Pochi giorni fa ho pensato di preparare una playlist di dieci o al massimo quindici brani marchiati International Deejay Gigolo per il nostro nuovo canale Spotify. È stato veramente arduo limitarmi ad un numero tanto esiguo disponendo di un catalogo con oltre trecento pubblicazioni e soprattutto dopo aver scritto un libro intero su Gigolo e DJ Hell, ma si è rivelato altrettanto complicato trovare i brani sulla amata/odiata piattaforma di streaming che, almeno in casi come questo, ha dimostrato limiti e lacune del suo immenso database, specialmente a un non utente come me.
Le scelte a cui sono giunto, comunque, mirano a tracciare un profilo quanto più ampio possibile dell’etichetta di Hell, in attività da oltre un ventennio. International Deejay Gigolo è stata più di una semplice casa discografica indipendente. Negli anni ha saputo declinare, come poche altre, molteplici sfumature stilistiche riuscendo a svincolarsi egregiamente dalla dance e dalle mere esigenze dei DJ. Un cenacolo artistico, una piattaforma culturale, una filosofia, una “factory eclettica di warholiana memoria che ha raccolto artisti a tutto tondo senza diventare una banale forma di autocelebrazione ed autofinanziamento“, così come io stesso la ho descritta in Gigolography: questa è stata la Gigolo, almeno negli anni in cui ha ricoperto un ruolo primario nella scena internazionale. Errato, superficiale e soprattutto ingiusto dunque ricordarla solo ed unicamente per l’exploit electroclash, durato giusto un biennio o poco più, responsabile di quella sovraesposizione mediatica che la avvicinò alle grandi masse e che la rese una meta ambita per produttori e DJ di tutto il globo. Va ricordato inoltre che Gigolo ha coraggiosamente anticipato, in tempi non sospetti, l’attività delle cosiddette “etichette di salvataggio” proliferate nell’ultimo decennio, riabilitando brani ed artisti ingiustamente poco celebrati.
La playlist tira dentro chi riuscì a scavalcare la palizzata tra underground e mainstream (Christopher Just, Miss Kittin & The Hacker, Zombie Nation), alcuni dei (tantissimi) talenti lanciati da Hell (Terence Fixmer, Vitalic, Tiga, Mount Sims, David Carretta), un cult reissue dei Dopplereffekt, un paio di brani già editi da altre etichette ma per cui la Gigolo si è rivelata provvidenziale e determinante (Fischerspooner, Justice vs Simian) ed una canzone (perché di questo si tratta) che svela il lato più inconsueto della casa discografica tedesca (Psychonauts). In chiusura i mascherati Snuff Crew, tra gli inneggiatori della retrocultura analogica vintagistica, e gli italiani Hard Ton, una sorta di Ten City 2.0 capaci di far rivivere nuovamente il mito dei falsetti à la Sylvester. Fanalino di coda “I Want U” dello stesso Hell che a fine 2016 ha risvegliato la Gigolo dopo circa due anni di silenzio, iniettando nuova linfa vitale nella quinta stagione stilistica contrassegnata dal logo di Tom Of Finland.