Arnaud Bernard, classe ’81, è uno di quegli artisti dei quali è facile innamorarsi. Col nome di Onra comincia a fare beat all’inizio del 2000 e i suoi esordi discografici coincidono con la prematura scomparsa di J Dilla. Le prime collaborazioni sono con il produttore Quetzal e il tastierista americano Byron The Aquarius. In quegli stessi anni gli capitano due cose fondamentali: il primo viaggio in Vietnam (Paese natio da parte di padre), dal quale torna con una pila di vinili orientali pubblicati fra gli anni 60 e 70, e la partecipazione alla Red Bull Music Academy. Dalla prima tirerà fuori la serie di uscite di culto “Chinoiseries”, giunte al terzo volume; dalla seconda una serie di contatti ed esperienze da sfruttare negli anni successivi. Gli album che seguono (su All City Records e Fool’s Gold) declinano il periodo d’oro di rap ed R’n’B secondo la lezione di Dilla e Madlib, aggiungendo una vocazione cosmopolita evidente nei campionamenti e nelle atmosfere. Il recente “Nobody Has To Know” apre verso estetiche vaporwave e future funk, con il synth a contendere al vecchio campionatore il ruolo di protagonista assoluto. Nel mezzo di un tour mondiale che non accenna a stopparsi, Arnaud ha anche trovato il tempo di lanciare progetti collaterali più o meno segreti e una etichetta personale, la NBN Records, sulla quale è appena uscito “Lose Control”, album del promettente soul singer Waltaa. Con il produttore francese parliamo di tutto questo (e altro ancora) in un’intervista realizzata in occasione delle due prossime date italiane, al Linecheck Festival il 22 novembre e al Rework Club di Perugia il giorno successivo, per l’ottimo appuntamento di The Finest Corner.
Ci racconti qualcosa del tuo primo viaggio in Vietnam e di come, da quello, è nata la serie “Chinoiseries”?
Nel 2006 sono riuscito ad andare, per la prima volta, nel Paese originario di mio padre per una lunga vacanza. Come faccio ogni volta che vado in un Paese che non conosco, la prima cosa che mi viene in mente è di andare a cercare dischi prodotti lì. Non solo dischi, a dire il vero, ma anche cassette o, in assenza di supporti fisici, file. È il mio modo per approcciarmi a una cultura nuova, a un popolo e a tradizioni con le quali non ho ancora dimestichezza. Il problema, in quel caso, era che neanche capivo quello che compravo in giro, essendo tutte le informazioni scritte in cinese. È stata, dunque, una specie di pesca alla cieca. Sono andato a istinto. Quando sono tornato a casa e ho ascoltato tutti quei vinili, mi sono reso conto di quanti potenziali campioni contenevano. Per il mio modo di intendere la produzione musicale, il digging e il beatmaking sono due facce della stessa medaglia. Amare un disco e prelevarne dei frammenti da far rivivere altrove è una consequenzialità logica. Da quando mi ricordo sono stato un collezionista. Mia madre ha vissuto per venti anni in Costa D’avorio e ricordo che mi perdevo nella sua collezione di dischi africani. Credo che questo mi abbia influenzato molto. La musica che scopro in giro, quella che riporto a casa dai miei viaggi è ancora la risorsa prioritaria nel mio processo compositivo, ovviamente assieme al mio fedele campionatore. Dall’inizio della mia carriera l’Akai MPC 100 è lo strumento principale con il quale realizzo le mie tracce e mi esibisco live. Ecco perché se viaggio in Oriente sentirai un certo tipo di atmosfere nei miei dischi successivi. I tre volumi di “Chinoiseries” sono l’esempio più calzante.
Ad ascoltare le tue produzioni si evince che altre tue influenze arrivano dai decenni 80 e 90 in ambito hip hop e R’n’B.
Ho cominciato a fare musica nel 2000. Se guardo indietro penso di poter dire che per i primi dieci anni, quelli nei quali ho vissuto a Parigi, non ho fatto altro che andare in giro a cercare roba nuova, con la tipica attitudine del DJ che ha sempre fame di scoprire cose che anche gli altri non conoscono. Poi con la maturità e con il trasferimento nella quieta campagna fuori dalla capitale francese, dove ancora vivo, ho sentito che fosse naturale tornare alla mia musica d’affezione, quella con la quale sono cresciuto e la prima per la quale ho sentito un vero e proprio amore. Ho realizzato che l’R’n’B e l’hip hop di quegli anni hanno, ancora oggi, un posto speciale nel mio cuore e quindi è stato logico far confluire questi pensieri nelle nuove produzioni. A onor del vero ci sono anche altri progetti che ho firmato con altri nomi nei quali i riferimenti a quella Golden Era erano assai espliciti. Ma non vi dirò quali sono (ride, NdI).
Quanto è stata importante l’esperienza alla Red Bull Music Academy, nel 2008?
Direi che è stata assolutamente determinante. Era la prima volta che dei professionisti seri si interessavano alla mia musica. Io, peraltro, venivo fuori dal nulla, in quel periodo pre-social network. Il fatto di essere stato scelto mi ha dato molta fiducia in me stesso. L’altro aspetto fondamentale di quella esperienza è stato quello di essere naturalmente esposto a generi e scene musicali che neanche conoscevo, coma la techno e il dubstep.
All City Records e Fool’s Gold sono state due etichette che hanno segnato momenti importanti della tua carriera. Che ruolo attribuisci loro?
