonde con un tiro più funky, appunto, dando vita a una miscela danzabilissima e movimentata ma con una punta di nostalgia.
Tra gli esponenti più interessanti del genere, in Italia, c’è senza ombra di dubbio Cape Coral, che è il protagonista dei quindici passi di questa settimana e che oltre al future funk ha un sacco da raccontare: proprio per questo siamo lieti di presentarvelo.
Passo numero uno: qual è il disco o la traccia che ti ha cambiato la vita? La primissima. Quella che ti ha fatto capire che la musica era veramente un’emozione particolare, più intensa di altre.
Il mio primo approccio musicale è stato fisico. Ho iniziato ballando breaking nel ’97 e, all’epoca, si ballava sul funk o sull’electro funk e molte volte venivo attratto più dalla musica che dal breaking stesso. Era la fine degli anni ’90, la musica era fruibile solo su cassette o cd e con quello che girava (arrivato nelle nostre radio da street show chissà come) ci ballavi per mesi interi. Incredibile Bongo Band, Kurtis Blow, Jimmy Castor Bunch, Al Naafiysh, sono degli esempi. Avevo un lettore cassette della Sony dal quale non mi separavo mai, a scuola toglievo spazio ai libri pur di portarlo e ballare durante una pausa tra un cambio di professore e un altro. Ho amato il funk sin dai primi passi, pur non avendo consapevolezza che si trattasse di un genere musicale. Delle tracce rap americane di allora ascoltavo quelle con le sonorità più funk ed ero alla costante ricerca di roba funk nuova, di sound freschi, di energia musicale. Detto ciò è difficile trovare un disco o una traccia che mi abbia cambiato la vita, ma una traccia sulla quale abbiamo ballato per anni, che ha letteralmente unito intere generazioni differenti, compresa la mia è: “It’s Just Begun” di Jimmy Castor Bunch.
Passo numero due: quando hai capito che la musica, produrla o suonarla, sarebbe stata una parte fondamentale della tua vita?
Ho conosciuto la produzione molto tardi, ho cominciato a produrre nel 2012 a 26 anni. Collezionavo dischi funk già da molti anni e provavo rabbia nel trasferire i vinili in digitale poiché mi accorgevo che perdevano in qualità, tracce con volumi differenti e qualità scadente erano in pessime condizioni nelle jam o durante gli allenamenti di breaking. “Energy Level” dei BT Express era una traccia mostruosa, assolutamente rovinata dai gracchi. È triste che una traccia così bella sia nata e morta nell’epoca stessa della sua uscita discografica. Avrei voluto rimasterizzarle una per una. Nascono i miei primi approcci verso i software. Di giorno mi allenavo, con pessimi risultati, con il basso, e di notte ascoltavo dischi funk da comprimere per giocarci in tutti i modi possibili: scratch, giri di batterie secchi sopra l’originale, a cappella dei Wu-tang Clan sopra High hopes degli SOS Band.
Passo a margine: quali sono stati i momenti di maggior crisi, nel tuo rapporto con la musica?
Direi che quello che sto vivendo attualmente è il momento di maggior crisi. Vivo in una città molto chiusa, dove coltivare un talento è difficile, nessuno stimolo nuovo, nessuna scena e le serate seguono gli standard musicali commerciali e le poche serate underground sono talmente di nicchia che non c’è mai un grosso investimento dietro e tutto si riduce ad una serata con dj e producer locali. Com Truise, Mndsgn, Siriusmo non suonerebbero mai qui, figuriamoci far crescere un movimento musicale come la vaporwave o il future funk, che sono ancor più underground e difficili da capire. I miei piani prevedono di uscire fuori da quest’ambiente, ma ogni cosa a suo tempo.
Passi importanti: quali sono stati finora i momenti più importanti, nella tua carriera?
Il momento più importante è stato l’ingresso nel collettivo internazionale Future Society, che mi ha permesso di trovare producers matti, da stanzetta, come me, con i quali ho condiviso davvero tanto, musicalmente parlando. Non ero più solo, finalmente avevo qualcuno con cui condividere la mia passione per il funk 80’s. Altrettanto importante per me l’uscita del mio disco “Slowed Midnight” con la Business Casual, più che altro emozionante vedere un prodotto uscito dal nulla più assoluto, frutto di anni di passione e sacrifici.
Passi per prendere un po’ d’aria e trovare ispirazione ed energia: quali sono le tue altre passioni? Come le sviluppi? Quanto tempo riesci a dedicare loro?
La mia più grande passione sono i graffiti, dipingo dal ’98 e sono un writer abbastanza affermato nel mio ambiente. È tutto strettamente collegato, ho sempre avuto uno stile space anni ’80 nei graffiti, indiscutibilmente future funk, dalle copertine dei dischi anni 80 alle lettere, dai samples dei dischi, ai miei campionatori. Purtroppo, crescendo, aumentano le responsabilità e diminuisce il tempo libero, ma pur tra mille impegni, troverò sempre il tempo da dedicare alla musica. Inoltre, nel fine settimana, quando ne ho voglia, dipingo.
Passi perduti: quali sono finora i tuoi più grandi rimpianti, musicalmente parlando?
