Negli ultimi tempi è diventato normale interrogarsi sul modo in cui l’ossessione per la contemporaneità, trasportata in musica, abbia fatto quasi completamente il giro fino a diventare deleteria.
Viviamo in un’epoca di bombardamento continuo: siamo letteralmente invasi da suoni, canzoni, ritornelli, dischi e tracce che il venerdì del “New Music Friday” è sempre più paragonabile a un bollettino di guerra. Non è mai esistito un altro periodo storico con così tanta musica e la possibilità di ascoltarla ovunque, così come non è mai esistito un altro periodo storico così segnato dalla disattenzione.
I 15 minuti di celebrità di Andy Warhol sono diventati i 3 minuti e 40 secondi di una canzone pop. Viviamo cercando di storicizzare continuamente l’oggi, consapevoli che probabilmente domani passeremo ad altro.
Tutto si crea, nulla si distrugge, niente dura.
Anzi: durare non è proprio più richiesto, non è più importante, quello che conta è esserci ora, incidere ora, dominare l’adesso e poi magari sparire.
La rincorsa al fenomeno giornaliero riguarda tutti, colpisce tutti: da Sophie a Liberato, da Lil Pump a Young Signorino e in mezzo che cosa c’è? Quanto cazzo siete British?
In mezzo ci sono notizie che annunciano dischi in uscita che fanno più rumore degli stessi dischi, ci sono hit che utilizzano meme che diventano meme e generano altri meme, ci sono i singoli che preannunciano album che servono a far uscire altri singoli, in modo da restare sempre attivi e surfare sugli algoritmi, e un quadro che avrebbe tutto per apparire desolante ma che in realtà può diventare propedeutico alla creazione di nuovi linguaggi. Se solo ce ne fosse la voglia.
Il futuro è adesso e tutto, davvero tutto, può diventare una opportunità.
È il caso per esempio di Tierra Whack e del suo “Whack World“.
Il più importante disco del 2018, a livello concettuale. Ma non solo.
Perché “Whack World” è una vera bomba, ma è anche una novità.
Una cosa che, in questo modo qua, con questo intento qua, non aveva mai fatto nessuno. Partiamo dall’inizio, però: Tierra ha 22 anni, arriva dalla zona Nord di Philadelphia ed è una ex bambina prodigio della scena hip hop locale.
Una che già all’età di 15 anni partecipava ai cypher con ottimi risultati, e il nome d’arte di Dizzle Dizz – finendo per diventare una specie di piccolo culto cittadino.
A farla emergere davvero, però, è stato – come sempre più spesso accade di questi tempi – un account SoundCloud, dove Thierra Whack ha passato gli ultimi tre anni (i tre anni in cui, dopo una parentesi ad Atlanta, è tornata a Philadelphia) a pubblicare brani che hanno contribuito a fare affermare un’identità diversa da quella della freestyler.
Col senno di poi, Tierra (è il suo vero nome) ha definito quei brani come una sorta di test utili allo scopo finale, cioè far prendere confidenza col suo coloratissimo, surreale e iper-artistico mondo.
Ad ottobre, infatti, è stato publicato anche il video di Mumbo Jumbo, il suo primo ufficiale, quello in cui ha preso vita una poetica molto evidente anche dal punto di vista strettamente visuale.
Il vero prologo di quello che poi si è rivelato essere un progetto dal respiro decisamente più ampio.
“Whack World” è uscito lo scorso 18 maggio, e si è subito capito che non sarebbe stato un disco normale. A comporlo ci sono quindici tracce, di un minuto l’una, accompagnate da altrettanti video girati da Thibaut Duverneix and Mathieu Léger e che confluiscono l’uno nell’altro in una sorta di showreel di YouTube.
Uno scenario cangiante e coloratissimo che più che fare da sfondo alla musica della Whack ne evidenzia i tratti più personali, liberi ed originali. Le canzoni che compongono “Whack World” hanno tutte le carte in regola per diventare delle vere e proprie hit: i suoni, il flow, e i ritornelli, per dire, ma durano comunque solo un minuto e questo ne cambia quasi completamente il senso.
Dietro “Whack World”, infatti, c’è l’analisi perfetta di questi tempi veloci e del modo in cui consumiamo la musica. Ci sono brani fatti e finiti, anche molto articolati, che durano quanto una delle clip che possiamo caricare su Instagram. È il pop della generazione che ha fatto del deficit dell’attenzione una ragione di vita. È Lachapelle ibridato con Chris Cunningham – e non a caso il volto di Tierra nei video appare spesso deforme, un po’ come quello dell’Aphex dei bei tempi, e il sottotesto di ogni clip è davvero inquietante- e il linguaggio pubblicitario della generazione z.
È musica, ma è anche performance art.
È il futuro. O quantomeno il presente.
La cosa “più 2018” in cui vi posso capitare di inciampare.
E l’ha fatta una ragazza di 22 anni che per campare fa la portiera in un palazzo.
Se non è un effetto positivo della contemporaneità questo…