Kurt Uenala è un artista a tutto tondo, partito dalla formazione classica studiando violoncello fino al mondo dell’elettronica dove ha collaborato con alcuni dei nomi di riferimento tra cui Moby, Soulsavers, The Kills per arrivare ai Depeche Mode e all’amicizia con Dave Gahan, sfociata in un brano inserito all’interno dell’album di debutto Cryosleep per il nuovo progetto Null+Void, che vede anche collaborazioni con Black Rebel Motorcycle Club, The Big Pink e Shannon Funchess . Dalla lontana svizzera a New York, sua nuova casa, ci regala una visione d’insieme sul suo mondo e sul modo di lavorare di un produttore prolifico e preparato che non lascia nulla al caso, con risultati che non possiamo che invidiare.
Prima domanda, qual è il tuo background musicale? Se dovessimo guardare nella tua collezione di dischi cosa troveremmo?
Troveresti molta roba tranquilla. A casa ascolto solo musica con poca o niente batteria e sicuramente non in quattro quarti. Sono un grande fan della serie Pop Ambient di Kompakt, di una band americana che si chiama Hammock e ascolto vecchi brani vocali con arrangiamenti orchestrali tipo Scott Walker. Ascolto anche colonne sonore, in questo momento la mia preferita è Solaris di Cliff Martinez, mi piace così tanto che ne ho preso una seconda copia in picture disc. Poi chiaramente ci sono anche alcune cose anni ottanta, tipo “Dazzle Ships” di Orchestral Manoeuvres In The Dark o le release dei primi anni duemila di Suction Records e altre cose su quel genere di elettronica. Tra le cose nuove ci sono le uscite della label Bass Agenda, oppure The Hacker, Alva Noto, il maestro danese Trentemoller, Kasper Bjorke, gli islandesi Ulfur Eldjarn, Johan Johansson e sono anche innamorato di una band che si chiama Sound Of Ceres di NYC. E chiaramente anche il nuovo disco di Zola Jesus è fantastico.
In generale Null + Void è riferito a qualcosa che viene scartato, insignificante, zero, niente, come mai ha scelto questo nome?
Ho pensato che rapresentasse l’aria cupa che aveva cominciato ad apparire nei brani che scrivevo in quel periodo. Non è facile come ricerca sul web ma penso si sposi bene con la musica.
In un documentario su Null+Void hai detto che tuo fratello ti ha fatto conoscere i sintetizzatori, ma siccome tua madre suonava il violino e non li ha mai considerati un vero strumento, sei finito a studiare il violoncello. Quale pensi sia il valore aggiunto di avere una formazione classica e come la usi nella tua musica oggi? Pensi sia un limite o i limiti ci rendono più creativi?
Penso che l’esser stato spinto a studiare il violoncello non sia stato così male, ho imparato tutte le cose noiose della musica da piccolo, quando è più facile assorbire nuove informazioni, come imparare una nuova lingua da bambini. Andando avanti cominceresti a chiedere il perché e sarebbe più difficile infilare tutta quella roba nella tua testa e riuscire poi a ricordarsele. Penso anche che le capacità motorie necessarie a suonare uno strumento diventino utili crescendo. Il solo imparare a capire e leggere la notazione musicale è un inferno da adulto e sono contento di averlo già fatto. Conosco persone che non aprezzano l’educaziona tradizionale, ma aiuta moltissimo a capire quando un accordo ti fa sentire in un certo modo e a ricordare che questi accordi in RE minore tredicesima sono cupi ma allo stesso tempo pieni di speranza. Puoi costruire un vocabolario. Ovviamente lo puoi fare anche a orecchio, però aiuta essere in grado di parlare con i tuoi collaboratori o altri componenti della band e saper spiegare al tastierista cosa vuoi piuttosto che fargli provare quaranticinque accordi diversi fino a quando non dici “si, quello”.
Quando ti sei trasferito in America hai formato delle band e suonavi il basso, poi so che dopo aver ascoltato la colonna sonora di “Merry Christmas Mr. Lawrence” di Ryuichi Sakamoto hai deciso di buttarti sulla musica elettronica, perché?
