Troppo spesso li abbiamo senti lamentarsi, anche a ragione per carità, dei limiti di un pubblico troppo svogliato e pigro per interessarsi davvero a ciò che rende unico un artista – uno di quelli veri, coi contenuti; uno di quelli con la “A” maiuscola – oppure del suo essere troppo “poser”, tanto da degnarli del suo ingresso nel locale solo a notte inoltrata. Troppo spesso abbiamo sottoscritto la tesi di chi, talvolta alzando fin troppo i toni del dibattito, non ha avuto paura di puntare il dito contro il maleducato o, peggio ancora, il violento di turno; il cretino in grado di rovinare la festa a tutti, dal dj in consolle all’ultimo dei paganti. Troppo spesso, poi, ci siamo fermati a riflettere quando venivano decantate le mirabili opere di chi, ovviamente all’estero, ovviamente a Berlino o Londra o Amsterdam, fa del clubbing una ragione di vanto per la propria città/comunità, intuendone le potenzialità economiche e la rilevanza sociale e trasformandolo tanto in un movimento culturale vero quanto in un business redditizio per promoter, albergatori, ristoratori e compagnie aeree.
Abbiamo ascoltato talmente tante volte questi discorsi da poterli recitare a memoria; oppure da essere in grado di capire ben prima che le discussioni volgano al termine dove queste andranno a finire – con buona pace di chi, senza di esse, probabilmente resterebbe relegato al ruolo di Signor Nessuno nel mondo dei “social danzerecci”. In poche parole, molti di noi ne hanno proprio le palle piene pur sottoscrivendo tutte le tesi – anche quelle reazionarie, perché no – di chi vorrebbe che la nostra scena notturna tornasse ai fasti di un tempo.
E badate bene: chi scrive quei fasti li ha appena sfiorati agli inizio del suo percorso da cliente, perché troppo giovane per esserne parte attiva quando i club e le discoteche dello Stivale raggiungevano il loro apice.
Sì però che noia, lasciatecelo dire, perché siamo troppo navigati e troppo annoiati per non andare un pelo oltre questi discorsi e iniziare a rifletterci su. A tutti, nessuno escluso. Il primo quesito che vorremmo porre lo rivolgiamo solamente a voi, incazzosissimi promoter e clubber che-solo-all’estero-si-sta-da-paura: ma voi, in tutta sincerità, cosa avete fatto per meritarvi un pubblico come quello dei migliori party d’Europa? Fatta eccezione per poche, anzi pochissime realtà, ciò che si è respirato all’interno della nostra scena è stata per troppo tempo la corsa al nome “forte e figo”, quello in grado di riempire la sala (spesso molto grande almeno quanto l’ambizioso ritorno economico) senza che nessuno degli altri attori si sbatta per comunicare un messaggio che vada oltre le sponsorizzate su Facebook. Eh, ma così allora fate il gioco del pubblico pigro, non trovate?
Chiunque abbia un po’ di memoria storica, o almeno abbia provato a farsi un’analisi di coscienza prima di sferrare feroci attacchi contro chicchessia pur di sfogare le proprie frustrazioni, avrà senz’altro cominciato a farsi delle domande.
Cos’è cambiato davvero rispetto al passato?
Cos’è stato smarrito?
La risposta giusta, a nostro modo di vedere, è spesso molto più semplice di quanto non sia dato pensare, talmente vicina a noi da essere un sostanziale concorso di colpa tra l’accusa e l’accusato. Come si dice? La verità sta nel mezzo, sì, e il clubbing italiano non fa certo eccezione. La prima cosa a esser stata smarrita è la qualità musicale proposta dal locale in quanto tale. A esser stati sacrificati in nome della notorietà (e del cachet) dell’ospite sono stati i resident stessi, coloro che dovrebbero rappresentare il manifesto sonoro e ideologico del club. Questo è.
E allora basta dj-pulmino che mettono i dischi, basta promoter che mettono i dischi, e basta pure baristi piacioni che mettono i dischi. Piuttosto fateli suonare a quel ragazzo brutto e sovrappeso – spesso è questo lo stereotipo del nerd-dj, non ce ne vogliano tutti i nostri DJ Harvey mancati: vi vogliamo bene – che avete snobbato perché troppo preso ad andare per mercatini o fare musica per farsi una vita digitale all’altezza dei vostri standard da locale gajardo.
Fateci un cazzo di regalo per questo 2018: regalateci un resident vero, qualcuno in grado sul serio di fare apertura all’ospite strapagato che avete voluto a tutti i costi; qualcuno che ci faccia davvero venir voglia di entrare nel club a mezzanotte; qualcuno che capisca a pieno l’importanza di un warm-up e lasci a casa quei protagonismi che fanno sempre e comunque più male che bene – a tutti eh, compreso lui. Poi vi staremo davvero a sentire quando avrete qualcosa di cui lamentarvi.