La All City Records è una etichetta speciale per me. Il nostro è un rapporto che dura da più di dieci anni e quello che ho sempre amato di questa label è la totale libertà artistica che mi ha sempre riconosciuto. Anche quando ho avuto voglia di realizzare i progetti più astrusi ho sempre avuto il loro supporto. Con la Fool’s Gold le cose sono andate in maniera completamente diversa e molto meno continuativa. Ho incontrato A-Track in un club di Brooklyn. Mi ha detto che amava la mia musica e in qualsiasi momento avessi voluto realizzare un’uscita con la sua etichetta avrei potuto farlo. Ho cercato di sfruttare l’occasione per dedicarmi a un progetto molto particolare, rispetto al resto della mia produzione. Così è nato il “Deep In The Night EP”. Peccato che poi il rapporto non sia proseguito.
Raccontaci come è nata la tua NBN Records.
Da quando ho cominciato a fare musica ho avuto il desiderio di creare la mia etichetta personale, sulla quale sperimentare cose differenti. Sono riuscito a realizzare questo progetto solo nel 2017 perché prima ero troppo impegnato a produrre i miei album ed EP e a costruirmi una credibilità nella scena musicale. Da un certo punto di vista credo di aver atteso troppo tempo ma, dall’altro, penso di potermi concedere un certo tipo di libertà e indipendenza artistica solo oggi. Penso di avere un gusto interessante per la musica e mi piace molto l’idea di scovare nuovi artisti interessanti da lanciare surfando sui social network o fidandomi delle dritte di amici. Waltaa è uno dei giovani talenti sui quali punto molto. Il suo “Lose Control” è un gran bel lavoro. Spero di riuscire a farlo conoscere a quante più persone possibili. Anche i miei prossimi progetti personali usciranno su NBN Records.
A proposito di gusti musicali: riesci a sorprenderci consigliandoci l’ascolto di un’artista non riconducibile alle tue influenze?
Conoscete Isabelle Antena? È una cantante francese emersa negli anni 80. Alcuni suoi pezzi erano più funk, altri evocavano i ritmi e le atmosfere della bossanova. Penso che, se fosse ancora attiva, ora potrebbe cantare su cose buone per i dancefloor di Ibiza. Ho conosciuto la sua musica in un negozio in Tailandia. Il ragazzo del negozio ha messo sul piatto un suo disco e io sono stato immediatamente attirato dalla magia della sua voce che cantava in francese. Mi sono chiesto chi fosse, dato che mi pareva di sentirla per la prima volta. Ho adorato subito la sua versatilità nel passare da cose più jazz ad altre boogie. Tornato a casa, mi sono messo a studiare la sua lunga discografia e ho scoperto perle di assoluto valore. In modo particolare vi consiglio di ascoltare un pezzo intitolato “Easy Street”, contenuto in “En Cavale”, il suo album del 1986.
Mi pare stia diventando sempre più importante l’impegno con NTS. Cosa ti piace del curare trasmissioni radio?
È strano e divertente che tu mi faccia questa domanda, dato che non ho comunicato ancora molto di questa mia nuova attività. Fino a ora ho trasmesso su NTS soprattutto come ospite, quando per date o impegni di altro tipo mi trovavo di passaggio da Londra. Ma, da questo mese, abbiamo lanciato il mio nuovo show che avrà una cadenza mensile. Femi Adeyemi, il fondatore della web radio, è stato il primo a chiamarmi per una data fuori da Parigi, all’inizio della mia carriera, nel 2008, quando ancora non mi conosceva nessuno. Credo di essermi fatto pagare qualcosa tipo 100€ per quella data, per dire. Siamo diventati ottimi amici, abbiamo continuato a sentirci e quindi l’idea per questa collaborazione è maturata in maniera naturale. A partire da ora, la mia trasmissione andrà in onda un giovedì al mese, dalle 20 alle 21, in una collocazione oraria che amo molto.
Come è nato “Nobody Has To Know”, il tuo ultimo album pubblicato da poco, e la collaborazione con Pomrad che è uno dei miei produttori preferiti?
L’ispirazione principale l’ho trovato in certo R’n’B emerso tra la fine degli anni 80 e l’inizio del decennio successivo. Credo che, indipendentemente dai generi, quello sia stato un momento cruciale nella storia della musica. Arrivava subito dopo l’esplosione dell’electro funk e stava per generare il fenomeno new jack. Amo in modo particolare quello che, in musica, è successo in questo frangente. Pomrad l’ho conosciuto per caso a un festival nel quale suonava subito prima di me. Ero lì che aspettavo il mio turno per salire sul palco quando mi rendo conto che questo tizio sconosciuto stava suonando delle cose incredibili. Ho chiesto in giro: “Chi cazzo è questo tipo?”. Stava facendo delle peripezie incredibili con una tastiera midi nel mentre programmava delle batterie fuori di testa e io stavo letteralmente impazzendo per la sua musica. Ci siamo conosciuti e abbiamo cominciato a collaborare. Lo scorso anno mi ha chiesto un remix che ancora non è uscito, io in cambio gli ho chiesto di collaborare al mio ultimo disco… Ma, in realtà, abbiamo un nuovo progetto insieme, del quale non ho ancora parlato a nessuno. Siete i primi ad avere questa notizia. Un nostro intero album a quattro mani uscirà tra non molto.
Nel prossimo fine settimana passerai da Perugia e Milano. Cosa deve aspettarsi chi verrà a sentire i tuoi live?
Nel mio nuovo live suono tracce che vengono da molti dei miei lavori, in modo particolare da “Deep In The Night”, “Nobody Has To know” e “Fundamentals”. Ma posso anticiparvi che proverò anche diverse cose ancora inedite perché non vedo l’ora di vedere che effetto faranno sul pubblico italiano.