È decisamente raro, al giorno d’oggi, trovarsi al cospetto di un progetto musicale di cui non si conoscano già i principali connotati prima ancora di aver premuto play su di un suo lavoro. Siamo nel mondo dei social networks, del tutto e subito e, pur non volendolo, anche il mondo della musica ne deve rispettare leggi e dinamiche. Quando però, un po’ per timidezza o per semplice diffidenza, a rubare l’orecchio è davvero qualcuno che sembra piovuto dal cielo come un fulmine a ciel sereno, allora il risultato può risultare più incisivo di qualsiasi campagna social: entrare nel business solo grazie alla propria musica è la garanzia migliore per un futuro “onesto”, un domani in grado di riservare solo e soltanto quanto meritato.
Per questa ragione siamo certi che il duo 999999999 – da pronunciare come “nine times nine” – farà strada come pochi altri progetti della nostra scena techno: perché fanno musica e lasciano che sia essa a parlare. Noi, che siamo vecchi amici di uno dei suoi protagonisti, non potevamo lasciarci sfuggire l’opportunità di raggiungerli tra un weekend e l’altro, nonostante un calendario sempre più fitto di date!
Non siamo nuovi a progetti musicali dal nome stravagante – come quelli totalmente privi di vocali, nemmeno si trattasse di un codice fiscale -, ma è la prima volta che ci capita un qualcosa come 999999999. “Nine times nine”: cosa significa? Che messaggio intendete comunicare?
È la domanda che ci fanno tutti appena ci presentiamo. Pensiamo che una delle scelte più difficili quando si inizia un progetto è quella legata al nome. Avevamo in mente qualcosa che uscisse dai classici schemi e che già di per sé destasse curiosità così abbiamo optato per una serie di numeri e alla fine abbiamo deciso per questo perché “suonava” bene. In realtà poi il messaggio è più ampio come lo è lo stesso numero: riflette la libertà di produrre la nostra musica che vogliamo e di performare dal vivo improvvisando molto, senza uno schema predefinito.
Il progetto prende vita nel giugno del 2016 e, con meno di due anni e mezzo di musica, ha saputo imporsi all’interno della scena techno. Come nasce il vostro duo?
Siamo entrambi nati come dj e producer, suonando negli stessi eventi ma con altri progetti (entrambi suonavamo in duo). Nonostante le età differenti, entrambi abbiamo fatto la gavetta come tutti, “aprendo le serate” ai dj più noti in quelle poche occasioni che ci venivano concesse. A dir la verità davvero pochi ci hanno dato fiducia e personalmente non siamo mai stati i tipi che pur di suonare scendevano a compromessi del tipo “ti porto tot persone se mi fai suonare”. Abbiamo avuto tante porte sbattute in faccia, nonostante la passione verso la musica fosse ogni giorno più grande e avessimo dimostrato in più di un’occasione di saperci fare (vincitori del Altavoz dj contest). Stanchi della situazione che in realtà non portava a nulla, abbiamo pensato che l’unico modo per poter veramente farsi notare fosse quello di iniziare ad investire su noi stessi e basta. Negli anni Carlo aveva tenuto da parte i giusti risparmi che ci avrebbero consentito di poter iniziare a stampare la nostra musica su vinile. Di base avevamo le stesse motivazioni e lo stesso desiderio di investire tutto per farci conoscere tramite la musica. Da qui sono nate le prime sessioni musicali assieme in veri e propri scantinati. Mesi e mesi di prove e lavoro fino ad arrivare fino ad arrivare a metà 2016, periodo in cui eravamo finalmente pronti con l’uscita della nostra prima release in vinile “000000002”.
La vostra crescita è stata repentina, velocissima. C’è stato un momento, tuttavia, in cui vi siete resi conto che la faccenda si stava facendo davvero seria?
