A questo punto vale la pena vendere i miei giradischi. Dopo aver visto Antal suonare ieri sera è ora di essere sincero con me stesso e fare qualcosa d’altro.
Marktplaats – diciamo il Craigslist olandese – ha visto comparire questo annuncio un sabato mattina di un paio d’anni fa. A poche ore di differita dal dj set, nel famigerato De School di Amsterdam, di quello che è il protagonista di questa storia. A mettere in vendita la sua preziosa attrezzatura è stato un giovanotto locale che – una volta ritenuto di non poter essere in grado, no matter what, di raggiungere un tale livello di bravura – ha preferito guardarsi allo specchio e decidere di riporre le proprie speranze in qualcosa di differente. Ovviamente, il tutto assomiglia più ad uno scherzo ben architettato che ad un vero gettare la spugna della propria passione. Ma il concetto di base lo posso certificare anche io. Che quella sera, a pochi metri di distanza dal sopracitato, ho avuto l’onore di assistere all’autentico capolavoro messo a disposizione di tutti i fortunati astanti da Antal Heitlager. O semplicemente Antal, come tutto il microcosmo della musica elettronica ha imparato a conoscerlo.
Proprietario e co-fondatore di Rush Hour. Che, insieme a Dekmantel, da anni si spartisce il ruolo di massima rappresentanza della scena discografica della città dei canali. Più che un negozio di dischi, una vera e propria istituzione. E lui, più che un dj, un assassino del dancefloor.
In principio fu il Selectors
Un talento che mi aveva colpito profondamente già quando, in un Selectors gremito ma ancora inconsapevole di quale fosse la propria identità come location, Antal si esibì in una pioggia di acid house, sudore e classiconi mandando in visibilio quello che – anche grazie al suo set – sarebbe poi divenuto, negli anni a venire, uno dei dancefloor più festosi ma anche esigenti che il mondo dei festival estivi possa vantare. Era il 2014 e la sua stella come artista non aveva ancora realmente iniziato a brillare. La joint venture musicale con Hunee lo ha poi, invece, messo definitivamente sulla mappa l’anno successivo. Dove, fra un triplo back-to-back lungo cinque ore sempre sotto al salice dell’Amsterdamse Bos insieme a Floating Points ed un all-nighter di capodanno da capogiro dentro a quello che fu il Closure, i due hanno definitivamente fatto breccia nel cuore della comunità che segue con attenzione la scena.
Il colpo del KO
Per un dj, così come per gli atleti di sport da combattimento, il cosidetto “colpo del KO” rappresenta la capacità di assestare una botta talmente impattante da mandare a gambe all’aria chi gli si trova davanti. Sebbene, in termini musicali, il “danno” impartito sia solo a livello emozionale, posso assicurare che Antal di piste da ballo ne ha sdraiate a sufficienza. E, nella maggior parte dei casi, la già citata acid è stata l’arma prescelta per la fatality di turno: al Closure fu la mitica “Crispy Bacon” di Laurent Garnier. Nel torrido BASIS di Utrecht, completamente fuori contesto rispetto a ció che aveva proposto prima e dopo, piazzó un vecchio Green Velvet, zarro come le Squalo e dritto come la Milano-Bologna, che fece volare la gente contro le mura di pietra come i cattivi in un film di Bud Spencer. Uno di quei momenti in cui ti chiedi come sia possibile anche solo pensarla quella traccia. Oltretutto sapendo esattamente come renderla funzionale al set che ci si è prefissati.
Saper mettere i dischi non vuol dire essere un dj
Una sera, quella che al tempo era la mia ragazza mi chiese cosa rendesse un dj di un altro livello rispetto alla media. Dopo averci pensato un attimo, mi sono chiesto cosa rendesse unici i vari Garnier, Väth, Villalobos e via discorrendo: anche una scimmia, con un po’ di tempo a disposizione, sarebbe in grado di mettere a tempo due dischi. Sfido chiunque a dimostrare il contrario. Si puó imparare a farli suonare in maniera armonica, conoscerne perfettamente la struttura, lavorarli in mille maniere diverse con software ed effetti di vario tipo. Quello che non si insegna, peró, è la capacità di mettere proprio quel disco che nessuno avrebbe mai immaginato potesse arrivare ed ammirare il proprio pubblico in visibilio con un sorriso sardonico come a dire “Eh si, vi ho fregati ancora una volta!”. E poi farlo ancora e ancora e ancora. Spesso per una notte intera. Tutto il resto è assimilabile, come imparare a tirare a canestro. È solo questione di disciplina e costanza. Ma ragionare con due mosse d’anticipo in una partita a scacchi che galoppa a velocità Mach 2 è un privilegio riservato a pochi iniziati. E quel valore aggiunto li rende speciali, unici e meritevoli di infinito rispetto ed attenzione. Antal, quella notte al De School così come tante altre, ha dimostrato di essere fatto di quella pasta lì. Non c’è genio del marketing o maniaco dell’etica lavorativa che tenga: il talento o ce l’hai o non ce l’hai.
E se anche voi, come il sottoscritto, sarete tra i fortunati che potranno assistere alla performance di Antal al prossimo Lattexplus Festival e tornerete a casa scuotendo la testa pensando alla vostra personalissima risposta a questo dilemma, state tranquilli. Alla peggio c’è sempre Marktplaats.