Assolutamente nessuno. Ho sempre fatto ciò che mi andava di fare; non ho fini economici o di carriera musicale, sono un artista (un rimasto forse è più appropriato) libero. L’unico piccolo rimpianto è quello di non esser mai andato negli States, il funk, il future funk, i graffiti e l’Hip hop sono americani per nascita e cultura ed è un viaggio obbligatorio per me. Spero di realizzare questo mio sogno al più presto.
Passi che consiglieresti: quali sono secondo te i cinque album (o brani) che consiglieresti e che non dovrebbero mancare nella discografia di tutte le persone a cui vuoi bene o che stimi?
Cinque? se tu me ne avessi chiesti cinquanta sarebbe stato più semplice. Togliendo di mezzo gli album classici, come “Meddle” dei Pink Floyd o “Station To Station” di David Bowie, ecco quali potrebbero essere:
Onra “Long Distance”
Com Truise “Galactic Melt”
Flying Lotus “Cosmogramma”
Mndsgn “Brainwash”
Lone “Ecstasy & Friends”
Passi in biblioteca o videoteca: quali libri o film consiglieresti?
“Guida galattica per autostoppisti” di Douglas Adams, perché è uno dei romanzi a cui io sono più legato (Il libro che ha ispirato la serie “Futurama”) ed il film “Beat street” perché rappresenta la mia adolescenza. Sono un cinefilo seriale, credo di aver visto e studiato davvero tanto.
Passi fondamentali: qual è il risultato artistico di cui finora vai più orgoglioso?
Direi l’uscita del disco, appunto perché è stato un prodotto creato da zero, partito dal nulla, senza nessun contatto o conoscenza, creato in un piccolo sottotetto, di un anonimo paesino. Poi ci sarebbero i tantissimi successi nei graffiti, ma trattandosi di cose non proprio lecite, meglio non raccontarle.
Passi virtuali: come stai vivendo l’onnipresenza del web nelle nostre vite in questi anni?
Assolutamente in modo distruttivo. Il Black Mirror è alle porte, non riesci più a guidare, perché tutti sono con il telefono in mano, non si ascoltano più i suoni della città e della natura, stiamo perdendo ogni contatto umano e da un punto di vista sentimentale è anche peggio. Credo che sia impossibile creare un rapporto stabile con queste premesse. Purtroppo ho delle pessime esperienze con la mia musa, ogni volta che litighiamo è un dramma gestire i social e la rabbia. Per contro, se non fosse esistito il web, il mio disco l’avrebbero ascoltato in tre. C’è da dire che l’informazione, così globalizzata e a portata di tutti, permette a chiunque di essere a conoscenza, in tempo reale, di ciò che accade nel mondo, ma qualsiasi idiota munito di cellulare o computer si sente in dovere di dire la sua ed è un esperto in tutto. Ci vorrebbe la patente di navigazione web.
Passi in compagnia: quali sono i dj e producer con cui senti più affinità, e con cui vorresti sempre e comunque condividere parole, progetti, obiettivi?
Uno dei producer con cui ho più affinità e stima reciproca è Andrea Cipria aka Stereocool. È uno dei musicisti più preparati che conosca, in più è assolutamente assuefatto dal funk, come me ed è della mia stessa città. Quando sono in crisi musicale, mi basta parlarci, o andare nel suo studio, per ricaricarmi. Ho pubblicato una traccia con la sua web label che vi linko: https://soundcloud.com/clubcoral/cape-coral-late-night-fingers
Passi incrociati: qual è la situazione, musicale e non, più assurda che ti è capitato di vivere?
Perdere mio fratello in un incidente stradale. Non esiste cosa più assurda di questa nella mia vita.
Passi sbagliati: quali sono le cose che più di danno fastidio nella scena musicale italiana?
In Italia credo esista solo la moda, qualsiasi cosa si fa per moda, se un meccanismo funziona con il pubblico tutti ripeteranno tale meccanismo fino al prossimo. Vengo dall’hip hop e per me il concetto di scena è cosa ben più profonda, il primo sinonimo che mi viene in mente è comunità. In Italia non esistono comunità musicali. Oggi tutti vogliono la fama e i likes facili e li vogliono subito, quindi perché sbattersi in strade nuove, ricercare uno stile personale e creare un pubblico da zero? Meglio fare trap accompagnato dal video figo con le ragazze semi nude. La musica è solo un fine per arrivare a donne e soldi. Sono finiti i tempi della Italo disco, degli italiani esportati negli Stati Uniti come Giorgio Moroder o Al di Meola. Ovviamente ci sono le eccezioni che solitamente non vedi in giro, non fanno parte di nessuna comunità, gente che non penseresti nemmeno venga da Bassano del grappa o Aci San Filippo. Personalmente ho una piccola comunità italiana musicale Vaporwave, la Vaporwave nights collective ma siamo talmente pochi che definirla comunità mi sembra eccessivo.
Passi che stai per compiere: quali sono i tuoi prossimi progetti?
Sto lavorando al mio nuovo disco, mi sto direzionando verso il lo-fi hip hop unito alle sonorità future funk, spero di riuscire a completarlo entro la fine dell’anno.
Passi sinestetici: salutaci non con delle parole, ma con una traccia, non importa se tua o di altri.