Ci sono posti in cui vai per divertirti e stare bene, ma anche posti in cui in qualche modo “devi” esserci: perché il solo fatto di esserci, essere presenti, partecipare diventa anche una dichiarazione d’intenti. Oh, sia chiaro: nulla dev’essere un dovere, e musica, festival e tutto ciò che gli ruota attorno deve essere qualcosa che si fa in primis per sentirsi meglio, da non affrontare come un task lavorativo o esistenziale.
Per fortuna, stiamo vivendo una fase tale, con un fiorire di talenti e di certezze qui dalle nostre parti, che andare ad un festival come Manifesto riesce ad essere sia un “dovere” – e ora proveremo a spiegare perché – che un grande piacere, perché è un contesto dove si sta davvero bene e si ascolta musica avvolgente, sorridente, calda, piena di umanità… anche quando vira sul digitale.
“Dovere”, perché? Manifesto è stato fin dall’inizio uno di quei festival che ha creduto molto negli artisti di casa nostra, disegnando per loro ruoli da headliner e non solo da semplici riempitivi, da “…speriamo che porti gli amici tuoi a vedere il tuo live, così alziamo qualche biglietto in più”. Lo vedevi proprio dal tipo di scelte, dalla dislocazione nella line up. La tradizione continua anche quest’anno: perché se è vero che ci sono degli ospiti stranieri di riguardo, anzi, di riguardissimo (James Holden, anche ora in versione live band con The Animal Spirits, è sempre un maestro assoluto; idem nel suo William Basinski, per giunta qui con la collaborazione dell’ottimo Lawrence English), è altrettanto vero che Manifesto fa sentire talmente “a casa” e ben rispettati alcuni artisti italiani che essi lo scelgono volentieri per presentare progetti speciali: lo fa Jolly Mare, che esegue per la prima volta in assoluto il live legato a “Logica Natura”, lo fanno Indian Wells, M a n a , Capibara e K-Conjog, tutti con dei set A/V, quindi ecco, il livello sinestetico (e di fascino) si alza.
La zona-ballo sarà appaltata a Populous in versione dj (non c’è bisogno di presentazioni… e in più questo “fronte latinosudamericano sarà arricchito dal live di El Buho) e a G-Amp, che non è nient’altri che Giampiero Stramaccia, uno dei creatori del lungo e bellissimo miracolo-Dancity. Ma non solo: tornando agli stranieri ci sono un paio di nomi che possono diventare delle potenziali, notevolissime sorprese: uno è quello della francese Coucou Chloe, già resident ad NTS, pop/rap technologico 2.0; l’altro è quello dell’ungherese Gabor Lazar, e tra l’altro è raro vedere/sentire artisti ungheresi passare dalle nostre parti, diventa un motivo di interesse e curiosità in più.
Tutte le info le potete trovare qui. Ci sarà anche il momento degli approfondimenti diurni, in cui non mancheremo di essere co-protagonisti in un talk organizzato da Soundreef dove si parlerà di musica ed innovazione. Per i più pigri, una prima overview del programma la vedete direttamente qui sotto. Manifesto continua a tenere alto il livello e ad avere l’attitudine giusta. Bravi. Massimo supporto, e non certo solo nostro. Anche perché posiziona Roma all’avanguardia e all’eccellenza, ed è una città troppo importante nella storia dei festival nostrani per essere “lasciata indietro”. Ha tutta la storia, la capacità, le conoscenze, l’energia per fare la differenza e fare da traino ed ispirazione per altre realtà. Manifesto, in questo, ci riesce decisamente bene.