In realtà, siamo onesti. Il primo anno per noi è stato un anno di transizione, nel quale abbiamo dato luce alla prima uscita ma non avevamo grandi pretese. Essersi introdotti nel mercato musicale era già un buon passo, ma sicuramente non intendevamo fermarci. I feedback della prima uscita sono andati oltre ogni aspettativa, con le nostre trecento copie bruciate in poco più di una settimana. A quel punto, abbiamo capito che si era già creata un po’ di aspettativa nei nostri confronti, quindi non è stato facile pensare a come proseguire. L’unica soluzione era rispondere con altra musica. Ci siamo rinchiusi nel nostro studio per alcuni mesi a produrre fino ad arrivare al punto di essere soddisfatti completamente. A quel punto è uscito il nostro secondo EP e da questo sono nati i primi interessamenti dei promoter esteri. Eravamo pronti a portare la nostra musica nei club, suonando dal vivo, perché tutto ciò che produciamo è appunto frutto di registrazione in presa diretta dei nostri strumenti.
Diciamo che dopo una decina di date nel 2017, la faccenda è iniziata a farsi più seria dai primi mesi del 2018 in cui abbiamo cominciato davvero a girare con regolarità in tutta Europa per poi arrivare da metà anno in poi in cui ormai avevamo già un’agenda piuttosto fitta con veramente pochi weekend liberi.
Con una manciata di EP all’attivo, la vostra discografia è tutt’altro che sovrabbondante: avete in mente qualcosa di più “sostanzioso” per effettuare il grande salto? Da un progetto live, in fondo, ci si aspetta sempre un album.
Giusta osservazione. La musica rilasciata non è tanta, proprio perché il progetto è piuttosto recente ma anche perché selezioniamo molto ciò che vogliamo rilasciare. Preferiamo la qualità alla quantità, quindi meno dischi ma che lascino il segno piuttosto che tanta musica che poi invece va a finire nel dimenticatoio.
Per quanto riguarda l’album, sicuramente è un pensiero che abbiamo già fatto, ma vogliamo curarlo al meglio. Può essere un processo che dura mesi o anche anni, vogliamo essere sicuri sia qualcosa di effettivamente valido e non buttato lì tanto per aggiungere qualcosa alla nostra discografia.
Rientrate in quella categoria di artisti, una sorta di meravigliosa eccezione, capace di scalare gli indici di gradimento di pubblico e addetti ai lavori pur non ossessionandoli con campagne social che poco hanno a che fare con la musica. Che ragazzi siete? Perché tanta “riservatezza”? È praticamente anacronistica.
La nostra riservatezza deriva dal fatto che vogliamo che la musica sia a parlare in primis per noi. Non sentiamo l’esigenza di esporci in prima persona. Siamo ragazzi normali che come tanti altri vivono la musica come pura passione e non come un mezzo per avere successo. Penso sia la cosa più gratificante essere arrivati a questo punto soltanto con le nostre forze senza dover ricorrere a campagne social o altro.
Il vostro calendario è impressionante, solo a contare le date di febbraio, marzo e aprile si supera quota venti gig. Come state vivendo questo momento di grande crescita?
Sicuramente è un grande momento di crescita, abbiamo molte richieste (molti promoter tendono a richiamarci e tanti altri nuovi si fanno avanti) e ci fa piacere, significa che non solo le nostre produzioni sono apprezzate ma anche le nostre esibizioni.
Tra l’altro passate in modo agilissimo dal piccolo club super underground al grande palcoscenico, come l’Awakenings Festival, dove vi esibirete a Pasqua. Come cambia – se cambia – il vostro live muovendosi in contesti tanto differenti? In che modo vi preparate per gestire al meglio periodi così fitti e così eterogenei?
Vero, abbiamo suonato in club piccoli e situazioni underground e suoneremo in molti contesti diversi come accadrà per Awakenings, sia ad aprile che a giugno. È sempre molto stimolante e ci aiuta sicuramente a crescere come artisti. Prima cosa che cambia è il paese in cui si va a suonare, ogni situazione è completamente diversa (in Olanda quello che noi consideriamo un live “dritto” lì in realtà è anche troppo blando). Quindi sì, abbiamo il nostro stile, ma siamo molto attenti a leggere la situazione e il pubblico per cui ci esibiamo.
Per quanto riguarda la preparazione, essendo una performance live, per noi risulta fondamentale il lavoro giornaliero in studio in preparazione del weekend per poter curare ogni singolo suono, mix. Solitamente suddividiamo in due sessioni giornaliere separate la parte di produzione di nuove tracce e la parte che invece riguarda il live.