Veramente amavo la musica elettronica già molto prima. Da ragazzo mio fratello era un grande fan dei Depeche Mode e New Order e ascoltava la colonna sonora di Sakamoto, ed è così che ci sono arrivato, come un ascoltatore. Non facevo musica allora, suonavo solo il violoncello. Fare musica è arrivato dopo, quando ero un bassista. Quando arrivai negli Stati Uniti era un modo per fare soldi e incontrare gente, I bassisti sono rari e c’è sempre qualcuno con cui suonare. Ho sempre avuto una drum machine e un registratore a quattro tracce su cui improvvisare, spesso col basso anziché coi synth. Negli anni novanta mi sono appassionato sempre di più alla musica elettronica lavorando con un Atari e un campionatore Akai.
Hai detto che in generale ti influenzano le conoscenze, amici o persone che stimi e segui su Soundcloud o Facebook e anche che ti piace ascoltare musica oscura. Mi è piaciuto anche quello che hai detto su New York, sul fatto che puoi fare a meno di ascoltare musica se non vuoi. Sembra che tu ti stia in qualche modo proteggendo dall’esterno perché c’è troppo rumore e permetti solo a una piccola quantità di musica di passare, pensi aiuti il tuo processo creativo?
Si, penso che essere scheramato dalla musica commerciale mainstream sia una cosa magnifica. Queste calcolate melodie cantabili rimangono in testa e portano via spazio utile alla colonna sonora che accompagna la tua vita.
Nel 2002 il tuo brano “Kap10Kurt – Die Sleeping” è diventato un classico synth-pop, sognante e perfetto per il club, finendo sotto i riflettori di fan, artisti in giro per il mondo e anche nella compilation “The Sound Of Young New York” prodotta da Plant Music. Dopo il successo sono arrivate le collaborazioni col cantante dei Depeche Mode Dave Gahan, senza contare altri grandi artisti come Moby e The Kills. Puoi raccontarci la storia dietro al singolo e quale pensi sia stata la ragione del suo successo?
Il pezzo comincia solo col basso ed e’ stato fatto con un Atari e Cubase che pilotava un Juno 60, era tutto quello che avevo a quell’epoca, tutti i synth erano il Juno. Avevo anche un campionatore EMU e con quello ho fatto le batterie. Poi sono arrivato a New York, ho trovato lavoro in un piccolo studio di registrazione e in un Jazz Club come fonico. Una sera sono andato a bere qualcosa con un amico e c’era questa splendida cantante che suonava anche il piano, abbiamo cominciato a chiacchierare ma non ci siamo scambiati i contatti, tutto quello che sapevo era che si chiamava Nellie McKay. Qualche mese dopo ho pensato che sarebbe stata perfetta per la canzone e così sono andato a cercarla in tre piano bar e alla fine uno dei gestori sapeva come contattarla, così è venuta in studio e ha cantata sul brano. Avevo la melodia e le parole già pronte, quindi sono bastati pochi tentativi. Mi disse che era il suo primo lavoro retribuito in studio. Un anno dopo io lavoravo ancora li e lei è venuta a registrare i suoi demo, che poi le hanno fatto avere un contratto con Sony/Columbia.
Hai lavorato con Dave Gahan, poi siete diventati amici e ha collaborato al tuo nuovo album. A proposito hai detto che è molto impulsivo, mentre tu hai una mente più analitica, come fate a lavorare insieme? Il brano “Where I Wait” e chiaramente ispirato ai Depeche Mode, Dave ha raccontato che era pensato per il disco “Spirit” ma che poi è stato scartato, come mai avete deciso di riprenderlo in mano e lavorarci?
Penso sia favoloso lavorare con chi ha caratteristiche e approcci differenti dal tuo, altrimenti finisci per pestarti i piedi a vicenda. Se sono troppo analitico mi ricorda di pensare al progetto nel suo insieme. Così riesco a dare forma alle idee più confuse o a trovare quale melodia funziona meglio su quale accordo e anche, conosco molto bene la sua voce, così sono in grado di trovare le armonie e gli accordi che funzionano bene per lui. “Where I Wait” non era pensato per nessun album, in teoria doveva finire in Delta Machines ma non ci stavamo coi tempi. La scelta era tra il lavorare ancora un po’ a un singolo e fare cinque pezzi come una video performance oppure registrane uno nuovo. Così è stato decido si non inserirlo e mi hanno fatto produrre le musiche per i video, il risultato è molto bello, girato da Tim Saccenti.
Il tuo album di debutto Cryosleep è ispirato ai classici della fantascienza, con molti contrasti, atmosfere cupe, distaccate. Alcuni pezzi hanno una struttura complessa con momenti disarmonici che creano molta tensione, come ha sviluppato l’idea e quali sono stati I momenti fondamentali di questo lavoro?
