In tutto il frastuono, felice frastuono che si è creato negli anni attorno a Berlino, al Berghain, alla minimal, all’”isola felice” dove si fa festa a colpi di musica elettronica ventiquattro ore al giorno, forse si sono perse un po’ di vista le radici che hanno portato a tutto questo. E attenzione: quando si parla di “radici” spesso si pensa a un discorso doveroso sì, ma in fin dei conti un po’ sorpassato, polveroso, noioso… quelle cose che insomma “devi” sapere e “devi” (fare finta di) apprezzare, ma che in realtà ascoltate, lette, valutate con l’occhio e l’orecchio di oggi non suonano poi così efficaci e così seducenti.
Beh: per fortuna, nel caso di Berlino e dell’elettronica di impronta berlinese, non è così. Certo, bisogna avere un determinato tipo di predisposizione ad una elettronica “meditativa” se ci si approccia alla materia Basic Channel, uno dei caposaldi assoluti per quanto riguarda Berlino, techno-dub quasi spirituale e sicuramente ipnotica. Ma l’altra faccia dell’elettronica tedesca contemporanea, quella che non guarda a Colonia o Francoforte (che hanno avuto una forte impronta club-oriented e poco controculturale), deve tantissimo anche ad un altro polo, quello della Raster-Noton, la label fondata da Carsten Nicolai, Frank Bretschneider e Olaf Bender.
Quest’ultimo, con l’abituale “nome di battaglia” Byetone, presto torna ad esibirsi in Italia, venerdì 9 marzo 2018, con uno show significativo: una data unica nel nostro paese per il suo nuovo show audio/video “Universal Music”. L’appuntamento è a Firenze, a La Compagnia (Via Cavour 50/r). Dritta pratica: i biglietti alla porta (se ancora disponibili) costeranno 20 euro, mentre in prevendita vengono 13 euro (più i canonici diritti del 15% circa) o ancora meglio 10 euro in lista prenotandosi su lnx.musicusconcentus.com/prenotazioni/.
Se amate Berlino o anche solo ne siete incuriositi, se solo un minimo in generale vi appassiona o vi intriga questa faccenda della musica elettronica con tutti gli annessi e connessi, ci sono alcuni motivi per cui uno spettacolo di Byetone è qualcosa che deve finire regolarmente nella vostra agenda, distanze permettendo. Importante ribadirli: perché ci aiutano a (ri)mettere dei paletti troppo spesso confusi sull’altare di un circuito mediatico e comunicativo che, ecco, non fa troppa differenza tra Ibiza e Berlino, tra Molella e la Planet Mu, tra Loco Dice ed Errorsmith, quando la differenza invece c’è. Intendiamoci: è giusto e bello contaminare ed intersecare i piani, qua su Soundwall lo facciamo per primi, la musica vista solo a steccati e snobismi è qualcosa che non ci interessa e che odora di stantio. Ma, al tempo stesso, non bisogna mai perdere di vista alcune coordinate fondamentali.
La musica di Byetone non è mai stata un mero “tool” per ballare; ma non è nemmeno quella cosa volutamente complicata ed “alta” per cui solo una ristretta elite può realmente capire ed apprezzare
Pensi a Byetone, a come fa nascere la Raster-Noton assieme ad Alva Noto / Carsten Nicolai e Frank Bretschneider, e pensi prima di tutto a un nucleo di persone che si era appassionato alla musica elettronica prima ancora della caduta del Muro, come ci raccontavano in questa bella intervista. In tempi decisamente non sospetti, quindi. Zero opportunismi. Pensi a loro, e pensi ad artisti che fra i primi hanno portato avanti con decisione il concetto dello show audio+video (tanto da arrivare a ribatezzarsi, oggi, direttamente Raster-Media): perché per loro la musica elettronica è sempre stata una esperienza immersiva, “totale”, pronta a scardinare tutte le liturgie classico che vuole della gente su un palco, un pubblico che guarda e balla, una musica che inizia e finisce, con gli applausi tra una traccia e l’altra. Gli show audio+video così come sono stati immaginati dal nucleo Raster-Noton sono sempre stati un pugno in faccio e un abbraccio alle emozioni: qualcosa di forte, intenso, dove suoni ed immagini si arricchiscono a vicenda invece di essere – come spesso accade – uno accompagnamento secondario dell’altro. Qualcosa dove è facile perdere il senso del tempo, finisci in una bolla strana. Caratteristica numero uno di Berlino ancora oggi, coi suoi club dagli orari assurdi, coi suoi Späti aperti ventiquattro ore su ventiquattro, coi suoi mezzi di trasporto pubblico che non si fermano mai.
