Siamo a The Hague, L’Aia, classico paesaggio nordico bagnato dal mare del nord sulla costa meridionale dei Paesi Bassi. Da queste parti un certo pescato giornaliero si differenzia dal nostro, la salsedine mediterranea racchiude sapori piuttosto diversi. Al polpo nostrano e alla spigola macchiata si sostituiscono la sogliola limanda e il branzino. Allo stesso modo, al Rewire Festival, giunto alla nona edizione, si assaporano gusti particolari, quelli contaminati con le forme più astratte e vario pinte della musica elettronica dove un certo tipo di installazioni e live set, tra classiche rappresentazioni acustiche e derive acid-jazz, rimangono la vera spina dorsale della manifestazione.
Un assaggio del festival è visibile nel aftermovie della passata edizione.
Anche quest’anno, dal 29 al 31 marzo, il parterre sarà piuttosto accattivante, facile infatti incappare su Lauren Halo – preziosa la sua Boiler Room di qualche anno fa: dosi di distorsioni mescolate ad una certa down-beat sono assicurate. Kelly Moran con un curriculum pieno di collaborazioni vedi Oneohtrix Point Never e Margaret Long Time appena uscita su Warp Records con il suo EP “Ultraviolet” è un inno a sonorità acustiche, pianoforte per l’appunto, arricchite da bassi profondi ed intensi derivanti da una perfetta sincronia elettronica. Mohammad Reza Mortazavi, virtuoso percussionista iraniano, si esibirà dapprima in solitaria e poi in coppia con il tedesco Burnt Friedman, dove tutta la performance prende una piega piuttosto dub, slow-techno con variazioni che strizzano l’occhio alla world music. Il trio statunitense Low è pronto per diffondere le sue calde melodie intime in un ottimo arrangiamento al più quotato indie-rock il tutto condito con leggeri tocchi di synth ben assestati. Anche il Made in Italy sarà rappresentato ed a portare in alto la bandiera ci saranno Andrea Belfi e Valerio Tricoli, jam session elettronica tra batterie e modulari. Inoltre vale la pena segnalare Sinjin Hawke & Zora Jones insieme per un “audiovisual” live in cui elementi grime e distorsioni si uniscono egregiamente. Il soul dal canto suo prende forma si arrampica verso sentieri oscuri ed incontra YYves Tumor, anima black lo-fi. Se infine cercate il nome “mainstream” da cartello eccovi accontenti, Nicolas Jaar è servito. Questa volta però non il solito (preziosissimo) set bensì un live tutto da costruire: piano, sassofono e la sua dose di elettronica fina in compagnia di musicisti sul palco.