Questa settimana su Soundwall vogliamo proporvi l’inizio di un percorso che ci vedrà affiancati insieme al _resetfestival di Torino nel corso del tempo. Arrivato alla sua decima edizione, il festival di casa Goodness Factory che prenderà luogo tra l’1 e il 7 ottobre, ha nella sua visione quello di rendere il più accessibile a tutti il concetto di “fare musica” e da quest’anno ha aperto le sue porte alle sonorità elettroniche. Musica autoriale ed elettronica: un connubio che negli anni si sta rinsaldando sempre più forte e che vede nel Giant Steps affidato a Corgiat la sintesi perfetta.
Giovane produttore cresciuto sotto l’ombra della Mole, Corgiat fa sue le sonorità più algide e soffiate di una certa intelighienza britannica e ci regala un estratto dell’esibizione che lo vedrà protagonista durante il festival.
Passo numero uno: qual è il disco o la traccia che ti ha cambiato la vita? La primissima. Quella che ti ha fatto capire che la musica era veramente un’emozione particolare, più intensa di altre.
Avevo sei o sette anni, in un parco di Torino una sera d’estate c’era una band che suonava “The Final Countdown” degli Europe. La melodia del synth mi ha commosso. Non sono diventato un fan degli Europe, ma forse quella è stata la prima grande emozione che la musica mi abbia dato. Dopo questa iniziazione un po’ pacchiana, posso dire che sicuramente “Master of Puppets” dei Metallica (l’intero album) ha segnato la mia adolescenza.
Passo numero due: quando hai capito che la musica, produrla o suonarla, sarebbe stata una parte fondamentale della tua vita?
Quando avevo dieci anni mia cugina (la cantante Robertina) mi ha regalato una tastiera e ho iniziato a studiare musica alla scuola media. La mia passione però era il basket: sognavo di diventare un giocatore professionista. Poi, al liceo, sono entrato in una band (gli ACE) e dopo la nostra prima registrazione in presa diretta ho capito che la musica aveva occupato il primo posto nella mia vita.
Passo a margine: quali sono stati i momenti di maggior crisi, nel tuo rapporto con la musica?
Durante gli studi universitari in Ingegneria Elettronica ho temuto più volte di non riuscire a dedicare abbastanza tempo alla musica e che il mio futuro sarebbe stato in un ufficio: mi sentivo immerso in un liquido che non era il mio. Mi sono laureato comunque in tre anni, strappando il famoso pezzo di carta con grande fatica, e ho salutato il Politecnico di Torino, anche se riconosco quanto mi sia stato utile. Dopo sono passato a lato oscuro della forza iscrivendomi al corso di Musica Elettronica al Conservatorio di Torino.
Passi importanti: quali sono stati finora i momenti più importanti, nella tua carriera?
Ho suonato in diverse occasioni con Willie Peyote, durante il periodo di “Educazione Sabauda”; con gli ACE ho girato mezza Italia: ricordo specialmente il concerto al “Lago Film Fest” 2017 di Revine Lago. Un altro episodio memorabile è stato la prima edizione del festival “Alta Felicità” di Venaus nel 2016: nello stesso giorno ho suonato con gli ACE, con Willie Peyote e con i Poorman Style. Recentemente ho partecipato al “Todays” di Torino nella band del cantante Daniele Celona.
Passi per prendere un po’ d’aria e trovare ispirazione ed energia: quali sono le tue altre passioni? Come le sviluppi? Quanto tempo riesci a dedicare loro?
C’è da dire che non mi dedico solo alla musica elettronica, ma anche alle lezioni e allo studio del pianoforte classico e jazz. La mia vita è principalmente occupata dalla musica e dalla ricerca dell’autenticità artistica. A partire da questa, mi sono appassionato alla filosofia, per cercare le risposte alle domande fondamentali della vita: da dove veniamo? perché esistiamo? Perché abbiamo coscienza della nostra esistenza? siamo destinati a qualcosa di più grande? Passo molto tempo a leggere ma soprattutto a confrontarmi su questi temi con le persone vicine. Un’altra passione importante è quella per le donne della mia vita: ho avuto relazioni lunghe e intense, che mi hanno riempito il tempo ma soprattutto il cuore.
