L’avreste detto a fine anni ’80, inizio anni ‘90? Mai. Anzi, i dj erano quelli che erano “pericolosi” per il sistema, gli agitafolle dei rave illegali, i pifferai magici malevoli di una gioventù riottosa e scandalosamente stupefacente (poco esemplare, ecco), eccetera eccetera eccetera. Ora le cose sono cambiate tantissimo, e non ci si sorprende più se i brand sono planati con crescente attenzione su ciò che è club culture. Anzi, aggiungiamo un discorso preliminare: visto che le istituzioni spesso e volentieri latitano (soprattutto in Italia), è molto facile che proprio l’intervento e la presenza dei brand renda possibili serate, festival, eventi speciali nel campo della musica elettronica. Chiunque abbia provato ad organizzare qualcosa, lo sa. Poi ovviamente dei marchi se ne può fare a meno, si può perseguire un discorso di purezza per tutta una serie motivi e di principi e giù il cappello di fronte a chi lo fa perché sceglie una strada non pianeggiante, integra, forte; ma è un dato di fatto che presenza di brand e club culture sono sempre più un binomio “normale”, e sono passati i tempi in cui erano solo due, tre marchi visti come visionari o almeno “bizzarri” ad appoggiare gli eventi in chiave techno e house (…sì, facilmente avete capito di chi si tratta). Insomma, se perfino un marchio come Tezenis (…Tezenis!) ha occupato il Sónar, o se Zalando ha lanciato operazioni speciali attorno al festival catalano invitando (anche) influencer e fashionblogganti varie ma pure noialtri cronisti di nicchia ultraspecializzati, un cancello si è aperto. E non si può certo dire che il Sónar abbia cambiato o ammorbidito le proprie scelte artistiche per fare un favore ai target degli sponsor di cui sopra.
(L’avreste mai immaginato un giorno di vedere assieme Armani e Marco Carola per un’operazione congiunta? Eppure è successo, come dimostrano queste sneakers; continua sotto)
Però dai, effettivamente stranisce ancora che esistano delle scarpe Armani targate Music On, no? Giusto per dire. E’ una forma di marketing a cui non siamo abituati. E stranisce pure, ora, che Ray-Ban (peraltro un brand che ha già fatto ottime cose assieme alla club culture e per la club culture, come ad esempio un po’ di Boiler Room tra cui la prima assoluta in Italia) lanci una tiratura limitatissima di occhiali firmati in tutto e per tutto da Nina Kraviz – su una della stanghette c’è infatti il suo nome, sull’altra il leggendario brand americano (ma inglobato dall’italiana Luxottica… e un ex altissimo dirigente di Luxottica, tanto per dire le coincidenze, è il padre di uno dei più popolari dj/producer in assoluto in campo tech-house).
(Ed eccoli qua, i Ray-Ban griffati da Nina, prodotti in soli 300 esemplari; continua sotto)
Insomma: ci sono passati prima gli attori, poi gli artisti, poi gli sportivi, poi i miracolati dalla fama effimera televisiva, infine le Ferragne, ora tocca pure alle stelle del dj system iniziare ad avere a che fare coi meccanismi della pubblicità di massa nel ruolo di testimonial. Vuol dire, se non altro, che il “nostro” mondo inizia finalmente a essere rilevante a livello di numeri, di massa critica, di consumi. Quindi ecco, non è solo una cattiva notizia, come molti potrebbero essere portati a credere, col vecchio automatismo de “…dove arriva la pubblicità, diventa tutto merda commerciale”; perché potrebbe anche voler dire che a breve le istituzioni iniziano ad ascoltarci, a prenderci sul serio, a considerare le nostre istanze. I grandi marchi hanno iniziato a farlo. Yes. Loro arrivano sempre prima, si sa. Se iniziano a farlo anche gli amministratori, vorremmo vedere collezioni Ray-Ban (o di qualsiasi altra marca) firmate da centotrenta dj diversi, non solo dalla fashionissima Nina. Una che è fashionissima, ma sulla sua rilevanza nel campo della club culture attuale – anche come ricerca & recupero di suoni – si hanno dubbi solo se si è in malafede, o se si crede che una bella fanciulla non potrà mai e poi mai essere brava, perché tanto la sua fama le arriva dal suo sorriso o… altri parti anatomiche a scelta, a seconda delle vostra banale e non apprezzabile grevità. Ma non siete in questa categoria, no?