“Playlist” era uno dei dischi più attesi di quest’anno. C’è poco da fare, Salmo è una super star del rap italiano, e qualunque suo progetto è sempre atteso con grande entusiasmo dai fan. Un entusiasmo che è stato ripagato dai numeri pazzeschi del disco, che ha rotto qualsiasi record di streaming su Spotify, totalizzando oltre 9 milioni di streaming il primo giorno. Numeri da capogiro, numeri da star. La prima domanda che viene farsi è come sia possibile. Salmo in fondo non è un newcomer, non cavalca una tendenza, non va nei programmi TV generalisti, né ha un passaggio massiccio in radio, anzi ha un’identità artista e musicale ben precisa. Come è possibile quindi che riesca a essere così incisivo e rilevante a ogni disco? La risposta è tanto scontata in teoria, quanto poco in pratica. Salmo è sinonimo di qualità.
Con questo termine, “qualità”, si intende la capacità di essere attuale e curato rimanendo fedele al proprio percorso artistico, senza fare schifezze. Può sembrare ovvio tutto ciò, ma considerando il panorama rap contemporaneo non lo è per niente. Quasi tutti i rapper hanno degli scheletri nell’armadio, Salmo no. Per questo i fan lo amano, per questo tutti aspettano ogni sua uscita, per questo non passa di moda.
Date tali premesse, ne consegue che il giudizio su “Playlist” è più che positivo, perché prosegue sul percorso tracciato in questi anni ampliando e potenziando il messaggio.
È già da subito interessante notare come il titolo sia una perfetta risposta all’era dello streaming, che comanda la fruizione della musica. Dal momento che sono gli algoritmi dei vari servizi on line a selezionare la musica per l’ascoltatore, l’artista ha creato un disco senza concept ma che racchiude al suo interno la summa della sua esperienza musicale. Un’idea che è molto simile a quello che fece lo scorso anno Night Skinny con “Pezzi”. Questa idea di playlist fu sfruttata a suo tempo anche da Drake con “More Life”, ma per la popstar canadese il tutto si era poi trasformato in un guazzabuglio poco omogeneo di sonorità e flow. Per il rapper di Olbia, invece, diventa l’occasione per fare una sintesi di quello che è stato fino a ora il suo percorso, con qualche aggiunta. Al suo interno si possono trovare infatti pezzi più conscious che rimandano molto al primo disco “The Island Chainsaw Massacre”: “Lunedì” e “Stai zitto” su tutti. Brani che ricordano il periodo Midnite e Death Usb: “Ho paura di uscire”, “Dispovery Channel”. A seguire si possono trovare cose più in linea con “Hellvisback”: “90 minuti”, “Sparare alla Luna”, oppure la traccia strumentale “Tie”. Attenzione che continuità non significa riproposizione pedissequa di ciò che è già stato fatto. Parlare di “rimandi” significa infatti inquadrare alla luce di uno storico pre-esistente, non accusare l’artista di mancanza di inventiva.
Nel segno della discontinuità sono invece “Cabriolet”, “Perdonami” e “Il cielo in una stanza”. “Cabriolet” è il brano più discusso a causa del featuring con Sferaebbasta, una canzone all’apparenza molto leggera, che però racconta la condizione del rapper di successo da un punto di vista diverso. “Perdonami” invece è la dimostrazione che su produzioni trap si può fare del gran rap. “Il cielo in una stanza” è poi il primo pezzo d’amore fatto da Salmo, un brano che nessuno si sarebbe mai aspettato da un duro come lui. Tutto questo materiale è gestito in modo brillante dal rapper, che non lascia mai nulla al caso: né dal punto di vista della scrittura, che rimane sempre pungente e senza filtri, né dal punto di vista delle produzioni, che tengono sempre l’ascoltatore sulle spine per 50 minuti che filano liscissimi.
Già questo potrebbe chiudere il discorso, qualificando “Playlist” come un gran disco. Ma non finisce qui. La gestione della promozione è stata quanto di più brillante sia stato fatto negli ultimi anni. Qui si ritorna al concetto di qualità di cui si parlava all’inizio. Tutti si aspettavano una cover elaborata e pazzesca (in “Hellvisback” c’era allegato addirittura un fumetto), ma Salmo ha scelto una copertina disegnata da un bambino. Minimale e riconoscibile. Il teaser del disco è stato lanciato in esclusiva su Pornhub, un modo provocatorio ma altrettanto furbo per attirare l’attenzione. Mentre il primo video, “Sparare alla Luna” feat. Coez, è stato diffuso in anteprima su Netflix e girato sul set di “Narcos Messico”. Questi due video rafforzano l’immaginario cinematografico, che c’è sempre stato, soprattutto attorno a “Machete”. Senza contare l’ospitata da Cattelan, che ha intervistato Salmo e lo ha fatto esibire dal vivo all’interno di una birreria di Milano. E dulcis in fundo la copertina di “Rolling Stone” – giornale con cui il rapper di Olbia ha sempre avuto un rapporto conflittuale. Questa panoramica permette di capire come Salmo sia sinonimo di intraprendenza e genialità, capace di sfruttare ogni mezzo a sua disposizione per ampliare e potenziare la forza della sua visione artistica.
“Playlist” è la consacrazione di un artista completo, attento a ogni mossa, che riesce in questo modo a essere al di là delle tendenze, e per questo rimarrà negli annali del genere come uno dei migliori.