A parte il fatto che posso sembrare un nerd e un romanticone, tutto sommato credo di essere una persona abbastanza normale: esco spesso con gli amici e mi piace viaggiare, camminare in montagna, giocare a calcetto…
Passi perduti: quali sono finora i tuoi più grandi rimpianti, musicalmente parlando?
Forse sono troppo giovane per avere già dei rimpianti, per ora sono molto proiettato sul futuro. Magari tra un paio di anni sicuramente avrò fatto le mie cazzate e rimpiangerò le occasioni perdute.
Passi che consiglieresti: quali sono secondo te i cinque album (o brani) che consiglieresti e che non dovrebbero mancare nella discografia di tutte le persone a cui vuoi bene o che stimi?
Jon Hopkins “Immunity”
Paul Kalkbrenner “Berlin Calling”
Porcupine Tree “The Incident”
Keith Jarrett Trio “Standard Live”
Igor Stravinskij “La Sagra della Primavera”
Passi in biblioteca o videoteca: quali libri o film consiglieresti?
I film “Arrival” di Villeneuve e “Interstellar” di Nolan. Toccano argomenti molto profondi, e musicalmente e scenograficamente sono spettacolari. C’è un brano dalla colonna sonora di “Arrival”, “Heptapod B” di Johann Johannsson, che mi ha ispirato nella composizione di una traccia. L’evocatività del minimalismo nei film di fantascienza mi porta ad amare sempre più l’ambiente delle sonorizzazioni.
Passi fondamentali: qual è il risultato artistico di cui finora vai più orgoglioso?
“Terraferma”, un brano uscito per Bad Panda Records.
Passi virtuali: come stai vivendo l’onnipresenza del web nelle nostre vite in questi anni? Visto tra l’altro che questa è una intervista che stiamo facendo per un media on line…
È difficile non essere banali nel rispondere. Sono inevitabilmente dipendente da internet, ma penso di farne anche uso creativo e costruttivo. Dobbiamo arrenderci al fatto che internet sarà una presenza sempre più ingombrante nelle nostre vite e cavalcare quest’onda in maniera il più possibile consapevole.
Passi in compagnia: quali sono i dj e producer con cui senti più affinità, e con cui vorresti sempre e comunque condividere parole, progetti, obiettivi?
Senza dubbio l’artista a cui più mi ispiro è Jon Hopkins. Mi identifico molto nella filosofia che sta dietro alla sua musica. Ma non solo lui: Nils Frahm, Max Cooper, i Kiasmos, e in realtà anche il pianista jazz Keith Jarrett. Spesso mi immagino una cena con loro e tutti gli argomenti di cui vorrei parlargli.
Passi incrociati: qual è la situazione, musicale e non, più assurda che ti è capitato di vivere?
Una volta durante un concerto c’è stata una rissa sotto al palco, tanto che il proiettore dopo era sporco di sangue. Certo non è qualcosa di cui andare felici, ma fa curriculum.
Passi sbagliati: quali sono le cose che più ti danno fastidio nella scena musicale italiana?
Siamo un paese con una tradizione musicale importantissima, ma tutto quello che facciamo è cercare di seguire le tendenze internazionali, con pessimi risultati. È come il ragazzino insicuro che segue il gruppo dei più fighi senza affermare la propria personalità. Questo crea in molte persone, tipo me, un rifiuto spesso ingiustificato nei confronti della musica mainstream.
Passi che stai per compiere: quali sono i tuoi prossimi progetti?
Sto lavorando a una sonorizzazione di un documentario d’epoca per Seeyousound, un festival di cinema e musica; ho passato gli ultimi quattro mesi a preparare un live audiovisivo che presenterò al_resetfestival di Torino e ho un EP pronto di cui presto si avrà notizia.
Passi sinestetici: salutaci non con delle parole, ma con una traccia, non importa se tua o di altri.