E’ capitato in modo natuale, non ho mai pensato a un concetto, ma con gli strumenti che ho usato il risultato suona un po’ fantascientifico. Inoltre, all’epoca vivevo una situazione complicate e tutto quello che mi rimaneva era la musica e questi strumenti, per mesi ho dormito su un divano letto in studio e fatto un sacco di musica che poi è diventata Cryosleep.
Sembra che tu abbia una preferenza per lavorare con I vocalist, perché?
La voce umana è lo strumento più toccante secondo me. I dettagli e i ricordi che colleghiamo a quel suono vanno più in profondità di qualsiasi altro strumento. A volte mi piace usarla nei brani e le parole sono molto potenti, anches se non così semplici da usare come un sintetizzatore ma ci sto lavorano.
Lavorando in studio per altri artisti ti sei accorto che c’è una quantita finita di creatività giornaliera ed è difficile poi andare a casa e proseguire sulle tue cose, ma invece avere un lavoro ripetitivo, con poca o nulla cretività coinvolta ti lascia con un sacco di energia da spendere quando hai finito. Secondo te qual’è stato il tuo periodo più creativo, quello con un lavoro ripetitivo o adesso che sei un musicista a tempo pieno?
Penso che ora, da musicista full time con delle scadenze sia il momento più cretivo, ma senza scadenze sono perso. Penso, cambio, rimugino, modifico ma con una scadenza sei costretto ad andare oltre, scartare e cominciare qualcosa di nuovo. Per me un pezzo è finito quando arriva qualcuno che mi dice che gli serve subito. Quando avevo un lavoro normale era simile perché sapevo di avere meno tempo per la musica e quindi ero più focalizzato. Non è un problema avere un lavoro regolare a tempo pieno. La sicurezza di avere soldi, assicurazione sanitaria, magari fare serate che non pagano tanto, o fare i tui dischi con dei video vale più che poter dire che sei un professionista, quando poi spendi più tempo su Ebay o a leggere blog di sintetizzatori.
Adesso usi solo Ableton e Maschine, so che ti piace l’idea di non pensare troppo quando lavori, questo setup ti permette di evitarlo?
Si, specialmente Maschine ha un flusso di lavoro perfetto. E’ molto intuitivo fare musica che non sia limitata ai soliti sedici step. E’ molto flessibile ed è in grado di gestire arrangiamenti complessi, cambi di accordi e brani completi. Sono un grande fan e mi aiuta a lavorare senza guardare il computer tutto il giorno. Funziona molto bene anche con i miei sintetizzatori hardware e anche questo è molto importante per me.
Hai detto che la vita qualche volta ti porta in direzioni inaspettate che puoi odiare ma che comunque ti insegnano qualcosa, ad oggi, parlando di musica, quali sono state le cose principali che hai imparato?
Uno dei percorsi inattesi riguarda il violoncello che hai menzionato all’inizio. Non volevo finire in un’orchestra a suonare il violoncello ma dato che ero un ragazzo obbedivo ed ho imparato qualcosa che mi rende felice come nient’altro al mondo. Occupa tanto tempo e spazio nella mia vita e non c’è molto altro ma è così bello che non ne posso fare a meno. Non mi piaceva l’idea di suonare il violoncello per tanto tempo ma l’ho fatto per un periodo. Se fossi stato bravo a calcio o con le ragazze forse non avrei messo tutto l’impegno nella musica.
Dato che sei nel settore da parecchio tempo e hai una visione molto chiara, quale consiglio daresti a un giovane produttore?
Gli consiglierei di essere aperto e lavorare con tanti generi musicali per apprenderne i segreti e costruire il prorio vocabolario. Studia, analizza, lavora sodo e continua ad amare la musica per quello che fa a livello emozionale e non per quello che viene visto come successo, che sia soldi o fama.
[Scroll down for English version]
Kurt Uenala is a full-fledged artist that started from classical traning learning cello to the electronic world where he collaborated with some of the most respected artists such as Moby, Soulsavers, The Kills to Depeche Mode and his friendship with Dave Gahan, that ended in a track inserted in his debut album Cryosleep from his project Null+Void, with also features from Black Rebel Motorcycle Club, The Big Pink and Shannon Funchess. From Swiss to New York, his new home, he gift us from a deep overview of the world and workflow of a producer that leaves nothing to chance, with results that we can envy.
