Sulle ragione per cui la figura di Byetone vada assolutamente considerata come chiave all’interno della scena elettronica ci siamo già espressi la scorsa settimana, col nostro Damir Ivic a tratteggiare il ritratto di questo splendido artista capace di piazzare nel cuore di Berlino, assieme ad altri pochi eletti, il seme di un’idea/attitudine che negli anni è stata in grado di evolversi e trasformarsi in un movimento invidiato ovunque il clubbing sia considerato un valore. Su questo, almeno su questo, c’è veramente poco da discutere.
Ma quando si ha a che fare con personalità di questo tipo, quelle meravigliose vie di mezzo tra la pancia e l’intelletto dell’elettronica, non si può non avere la curiosità di andare a scavare tra gli ascolti che ne hanno rappresentato e costituito il background, mettendo almeno momentaneamente da parte tutte le parole spese per descriverne l’importanza e il ruolo. Così abbiamo chiesto al diretto interessato, prima di vederlo dal vivo a Firenze, quali fossero gli album chiave della propria vita, una sorta di “Byetone fundamentals”; dieci lavori che tutti, nessuno escluso, dovrebbero ascoltare per entrate in contatto col suo universo e capire per davvero, perché no?, Berlino.
John Cale and Terry Riley “Church of Anthrax”
Mozart “Requiem in D minor”
Can “Saw Delight”
Ø “Oleva” / Mika Vainio “Vandal EP”
Kraftwerk “Trans-Europa Express”
Pan Sonic “Gravitoni”
Miles Davis “In A Silent Way”
Les McCann “Layers”
Frank Bretschneider on Olafur Eliasson “Aerial Riverseries”
Fela Kuti “Alagbon Close”