Ora, il principio fondamentale è: le tasse le dobbiamo pagare tutti. Nessuno escluso. Non ci passa nemmeno per la testa di chiedere per il Cocoricò un trattamento di favore. Ci passa però per la testa di trovare davvero curiosa – usando un eufemismo, ecco – la decisione del sindaco di Riccione, Renata Tosi, di chiudere d’imperio il Cocoricò per tre mesi, compresa quindi la notte di Capodanno, con la motivazione di una tassa dei rifiuti per il 2018 non pagata.
In realtà, quello che dà ancora più fastidio è la sottolineatura del sindaco su come il Cocoricò “sia stato il primo ad essere controllato e sanzionato”. Ok, va bene. Vediamo ora se la stessa solerzia ci sarà anche nei confronti di altri operatori del territorio. Ma al tempo stesso ricordiamo che la serata di Capodanno del Cocoricò non solo avrebbe visto una buona line up (un robusto battaglione techno con Liebing, Klock, Dettmann, Markantonio, Cirillo, The Analogue Cops, per dire) ma anche e soprattutto avrebbe tenuto alta la bandiera di Riccione come luogo strategico per il clubbing italiano ed europeo e, last but not least, avrebbe dato lavoro diretto ed indiretto a decine se non centinaia di persone.
Era tanto difficile per l’amministrazione aspettare almeno passasse il Capodanno, per intervenire drasticamente? Sì? No? Va anche detto che, a quanto risulta, è dal 2010 che il Cocoricò non paga la tassa sui rifiuti (che nel suo caso ha una cifra annuale abbastanza spaventosa: per il solo 2018, sugli 80.000 euro), tuttavia per motivi puramente legali-amministrativi la sanzione scattata oggi si riferisce unicamente all’annata appena trascorsa (errato quindi pensare che la chiusura amministrativa scatti solo ed unicamente per la vastità del debito: una posizione così sarebbe formalmente illegale).
Fermo restando che i debiti si pagano e le tasse pure (e non è detto che i debiti del Cocoricò nel suo insieme si limitino alla TARI, come del resto si vocifera da tempo tra addetti al settore e lavoratori del territorio: però l’operatività del Cocoricò non è mai stata messa in dubbio, e questo vorrà pur dire qualcosa), una tale inflessibilità e una tale velocità esecutiva nel somministrare la sanzione più dura – verrebbe da dire: cinicamente la più dura – è degna di miglior causa. Soprattutto, questa velocità ed inflessibilità nel far rispettare le leggi in Italia ha la curiosa tendenza ad essere “carsica”: qualche volta c’è, qualche volta, toh!, non c’è per un cazzo, e debiti di milioni e milioni di euro (dalla Lega, coi suoi 49 milioni, a varie squadre di calcio) capita che passino in cavalleria o subiscano rateazioni che noi comuni mortali ci possiamo sognare. Ed, evidentemente, a Riccione il Cocoricò pure.
Curioso. Ma del resto il Cocoricò, dell’essere “simbolo” di un certo tipo di notte e di divertimento, per anni ha giovato e c’ha lucrato sopra; ora invece per lo stesso motivo diventa per alcuni l’obiettivo da colpire subito e senza pietà, prima di chiunque altri. Resta da capire qual è il modello alternativo che questo qualcuno ha in mente per la riviera romagnola, per valorizzarla, per riportarla al centro dell’immaginario collettivo. Ammesso che ce l’abbia. Ammesso che interessi.