Sono trascorsi quattro anni da “Rapsodia satanica”, sonorizzazione dell’omonimo film di Nino Oxilia, e sono trascorsi ben sei anni dal precedente “Good Luck”, il quinto vero e proprio album in una storia, quella dei Giardini di Mirò, che prosegue da oltre vent’anni e lungo un migliaio abbondante di concerti in Italia e all’estero. È scoccata l’ora di tempi diversi, “Different Times”, in uscita oggi, 30 novembre, in CD e vinile in edizione limitata marchiati 42 Records. Le lancette degli orologi girano e con esse gira il mondo, cambiando in riferimenti non unicamente geografici e priorità, senza punti fermi. Ecco perché lo scatto di copertina, di Simone Mizzotti, raffigura un campetto da calcio in una periferia cinese, abbastanza disorientante.
Dal post-rock d’autore dell’estesa title track al dream pop jazzy di “Don’t Lie”, con la compagna di scuderia Adele Nigro (Any Other, lanciatissimi quest’anno con il loro secondo disco “Two, Geography”), dalla psichedelia vagamente orientaleggiante e post-apocalittica di “Pity The Nation”, capace tanto di flirtare con l’elettronica quanto di rimandare nello spirito al “The Hope Six Demolition Project” di PJ Harvey, Corrado Nuccini, Jukka Reverberi e soci ribadiscono di mettere la propria classe al servizio di un’incessante esplorazione sonora. Nel mentre, ricordiamo, Corrado e Jukka si sono spesi in meritevoli progetti paralleli: il primo per esempio nei Vessel e al fianco di Emidio Clementi, il secondo negli Spartiti con Max Collini e nei Crimea X.
Le collaborazioni in “Different Times” proseguono con altri artisti internazionali di rilievo, Robin Proper-Sheppard dei Sophia nell’agrodolce ballata “Hold On”, Glen Johnson dei Piano Magic nello spoken ovviamente super ombroso di “Failed To Chart” e Daniel O’Sullivan nella malinconia conclusiva di “Fieldnotes”. La produzione, invece, è affidata a Giacomo Fiorenza, di ritorno dall’esperienza sui primi lavori, “Rise And Fall Of Academic Drifting” – celebrato, quindici anni dopo, con ristampa e tour nel 2016 – e “Punk… Not Diet!”, che hanno contribuito a lanciare la band emiliana nel ristretto cerchio delle formazioni di casa nostra imprescindibili dagli anni Zero in poi.
Compattezza e fascino immaginifico vanno ormai di pari passo, in grande controllo, guadagnando anche in una sempre maggior accessibilità o, per meglio dire, in immediatezza comunicativa, come avvenuto via via nel turning point “Dividing Opinions” del 2007, al quale contribuiva persino Apparat in una traccia e spuntava già Johnson dei Piano Magic al microfono, e nel già citato “Good Luck”. Sì, perché songwriting e impatto strumentale (si ascoltino nel secondo caso le innumerevoli sfumature di “Landfall”) si compenetrano ormai alla perfezione, con sfaccettature cromatiche che vanno ben al di là del solo post-rock, a lungo uno degli immediati termini di riferimento.
Proprio per raccontare il tempo che scorre, ieri è uscito un libro interamente dedicato al percorso sempre in divenire del gruppo, dagli esordi all’attualità: “Different Times, la storia dei Giardini di Mirò”, firmato da Marco Braggion e dato alle stampe da Crac Edizioni. Curioso e in sintonia filologica con la seconda metà dei Novanta, detonatore cronologico dell’avventura, il modus operandi dell’autore, che ha scritto quasi tutto durante alcuni spostamenti in treno preferendo raccogliere testimonianze dirette anziché arrendersi alla pesca di informazioni nel mare del Web. La narrazione parte da Cavriago e arriva a oltrepassare ogni confine, attraverso l’analisi dei brani, le interviste agli stessi protagonisti – oltre che a colleghi, produttori e amici di spicco – e foto d’epoca in b/n. Così “Una generazione ‘perduta’ che non voleva identificarsi nè con le strutture codificate del britpop di Oasis, Blur e Pulp, né con quelle americane del grunge di Nirvana e Alice In Chains” trova la sua via di fuga in quella “rivoluzione silenziosa”, svincolata dalla “dittatura della parola”, che è stata appunto il post-rock, da intendersi più come massima libertà nell’esprimere i propri paesaggi interiori che non come ancoraggio stilistico. Per quanto alla causa dei Giardini di Mirò abbiano prestato voce nel corso delle varie fasi nomi come Alessandro Raina, Angela Baraldi e Sara Lov dei Devics. Consigliamo la lettura di pari passo all’ascolto. Mutatis mutandis, si torna on the road a partire dal 18 gennaio, al Santeria Club di Milano: occhio alle date.
Foto di Ilaria Magliocchetti Lombi