Il nome Aux88 è, già da molto tempo, come duo/collettivo uno dei più rappresentativi nella saga techno/electro di Detroit. Fin dagli albori, è stato influenzato dal movimento techno della Motor City, così come dai gloriosi giorni dell’electro funk e dall’era della Miami Bass. Il duo è nato con la missione di creare qualcosa che potesse effettivamente diventare uno stile dell’electro così com’è codificata, ma che allo stesso tempo avesse qualcosa di incredibilmente personale. Sì, parliamo di techno bass ovviamente, ma in stile Aux88. La loro longevità, tra le altre cose, diventa tratto distintivo. Meritano insomma di rappresentare le radici techno(bass) di Detroit, dal 1985 al 2017, rappresentandone i lati più nobili. In attesa di vederli sul palco ad Unibeat il prossimo 8 dicembre, a Salerno, ecco un interessante chiacchierata con loro.
Gli Aux88 rappresentano ben tre decadi di influenze: la prima e la seconda ondata di artisti techno/electro di Detroit, ovviamente, ma al di là di questo la vostra maggior influenza proviene forse da Miami. Vorreste raccontarci qualcosa su come si è formato il vostro background a Detroit e perché la vostra attenzione si è spostata poi da Detroit a Miami e New York?
All’inizio gli Aux88 erano composti dallo street dancer Tommy Hamilton, da Keith Tucker che era un mobile street DJ, e da Anthony Horton, scrittore e poeta. Tutti i membri, sono sempre stati coinvolti nella musica elettronica; da Los Angeles all’Europa siamo stati influenzati da tutto ciò che sentivamo ogni giorno dalle radio grazie a dj locali come The Electryfing Mojo.
Detroit può essere un posto davvero difficile in cui vivere: uno dei tanti motivi potrebbe essere le rivalità tra East Side e West Side. Avete mai avuto esperienze legate a queste rivalità? E se così fosse, che tipo di differenze pensate vi siano tra le due parti?
Gli Aux88 furono uno dei primi gruppi proveniente dall’East Side. L’East Side era più urban e molto dentro l’hip hop e l’R&B, ma a noi piaceva tutto. La parte West era concentrata più sull’alternative e progressive dance music.
Diresti che gli AUX88 sono parte del movimento Afrofuturista?
Sì, il movimento Afrofuturista è iniziato molto prima che gli Aux88 fossero in giro, con alcuni dei leader più anziani di Detroit e i Tre di Belleville – Juan Atkins, Derrick May e Kevin Saunderson. Si viveva uno stato di costante rinnovamento urbano e tutti gli artisti techno erano fortemente ispirati dalla fantascienza… Eravamo semplicemente sognatori e un po’ nerd che avevano scelto qualcosa di diverso da tutto il caos della droga e della violenza.
Cosa significa Afrofuturismo per voi e per Detroit?
E’ la possibilità e il mezzo tramite il quale gli Afroamericani possono raccontare la loro esperienza del futuro: di come è, e come può essere… I sognatori, coloro che immaginano il futuro, ispirano sempre le migliori nuove visioni e i migliori sviluppi, è sempre stato così.
Volete raccontarci qualcosa riguardo i temi cibernetici e scientifici che avete unito alla vostra musica e alla vostra estetica?
Quando eravamo bambini leggevamo fumetti e amavano la fantascienza in modo maniacale, eravamo un po’ diversi dalla maggior parte dei bambini in America: avevamo poi grande immaginazione e amore per qualcosa che potesse farci sentire dentro tutti quei libri e tutti quei film che vedevamo… Ma poi, quando sei in città, comprendi che il movimento e il suono è intorno a te per tutto il tempo, attraverso le fabbriche e le macchine meccaniche industriali che producono rumori violenti in tutta la città… Davvero, da un punto di visto meramente ritmico a volte sembrava qualcosa di inquietante.
Perché “definite” la vostra techno, techno-funk? Cosa la rende “funk”?
L’abbiamo definita funk perché lo era… La cosa principale era la linea di basso e lo stile “funkadelico” del basso, che istantaneamente era la cosa che, legata al beat, ti faceva venire voglia di ballare. Era in fondo la stessa cosa di George Clinton, quello che facevamo noi: Clinton volava da qualche parte in un altro mondo e cercava di portare il funk in esso.
L’etichetta Direct Beat è stata una piattaforma pionieristica per la seconda ondata di Detroit Techno, anche per gli Aux88 con l’EP “Tecnhonology” nel 1993. Per favore, raccontateci della vostra esperienza con Direct Beat.