First question, what is your musical background? If we were to go through your music collection what sort of stuff are we likely to find.
You would find more quiet things. At home I listen mostly to music with no or sparse drums and definitely not four on the floor music. I am a big fan of the Kompakt Pop Ambient records, an American band called Hammock and listen to older, vocal stuff with orchestral arrangements such as Scott Walker. I also listen to Soundtracks. My favourite is Solaris by Cliff Martinez these days. I love it so much that I bought another copy as picture vinyl. Then there are some 80’s things of course such as “Dazzle Ships” by Orchestral Manoeuvres in the Dark or early 2000 releases on Suction records and things in that Electro vein. Newer stuff I have is by a label called Bass Agenda, or I like “The Hacker”, “Alva Noto”, the Danish masters such as Trentemoller and Kasper Bjorke, the Icelanders Ulfur Eldjarn and Johan Johansson and I am also in love with a band called “Sound Of Ceres” from NYC. And of course the new Zola Jesus record is fantastic.
In general Null + Void is referred as something discarded, insignificant, zero, nothing, why did you choose this name?
I felt it represented a certain bleakness that started to appear in the songs i wrote at the time. It’s a pain to google but I felt the name fit the music well.
In a documentary about Null+Void you’ve said that your brother introduced you to synthesizer, but since your mother played violin and never considered them a proper musical instrument, you ended up learning cello. What do you think is the value add of having a proper formation and how do you use it in your music today? Do you think it’s a constraint or constraints make us more creative?
I think that being pushed to learn cello was not so bad, as I got a solid understanding of the boring parts of music making at quite an early age, when it’s easier to absorb new information. Just like learning a language as a child. Later on, you will question why and it will be so much harder to pile all that data into your head and retain that information. Also, I think the motor skills of playing an instrument growing up were helpful later in life. Just learning to understand and read musical notation is hell as an adult and I am happy I got it out of the way. I know people look down upon a traditional musical education but it helps you so much to be able to understand and recognize a moment when a chord makes you feel a certain way, and then to be able to remember a those DMinor 13 chords are dark but slightly hopeful. So you can build a vocabulary. Of course you can just do this by ear but it helps to be able to speak to your collaborators or band mates and tell the keyboard player what you mean rather than push him aside or having him to play you 45 different chords until you can say: “yeah, that one”.
When moved to America you started regular bands as bass player; I know that after hearing the title track by Ryuichi Sakamoto on “Merry Christmas Mr. Lawrence” you decided to produce electronic music, why?
I actually loved electronic music a lot earlier. As a boy my brother was a big Depeche Mode and New Order fan and he played the Sakamoto Soundtrack, so that’s when I got into it, as a listener. But I was not making music back then. Just playing Cello. Creating music came later, when I was a bass player. And when I arrived in the US, it was a way to make money and meet people. Bassists are rare and there is always someone to play with. But I always had a drum machine and a 4 track and made stiff, but often with a Bass instead of a synth. Then, in the late 90’s i got deeper into electronic music with an Atari and an Akai sampler.
You’ve said that you’re influenced by acquaintances in general, friends or someone who you admire posting on Soundcloud, Facebook, and that you love listening to obscure music. I like also the thing you’ve said about New York as you don’t need to hear music if you don’t want. It seems like that you are shielding yourself from outside because of too much noise and you allow only a small amount of music to pass through, does it helps your creative process?
Yes, I think being shielded from mainstream commercial music is a wonderful situation to be in. Those calculated, sing-along melodies can be stuck in your head and take up valuable space and warp in the soundtrack accompanying your life.
In 2002 your song “Kap10Kurt – Die Sleeping” became an early classic of dreamy, club-ready synth pop, and it caught the attention of fans and artists around the world. It was also included in a compilation by Plant Music called “The Sound Of Young New York” and eventually landed you a gig recording with Depeche Mode singer Dave Gahan, not to mention a long list of major acts such as Moby and The Kills. Could you tell us the story behind the single and what do you think was the reason of his success?