Considerato il tanto tempo speso in giro con il live, resta poco tempo per le vostre altre passioni. Cosa vi piace fare, quando non siete davanti a drum machine e sintetizzatori?
Siamo talmente focalizzati e impegnati su ogni aspetto relativo a questo progetto che il tempo libero ora è diventato davvero limitato. Per questo motivo, cerchiamo in quegli istanti di goderci la quotidianità facendo anche un po’ di sano sport. Ci aiuta senz’altro a riequilibrare i ritmi della vita notturna e a staccare dalle sessioni intese in studio.
Come detto, state cavalcando nel migliore dei modi questo periodo in cui ne club si è tornata a respirare l’aria tipica dei rave anni Novanta. Dove vi immaginate tra qualche tempo, quando magari tutto questo verrà lasciato un po’ da parte a vantaggio di nuove sonorità?
A dir la verità, abbiamo dimostrato di andare oltre alle sonorità rave anni Novanta (con l’uscita “RAVE REWORKS”) con le precedenti uscite più orientate all’acid techno in chiave old school (“000000003 EP” e “X0001000X”), mentre in quello più recente (“000000005 EP”) vengono richiamati anche altri elementi orientati senza particolari vincoli stilistici. Quindi diciamo che non ci poniamo troppi problemi, abbiamo dato vita al nostro progetto producendo ciò che piace a noi e continueremo a farlo sempre rimanendo coerenti sulla linea da percorrere.
Avete pensato – o state già pensando – di sperimentare qualcosa di diverso, anche solo per un semplice esercizio di stile?
Sì, lo facciamo spesso e molto di questo materiale poi sarà sicuramente incluso nel nostro album. Spazieremo molto, non sarà solo techno, proprio per dimostrare che non vogliamo avere nessun limite quando produciamo musica.
Che obiettivo vi piacerebbe raggiungere nel breve/medio periodo? C’è un club in cui morite dalla voglia di suonare (se la risposta è Berghain, dateci almeno due nomi!) o una label con cui vorreste iniziare a collaborare?
Al momento siamo molto soddisfatti di quanto abbiamo raggiunto, abbiamo suonato e suoneremo in grandi club/festival. Suonare al Berghain sicuramente ci farebbe piacere ma non rappresenta un’ossessione. Più che dire altri nomi di club, ci piacerebbe esportare il nostro suono in tanti continenti al di fuori dell’Europa dove riceviamo quotidianamente tantissimi attestati di stima, come può essere in Sudamerica, Australia, Asia. Riguardo label con cui vogliamo collaborare, riceviamo settimanalmente proposte da ottimi artisti più o meno affermati. Abbiamo recentemente chiuso un remix e diverse tracce su alcuni various che usciranno entro la prima metà del 2019.
Ora preferiamo dare priorità alla nostra label. A tal proposito, avvieremo delle collaborazioni per le prossime uscite su NTN (NineTimesNine) con due-tre split EP (due tracce nostre, due altri artisti molto affermati di cui presto conoscerete il nome).
Uno di voi, Carlo, è stato per parecchio tempo uno dei nostri collaboratori più attenti e appassionati, salvo poi decidere di lasciare la scrittura a vantaggio della produzione musicale. Scelta incredibilmente azzeccata, nulla da eccepire. Ma cosa si prova a trovarsi dall’altra parte delle domande? Immaginavate di attirare, prima o poi, l’attenzione della critica?
Carlo: Non avrei mai pensato di trovarmi un giorno dall’altra parte a rispondere alle domande, anche se, a dir la verità, ci ho sempre creduto, nonostante fossi a conoscenza di quanto fosse difficile il percorso. Aver scritto e collaborato per Soundwall comunque ha rappresentato per me un momento di crescita, utilissimo per potermi addentrare nel mondo del clubbing e capire tantissime dinamiche su artisti, label, agenzie, promozione. Questo, unito al sacrificio e impegno quotidiano da parte di entrambi, ci ha portato fino a questo tipo di interesse. Ci fa sicuramente piacere, perché significa che nel bene o nel male qualcuno si è accorto di noi attraverso la musica, l’obiettivo per cui è nato 999999999.