Firmammo per il nostro progetto di musica house Sight Beyond Sight, Anthony Horton avrebbe dovuto consegnare un po’ della nostra musica come Sight Beyond Sight; ma ha consegnato il nastro sbagliato in cui c’erano alcuni nostri pezzi electro e techno. I fratelli Burden degli Octave One lo ascoltarono e decisero così di creare l’etichetta Direct Beat. Ci hanno permesso di portare tutti i nostri vari moniker: Posatronix, che era Bj Smith ed era coinvolto in varie band insieme a Keith Tucker, Tommy Hamilton e Anthony Horton; Optic Nerve, che era il lato più techno; e Alien Fm elettronica funk proveniente da una stazione radio nello spazio… Abbiamo avuto così tante cose da fare che successivamente abbiamo inventato anche altri alias… K-1, MIKRONOX, XILE…
Quali sono le principali differenze avvenute durante l’evoluzione del progetto Aux88? I membri degli Aux88 sono cambiati nel tempo, come avete modificato la vostra visione e come le avete affrontate?
Il collettivo Aux88 è cambiato perché tutti i membri hanno sviluppato molti progetti in solo; così tanti che è stato inevitabile che tutti noi cercassimo di creare le nostre etichette. Lo stile del suono Direct Beat aiutò a spingere il nome degli Aux88 più di qualsiasi altra cosa, comunque. Keith Tucker ha creato la Puzzlebox Records nel 1995 e ha continuato a sviluppare il proprio stile di electro con i moniker K-1 e KT19941, oltre che con Optic Nerve il suo aka techno.
Qual’è l’origine del progetto “Black Tokyo”? È per caso collegato alla cultura cyberpunk giapponese?
Il progetto “Black Tokyo” è stato creato da Tommy Hamilton mentre si trovava in aeroporto contemplando la bellezza del Giappone, della sua musica e della sua cultura. L’idea era quella di unire il sound techno di Detroit alla cultura giapponese e portare nel progetto alcune donne talentuose. Keith Tucker si occupava di scrivere tutte le voci e le parti chiave del synth. È uno dei progetti preferiti del gruppo in assoluto e lo ha portato verso un pubblico completamente nuovo.
Il rapporto tra electro e techno mi ha sempre coinvolto profondamente. Se è vero che l’electro funk è nato molto prima della techno, possiamo dire che anche l’electro – come genere a sé stante – sia nato prima della techno. Nonostante io riesca a percepirne chiaramente le differenze sia a livello di suono sia produttive, ho la sensazione che condividano, in qualche modo, la stessa attitudine. Forse, in un certo senso, si dà per scontato l’electro funk, che in realtà è invece stata la scintilla iniziale; ed electro e techno non sono state altro che una potenziale sequenza logica di quella ignizione, considerando ovviamente anche tutte le altre possibili influenze. Cosa pensate a riguardo?
L’electro è arrivata per prima. Il suono newyorkese dei Soulsonic Force e gruppi come Hashim e Newcleus hanno dato il via a un percorso incendiario che, mescolatosi ad alcune band europee dalla matrice punk, ha dato vita all’electro nella musica.
Le radici della Miami Bass e dell’electro sono direttamente collegate all’hip hop. Oggigiorno però, nell’hip hop, le cose sono un po’ cambiate. Personalmente, mi sembra che si stia dimenticando la motivazione originale. Cosa pensate della scena hip hop attuale?
Gli Aux88 sono sempre stati influenzato dall’hip hop. I nostri spettacoli dal vivo sono considerati tra i migliori, in quanto la folla partecipa sempre attivamente e abbiamo sempre avuto un pubblico caloroso che risponde con cori alla nostra musica, così come accade con le folle in preda all’hip hop che urlano: “HOOOOOOOOOOOOOOOO!”. Stessa attitudine.
La mia ultima domanda riguarda “Portrait Of An Electronic Band, The Documentary”. Da dove viene questa idea? E soprattutto, perché avete sentito il bisogno di raccontare/vi?
Per noi è motivo d’orgoglio non aver mai cercato di copiare qualcun altro ma essere riusciti a creare il nostro stile. Quindi, perché non raccontare la nostra storia prodotta, filmata e composta da noi per i nostri fan più seri? La nostra storia non è mai stata raccontata correttamente in altri documentari o menzionata dai vari artisti top di Detroit. Per noi era un sogno: creare il nostro documentario e riuscire ad avere la collaborazione di altri artisti del mondo per riempire gli spazi vuoti del percorso artistico di questa enigmatica band elettronica e dei suoi vari membri che iniziarono come un gruppo che suonava canzoni di altri nei talent show.