The song started with just the bass line. It was made on an Atari with Cubase installed that triggered a Roland Juno 60. It’s all I had at that time and all the synths were that Juno. I also had an EMU sampler and those were the Drums. Then, when I arrived in NYC, I got a Job in a tiny recording studio and worked there, as well as a Jazz club, as a sound engineer. I went for a glass of wine with a friend and heard this incredibly charming singer play piano and sing and we started chatting but we never exchanged our contact information. All I knew was that her name was Nellie McKay. A few months later, I thought that she would be perfect for that song and so I went to 3 different Piano bars and finally, one of the owners knew how to get in touch with her. So she came by and sang the song. I had the melody and Lyrics ready so she nailed it in a few tries. She said that was her first paid studio job as a singer. A year later (I still worked in that studio), she came by to record her own song demos which ultimately landed her a record deal with Sony/Columbia records.
You’ve worked with Dave Gahan, you then became friend and then he collaborated with you on your new album. About that you’ve said that he is very gut driven guy and you’re a very analytical one, how did you manage to fit together? The song “Where I Wait” has a clear Depeche Mode imprint and Dave said that it was meant to be inside the album “Spirit” but at the end didn’t made the LP cut, why did you both choose to restart working on it?
I think it’s a great to have a writing partner that has a different skill and approach than yourself. Otherwise we would step on each other’s feet when working together. If I get too analytical he can remind me to look at the big picture and turn up and get into it. And I can make sense of more chaotic ideas or figure out best how to make this melody work over what chord and also, I know his voice very well so I can choose harmonies and chords that work for him. With “where I wait” it was not written for any album really but was supposed to end up on “Delta Machine” but we just ran out of time. The choice was either to work on the single a little more and do 5 songs as a video performance or record one more song. So it was decided to drop it and put me on making the song arrangements for the performance video which turned out very beautiful (filmed by Tim Saccenti).
Your debut album Cryosleep is inspired by classic SCI-FI movies with lot of contrast, darkness, isolation. Some songs have a rather complex structure with some disharmonic moments that led to more tension. How did you developed the idea and what have been the key moment of this work?
It just happened naturally. I never thought of a concept. But with the instruments I have piled up around me, it just sounds a bit Sci-Fi. Also, at the time, my life completely fell apart and all i had left was music and those instruments. So, for months I slept on a pull out couch at the studio and made a lot of music, which is what became Cryosleep.
It seems like that you prefer working with vocalists, why?
The Human voice is the most touching instrument to me. The details and memories we attach to the sound goes deeper than any other sound source. So sometimes I like making use of that. Also, words are powerful of course. Not as easy to do with a synthesizer but I am working on it.
When you’ve worked in studio for other artists you discovered that there’s a defined amount of creativity per day, and was very difficult to go home and work on your own stuff, but having a repetitive job with few or no creativity leave you with lots of energy to spend after. Giving your experience, what do you think was the most creative time, the one with regular repetitive job or today as a full time musician?
I think the time when I am a full time musician that has a deadline is the most creative. But without a deadline I am lost. I tinker and tweak and constantly question and second guess. But with a deadline you are forced to hand it off and start something new. I am never fully done with a song until someone tells me that they need it right now. But when I had a normal job that was similar as I knew I only had limited time for music so I worked more focussed. It’s no problem at all to have a full time job. The safety of having money and health insurance and being able to do gigs that might not pay so much or to make your own records with a video is worth so much more than being able to say that you’re “pro” when in reality that means you just spend more time on eBay and reading Synthesizer blogs.
You now use 100% Ableton Live and Maschine, I know that you like the idea of not thinking too much when you work and this setup helps you avoiding this?
Yes, especially Native Instruments Maschine really nailed the workflow perfectly. It’s so intuitive to making music that is not just 16 step patterns. It’s extremely flexible and can handle longer arrangements and chord changes and proper song structure. I am huge fan and it has helped me work without staring at the computer all day. Also, it works well with my hardware synthesizers which is important for me.
You’ve said that sometimes life take you on little detours that you might hate it but you learn something from it, so far, talking about music, what have been the major things you’ve learned this way?
One of the early detours is the cello story you mentioned at the beginning. I never longed for being in an orchestra playing cello but because I was a boy and obeyed, I learned a skill that ultimately makes me happier than anything else in the world. It might take up a lot of space and time in my life and there is not much else going on but it’s so wonderful that I stumbled into it. I did not like playing cello for very long but I stuck to it for a while. If I would have been good at soccer or successful with girls I might have never put the effort into music.
Since you’re working in the field for long time and you have a clearer vision of the business, what could be your advice for a young producer?
I would advise to be open to working with many musical styles and take away the best aspects from it to form your own vocabulary. Study, analyse and work endless hours and keep loving music for what it does to you emotionally and not for what is viewed as “success” be that money or fame.