Berlino oggi la amiamo anche perché per anni è stata atipica, culturalmente parlando. E’ così che si è costruita un fascino particolare. Refrattaria o comunque abbastanza indifferente al mercato e alle sue regole. Ma al tempo stesso, nell’esserlo, non voleva, non ha mai voluto il rigore quaresimale di chi le regole del mercato le contesta abitualmente; no, voleva la gioia liberatrice del ballo e dell’edonismo da clubbing. E’ qui che si è formata la sua magia. In questo strano contrasto tra estremi. Allo stesso modo, anche la musica Raster-Noton, e più di tutte forse proprio quella di Byetone, ha sempre rappresentato un grandissimo equilibrio tra ricerca da un lato e capacità di coinvolgere dall’altro, tra sperimentazione “alta” da un lato e voglia di trascinare ritmicamente l’ascoltatore dall’altro. La musica di Byetone non è mai stata un mero “tool” per ballare; ma non è nemmeno quella cosa volutamente complicata ed “alta” per cui solo una ristretta elite può realmente capire ed apprezzare. Lui è sempre stato complessivamente l’artista più “accessibile” dei tre e in generale di tutto il catalogo di questa label che, come pochissime altre, ha fatto la storia dell’elettronica – e continua a farla.
“Universal Music”. C’è la techno, in quello che fa Byetone. C’è l’electro. Ci sono le architetture in quattro. Ci sono però le decostruzioni di chi non vuole accettare che la musica sia un qualcosa di prevedibile e facilmente incasellabile; ci sono le frequenze di chi vuole esplorare i limiti della percezione, per vedere l’effetto che fa. C’è, tra le altre cose, il sacro principio di non voler giocare a regole del gioco predeterminate: perché se per dire il suo socio Alva Noto è più conosciuto in giro perché sa giocare molto bene alle regole del gioco dell’arte contemporanea, prestandosi a installazioni museali e performance di un certo tipo, che lo qualificano in modo chiaro presso un determinato tipo di pubblico colto e molto influente, Byetone è più scanzonato, meno “serio” in quello che fa. Non è questione di creare scale di valore fra i due, attenzione: è solo la spiegazione del perché ci siano due approcci diversi (e del come mai uno sia più “spendibile” e più diffuso dell’altro).
Questo spirito di libertà nell’approcciarsi alla cultura e alla produzione di musica digitale, quasi anarchico, di sicuro irregolare e slegato dall’ansia di massimizzare i profitti, racconta più di molte altre cose più “iconiche” e/o scontate perché Berlino sia entrata così tanto nel nostro immaginario e quali siano alcuni punti forti del suo DNA. Magari per voi è questione di maratone al Panorama Bar, al Watergate, al Tresor, all’About Blank; ma esse non ci sarebbero, o non ci sarebbero così come sono adesso, se non ci fosse stata negli anni ’90 una serie di persone che ha immaginato la musica elettronica da ballo in un modo “diverso”, nel caso di Basic Channel trovando la spiritualità meditativa nel digitale, nel caso di Raster-Noton da un lato sviluppando il discorso originario dei Kraftwerk e dall’altro utilizzando il linguaggio techno e house in modo atipico ed iconoclasta. Abbiamo la fortuna che alcune di queste persone sono ancora in grande forma, ispiratissime, e anno dopo anno continuano a confezionare show di qualità eccezionale: teniamocele strette. Per capire meglio cosa amiamo, perché lo amiamo, quali sono le radici, quali le attitudini giuste. E’ fondamentale.